giovedì 19 dicembre 2019

Messico - Balla una balena

BALLA UNA BALENA

COMMISSIONE SEXTA DELL’EZLN
MESSICO

Dicembre 2019

Al Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo:
Alle persone, gruppi, collettivi ed organizzazioni della Sexta nazionale e internazionale:
Alle Reti di Resistenza e Ribellione:
A coloro che amano la Danza:

CONSIDERATO CHE:
Primo e unico:
BALLA UNA BALENA.

 La montagna illuminata. L’eco del cinema – non di un film, ma del cinema come comunità – ancora risuona tra razzi accesi, l’azzurro nostalgico del cavallo, Tulan Kaw, l’insegna lampeggiante di «bienvenid@s» e la luce provocatoria di “ZAPATISTAS”.

 Hai tentato di andartene ma, per qualche ragione che non riesci a spiegare, non puoi… o non vuoi. Nella ormai notte, sempre fredda, percorri la spianata dove, ore prima, il serpente delle stazioni ti ha risvegliato ricordi di fiere paesane, lontane in calendario e geografia.

 Il tuo sguardo si sofferma sui cartelli del puzzle: «II Incontro Internazionale delle Donne che Lottano», «Forum in Difesa della Madre Terra», «26° Anniversario». «II Festival del Cinema Puy Ta Cuxlejaltic», «Primo Festival di Danza Balla un Altro Mondo».

 Un colpo di vento fa tremare il grande cartellone.

 Può ballare l’aria?

 La danza, apparentemente tanto lontana da tutto, può tracciare un sogno solo con i movimenti?

 Sì, forse stai delirando. Può essere per il freddo o per quell’irriverente stella rossa che scintilla in cima alla montagna.

 In quel mentre, arrivano la bambina e la sua combriccola che ti circondano col loro chiassoso entusiasmo. «C’è il ballo!», ti gridano saltellando. Beh, la bambina che chiamano «Calamidad» solleva solo un poco i talloni, ma la sua allegria è simile a quella delle altre. Il ballo non entusiasma Pedrito, lo scettico della banda, che sentenzia: «Ok, ogni tanto c’è un ballo, non vedo la ragione di tutto questo trambusto».Defensa Zapatista introduce il suo metodo pedagogico con uno scappellotto e prosegue: «Ci sarà un ballo ma appeso ad una nuvola. Cioè, non un ballo qualsiasi», e si produce in un impeccabile passo di ron de jambe par terre in dehors. Il gatto-cane, per non restare indietro, si unisce ovviamente con un pas de chat.

 «C’è il ballo!» ripetono le bambine, non in coro perché sono abbastanza scoordinate.

 Una insurgenta (la riconosci dall’uniforme) arriva di corsa e dice: «Calamidad, vieni, che ballano la balena!». Calamidad risale a tutta velocità – non troppa diciamo – il lieve pendio che porta nelle viscere della balena di legno che ancora riposa… o si sta riprendendo dalle ferite di arpioni, bugie e oblii. Defensa Zapatista afferra il gatto-cane e le segue.

 Esperanza Zapatista resta a discutere col Pedrito che sostiene che non solo è impossibile ballare una balena, ma è pure impossibile che un cetaceo (così dice) si trovi nel bel mezzo delle montagne del sudest messicano. Non aspetti la fine della discussione, anche se forse ne conosci la conclusione – Esperanza, benché arrivi solo alla cintola di Pedrito, normalmente finisce ogni discussione con «gli uomini, non vedono oltre il loro naso… che è piatto” -.

 Decidi di seguire Defensa Zapatista, il gatto-cane e Calamidad. Ti seguono Esperanza Zapatista e Pedrito che protesta perché ha fame.

 Vi addentrate nelle viscere, ora quasi vuote, del gigantesco animale. Un gruppo di danzatrici provano i loro passi. Queste, questi, elloas, percorrono il palco che, contraddicendo la sua vocazione, non è più elevato della platea, ma più basso.

 Ti siedi e più che guardare gli esercizi ed i passi, osservi la reazione della combriccola. 

Calamidad, ispirata, è salita su una delle panche ed improvvisa un echappe simple e cade sulla tavola, che si arrende (la tavola, si capisce). «Calamidad!», le grida Defensa Zapatista. 

Ma Calamidad è già salita su un’altra panca e ripete il passo… e anche qui la tavola si rompe. Alla quinta panca rotta, un plotone di miliziane tenta inutilmente di bloccare Calamidad che si ostina nel suo tentativo di sfidare la legge di gravità… e della logica.

 Il trambusto che segue – Calamidad che salta da una panca all’altra con un’agilità fuori dai limiti del suo corpo, le miliziane che cercano di circondarla e bloccarla, il gatto-cane che morde le miliziane, Defensa Zapatista che tenta di prendere il gatto-cane, Esperanza che tira fuori il cellulare per filmare il tumulto, Pedrito che ricorda a tutti che forse è meglio mangiare qualcosa -, non sembra affatto disturbare chi fluttua in un vento che, vista l’assenza di musica, soffia solo nel suo cuore.

