Durante gli anni della schiavitù americana a migliaia furono deportati da diverse zone dell’Africa per lavorare nelle piantagioni e nelle industrie della zona del Salvador. Tre milioni furono gli africani impiegati dagli schiavisti brasiliani: per ogni schiavo che arrivava in Nord America, dodici erano pronti a sbarcare nei porti brasiliani. Col tempo questi ultimi, nonostante le le logiche schiaviste volte ad evitare la formazione di piccole comunità nelle riserve, hanno costituito la nervatura del sistema di lavoro delle colonie e, in termini demografici, sono andati a costituire circa la metà della popolazione in loco.
Le condizioni erano durissime, i tassi di mortalità incredibilmente alti. Si trattava di luoghi inaccessibili ai colonizzatori bianchi, dove i fuggitivi vivevano di sussistenza, replicando usanze e riti ereditati dal passato africano.
Questo fino al 13 maggio 1988, quando in Brasile venne formalmente abolita la schiavitù, ma per le comunità di schiavi originari dell’Africa questa data rappresenta solo l’inizio di una seconda segregazione.
Dal 14 maggio per loro non c’è stato un piano di politiche pubbliche integrative, nessun livello di sanità garantito, niente cibo. Tutto ciò fino al 2002 quando il Presidente Lula avviò, attraverso il decreto 48/87, la procedura di riconoscimento delle comunità nel Paese. Nati dagli schiavi che fuggivano dalle proprietà dei negrieri i quilombas ad oggi riconosciuti in Brasile sono circa 5mila. Distribuiti su tutto il Paese, ma prevalentemente organizzati nella zona del Rio Paraguacu (Salvador), i quilombas incontrano ancora oggi numerose difficoltà.
La prima, secondo il difensore dei diritti umani Ananias Vian, è il mancato riconoscimento della storia di queste comunità che non viene menzionata nei libri scolastici, scritti con visione eurocentrica e colonizzatrice. Proprio per questo è stato avviato un progetto per la realizzazione collettiva di un testo paradidattico che riconosca la storia delle comunità afro. Il libro si chiama Rapporto antropologico di contestualizzazione storica e geografica della comunità ed è stato scritto nell’ultimo anno da una squadra di antropologi, storici e geografi per ricostruire l’origine e lo sviluppo di questa comunità antica e in attesa di riconoscimento.
Questo è lo strumento che ci permetterà di ottenere quanto ci spetta di diritto, è il primo passo di una strada che dobbiamo continuare a percorrere insieme
Una sorta di carta d’identità, tappa fondamentale per vedere certificati la propria esistenza e soprattutto l’accesso alla terra che il gruppo rivendica.
In loco, infatti, la cultura afrobrasiliana non solo non viene riconosciuta, ma viene anche apertamente messa al bando dalle numerose comunità religiose di evangelisti presenti nella zona che arrivano a bollare come culti diabolici le tradizioni locali.
Come spiega Leonardo di Blanda di COSPE Brasil, onlus attiva localmente con diversi progetti, i problemi non si esauriscono sul piano culturale, ma si manifestano trasversalmente su tutti gli aspetti della vita dei quilombas, a partire dalle terre su cui questi vivono.
Con l’abolizione della schiavitù le comunità afrobrasiliane si sono trovate a vivere dove prima venivano sfruttate, senza nessun documento di passaggio di proprietà. I quilombas hanno quindi nel tempo avviato dei processi di autocertifiazione molto lunghi ed onerosi che vengono spesso ostacolati dal fenomeno dei grilleiros, persone che rivendicano con titoli fittizi la proprietà sulle terre, il più delle volte parenti dei vecchi schiavisti della zona.
In loco, infatti, la cultura afrobrasiliana non solo non viene riconosciuta, ma viene anche apertamente messa al bando dalle numerose comunità religiose di evangelisti presenti nella zona che arrivano a bollare come culti diabolici le tradizioni locali.
Come spiega Leonardo di Blanda di COSPE Brasil, onlus attiva localmente con diversi progetti, i problemi non si esauriscono sul piano culturale, ma si manifestano trasversalmente su tutti gli aspetti della vita dei quilombas, a partire dalle terre su cui questi vivono.
Con l’abolizione della schiavitù le comunità afrobrasiliane si sono trovate a vivere dove prima venivano sfruttate, senza nessun documento di passaggio di proprietà. I quilombas hanno quindi nel tempo avviato dei processi di autocertifiazione molto lunghi ed onerosi che vengono spesso ostacolati dal fenomeno dei grilleiros, persone che rivendicano con titoli fittizi la proprietà sulle terre, il più delle volte parenti dei vecchi schiavisti della zona.