La profonda indignazione popolare, in Brasile e nel
mondo, ha impedito la manovra dei media nazionali volta puntualmente a
far annegare l’esecuzione di Marielle Franco nel generico pantano
dell’insicurezza. Alcuni giorni prima dell’assassinio della femminista,
una sua consulente era stata avvicinata da un uomo che le aveva chiesto
in tono minaccioso se lavorasse con la consigliera Franco, quella che
aveva denunciato il comportamento del battaglione della Polizia Militare
di Río de Janeiro nel quartiere di Acarí, considerato il più letale
dello Stato. L’esecuzione di Marielle, così come la totale consegna degli enormi problemi della sicurezza della città Río de Janeiro nelle mani dei militari,
è allo stesso tempo un laboratorio, che serve a misurare la reazione
popolare alla repressione, e una minaccia per intimidire chi resiste
alle nuove politiche
di Silvia Adoue*
I passi precedenti
A questo punto, in tutto il mondo si sa che Marielle Franco aveva 38 anni. Che era nera. Che era nata nella favela di Maré. Che era femminista. Che aveva una figlia adolescente e una moglie. Che si era laureata in sociologia. Che aveva terminato il suo master facendo una ricerca sulla politica di installazione nelle favelas delle Unità di Polizia Pacificatrice. Che per molti anni era stata consulente del deputato Marcelo Freixo, del Partito Socialismo e Libertà, colui che aveva indagato il modo di agire delle “milizie” che controllano e lucrano su quei territori e agiscono come sicari. Che, candidata per il medesimo partito, divenne la quinta consigliera più votata della città di Río de Janeiro con più di 46 mila voti, dei quali 16 mila erano del suo quartiere. Che tanto lei come Marcelo Freixo si occupavano specialmente della sicurezza pubblica, e della violenza della polizia.
Nella sua dissertazione del master, Marielle scrisse che le Unità di Polizia Pacificatrice, distaccamenti installati nei territori a partire dal 2008, ben lontane dal combattere la criminalità, rafforzano il modello di “Stato Penale”: “Il segno più emblematico di questo quadro è l’assedio militarista nelle favelas e il crescente processo di incarceramento, nel suo senso più ampio”. Per lei, quella politica:
“per il discorso della ‘insicurezza sociale’, applica una politica diretta alla repressione e al controllo dei poveri [… per] contenere gli insoddisfatti o ‘esclusi’ dal processo […] sempre più collocati nei ghetti delle città e nelle prigioni.”
Il mese passato, il governo federale è intervenuto militarmente nello stato di Río de Janeiro, nel settore della sicurezza pubblica, con la giustificazione di mettere fine al narcotraffico. L’argomento non sembrava convincente, giacché altri stati presentavano una maggiore incidenza di azioni di organizzazioni dedite a quella pratica. Il contesto è di bancarotta delle casse dello stato di Río, con impiegati pubblici che da mesi non ricevono il salario. Durante il carnevale, c’è stata una proliferazione di murghe di quartiere e di Scuole di Samba ufficiali che hanno criticato il governo, per la sua controriforma del lavoro, e i grandi mezzi di comunicazione poiché manipolano l’opinione pubblica. Il governo aveva bisogno di una “agenda” che gli permettesse di guadagnare tempo per approvare la controriforma della previdenza, regolata, come le altre controriforme, per tutti i paesi della nostra regione.
Ricordiamo il ruolo da protagonista che ebbe l’Esercito brasiliano nell’intervento militare ad Haiti, agendo nella repressione delle aree urbane. La rete di organizzazioni comunitarie dello stato temeva che, così come era avvenuto nel passato, invece di combattere il narcotraffico, l’intervento straripasse in maggiore truculenza contro la popolazione della periferia. Il governo annunciò di istituire ordini di perquisizione collettivi, che abbracciassero grandi aree delle favelas. Dovette retrocedere, la proposta non ha consistenza legale. Il comandante dell’Esercito, generale Eduardo Villas Bôas, giunse a dire che era necessario che i militari avessero una garanzia che in futuro non sorgesse una “nuova commissione della verità”, che indagasse il loro modo di agire durante questa azione a Río de Janeiro.
Durante le settimane che precedettero la sua esecuzione, Marielle, come era affettuosamente chiamata la consigliera, stava denunciando le pratiche del 41° Battaglione della Polizia Militare di Río de Janeiro nel quartiere di Acarí, considerato il più letale dello stato. Dopo l’assassinio, molti dirigenti comunitari di Acarí e di altri quartieri hanno dovuto cautelarsi, perché sono minacciati. A Río de Janeiro, solo nel primo trimestre del 2017, ci sono stati 577 casi di morte di civili in “atti di resistenza”, qualcosa come “scontri” creati, figura che è considerata un eufemismo per “esecuzioni”. È il crimine che è più cresciuto nello stato relativamente al primo semestre dell’anno precedente: 45%. Marielle era diventata anche relatrice della Commissione della Camera Municipale che sarebbe servita come osservatorio dell’intervento militare.
Alcuni giorni prima della sua esecuzione, una consulente della consigliera era stata avvicinata da un uomo che le chiese con tono minaccioso se lavorasse con Marielle Franco. La settimana precedente, un consigliere che aveva avuto il suo mandato annullato, poiché apparteneva alle “milizie”, entrò nella Camera Municipale senza autorizzazione né con un consistente motivo. E la notte di mercoledì scorso l’attuale marito dell’ex-moglie di questo consigliere fu giustiziato in un ristorante. Nessuno darebbe molta importanza a questi episodi se la medesima notte di mercoledì non avessero giustiziato Marielle.
La rotta delle munizioni
I passi precedenti
A questo punto, in tutto il mondo si sa che Marielle Franco aveva 38 anni. Che era nera. Che era nata nella favela di Maré. Che era femminista. Che aveva una figlia adolescente e una moglie. Che si era laureata in sociologia. Che aveva terminato il suo master facendo una ricerca sulla politica di installazione nelle favelas delle Unità di Polizia Pacificatrice. Che per molti anni era stata consulente del deputato Marcelo Freixo, del Partito Socialismo e Libertà, colui che aveva indagato il modo di agire delle “milizie” che controllano e lucrano su quei territori e agiscono come sicari. Che, candidata per il medesimo partito, divenne la quinta consigliera più votata della città di Río de Janeiro con più di 46 mila voti, dei quali 16 mila erano del suo quartiere. Che tanto lei come Marcelo Freixo si occupavano specialmente della sicurezza pubblica, e della violenza della polizia.
Nella sua dissertazione del master, Marielle scrisse che le Unità di Polizia Pacificatrice, distaccamenti installati nei territori a partire dal 2008, ben lontane dal combattere la criminalità, rafforzano il modello di “Stato Penale”: “Il segno più emblematico di questo quadro è l’assedio militarista nelle favelas e il crescente processo di incarceramento, nel suo senso più ampio”. Per lei, quella politica:
“per il discorso della ‘insicurezza sociale’, applica una politica diretta alla repressione e al controllo dei poveri [… per] contenere gli insoddisfatti o ‘esclusi’ dal processo […] sempre più collocati nei ghetti delle città e nelle prigioni.”
Il mese passato, il governo federale è intervenuto militarmente nello stato di Río de Janeiro, nel settore della sicurezza pubblica, con la giustificazione di mettere fine al narcotraffico. L’argomento non sembrava convincente, giacché altri stati presentavano una maggiore incidenza di azioni di organizzazioni dedite a quella pratica. Il contesto è di bancarotta delle casse dello stato di Río, con impiegati pubblici che da mesi non ricevono il salario. Durante il carnevale, c’è stata una proliferazione di murghe di quartiere e di Scuole di Samba ufficiali che hanno criticato il governo, per la sua controriforma del lavoro, e i grandi mezzi di comunicazione poiché manipolano l’opinione pubblica. Il governo aveva bisogno di una “agenda” che gli permettesse di guadagnare tempo per approvare la controriforma della previdenza, regolata, come le altre controriforme, per tutti i paesi della nostra regione.
Ricordiamo il ruolo da protagonista che ebbe l’Esercito brasiliano nell’intervento militare ad Haiti, agendo nella repressione delle aree urbane. La rete di organizzazioni comunitarie dello stato temeva che, così come era avvenuto nel passato, invece di combattere il narcotraffico, l’intervento straripasse in maggiore truculenza contro la popolazione della periferia. Il governo annunciò di istituire ordini di perquisizione collettivi, che abbracciassero grandi aree delle favelas. Dovette retrocedere, la proposta non ha consistenza legale. Il comandante dell’Esercito, generale Eduardo Villas Bôas, giunse a dire che era necessario che i militari avessero una garanzia che in futuro non sorgesse una “nuova commissione della verità”, che indagasse il loro modo di agire durante questa azione a Río de Janeiro.
Durante le settimane che precedettero la sua esecuzione, Marielle, come era affettuosamente chiamata la consigliera, stava denunciando le pratiche del 41° Battaglione della Polizia Militare di Río de Janeiro nel quartiere di Acarí, considerato il più letale dello stato. Dopo l’assassinio, molti dirigenti comunitari di Acarí e di altri quartieri hanno dovuto cautelarsi, perché sono minacciati. A Río de Janeiro, solo nel primo trimestre del 2017, ci sono stati 577 casi di morte di civili in “atti di resistenza”, qualcosa come “scontri” creati, figura che è considerata un eufemismo per “esecuzioni”. È il crimine che è più cresciuto nello stato relativamente al primo semestre dell’anno precedente: 45%. Marielle era diventata anche relatrice della Commissione della Camera Municipale che sarebbe servita come osservatorio dell’intervento militare.
Alcuni giorni prima della sua esecuzione, una consulente della consigliera era stata avvicinata da un uomo che le chiese con tono minaccioso se lavorasse con Marielle Franco. La settimana precedente, un consigliere che aveva avuto il suo mandato annullato, poiché apparteneva alle “milizie”, entrò nella Camera Municipale senza autorizzazione né con un consistente motivo. E la notte di mercoledì scorso l’attuale marito dell’ex-moglie di questo consigliere fu giustiziato in un ristorante. Nessuno darebbe molta importanza a questi episodi se la medesima notte di mercoledì non avessero giustiziato Marielle.
La rotta delle munizioni