 Si può ballare una balena ferita?

 «Ah, gli zapatisti, sempre come se stessero guardando un altro film», pensi. Come se quando parlassero del mondo, non si riferissero a questo che si subisce. Come se su un’astronave, scegliessero di guardare non il mondo che sta dietro, ma quello che si nasconde in qualche posto dell’universo… o della loro immaginazione.

 Riesci ad immaginare la colonna sonora di un mondo nuovo che, indomito, sorge dalle macerie di un altro che scricchiola impercettibilmente?

 Allora capisci… o credi di capire. Con «Balla un altro mondo» lo zapatismo non sta lanciando una sfida, bensì un invito.

 Nel frattempo, asserragliata nell’ultimo angolo dell’auditorium, Calamidad ha fermato l’attacco delle miliziane che attente ascoltano la bambina che spiega loro il «gioco dei popcorn» e racconta «la storia del mais palomero versione Calamidad».

 Allora, avverti un lieve tremore sotto i piedi. Sì, sembra che finalmente la balena si stia sgranchendo e si prepari a riprendere la strada sulla collina.

 Come se la danza, l’arte di ballare un altro mondo, avesse alleviato le ferite e il cuore, e la incoraggiasse a seguire la sua assurda impresa.

 Ma questo è impossibile. O no?
-*-

Sulla base di quanto sopra, la Commissione Sexta dell’EZLN, invita gli uomini, donne, otroas, bambini ed anziani della Sexta, del CNI e delle Reti di Resistenza e Ribellione in tutto il mondo, ed anche chi possa e voglia, al PRIMO FESTIVAL DI DANZA…

“BALLA UN ALTRO MONDO”

La cui PRIMA edizione si svolgerà nei Caracoles zapatisti di Tulan Kaw e Jacinto Canek, nelle montagne del Sudest Messicano, dal 16 al 20 dicembre 2019.

Ci saranno esibizioni di danza contemporanea, classica, neoclassica, araba, butoh, acrobazia, ballabile, circo, performance, di gruppo, aerea, africana, dark belly dance hip hop fusion, moderna, hula hula e abilità col fuoco.

Ci saranno inoltre laboratori (aperti al pubblico) di: danza contemporanea, espressione del corpo, giochi di prestigio, africana, danza araba. Oltre a incontri e mostra fotografica.

Le attività si svolgeranno nel:
.- Caracol di Tulan Kaw i giorni 16, 17 e 18 dicembre 2019, a partire dalle ore 10:00.

.- Caracol Jacinto Canek (presso il CIDECI a San Cristóbal de las Casas, Chiapas), i giorni 19 e 20 dicembre 2019.
Dalle montagne del Sudest Messicano.

Il SupGaleano.
Col suo corpo splendido e in buona forma (sì) dolorante per aver tentato un Temps Levé Coupe. Non scherzate, mi è venuto bene… più o meno… ok, ok, ok, non mi è riuscito.
Messico, dicembre 2019


Traduzione “Maribel” – Bergamo

venerdì 13 dicembre 2019

Messico - Una Balena nelle montagne del Sud est messicano (Creatori, Creatrici e Creature).

COMMISSIONE SEXTA DELL’EZLN
MESSICO
Dicembre 2019
Al Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo:
Alle persone, gruppi, collettivi ed organizzazioni della Sexta nazionale e internazionale:
Alle Reti di Resistenza e Ribellione:
Ai cinefili:

CONSIDERANDO CHE:
Primo e unico:
UNA BALENA NELLE MONTAGNE DEL SUDEST MESSICANO
(Creatori, Creatrici e Creature).

Non sai come sei arrivato in questo luogo. Sì, sembra sia ormai un’abitudine … “Usi e costumi cittadini”, ricordi che così diceva il defunto SupMarcos, e ricordi anche l’irritazione che ti suscitavano quei commenti sarcastici… bene, non solo quelli. Il pomeriggio lascia ora posto alla notte. Ti sei fermato perché in lontananza hai visto una stella rossa a cinque punte sulla cima di un colle, dopo una specie di avviso monumentale con così tante scritte da non riuscire a leggere di cosa si trattava. Più in là, la sagoma azzurra di un cavallo che nitrisce ed alcune lettere grandi e luminose che laconiche sentenziano: “TULAN KAW ZAPATISTA”. All’entrata, la bambina che ti ha guidato a quel primo cinema impossibile e la sua banda di bambine e bambini, ti si avvicinano. Non sai se scappare, fingere di non conoscerli o restare in attesa. Qualunque strategia crolla perché la bambina ti prende per mano e ti rimprovera: “sempre in ritardo, eh!”.

Attraversate una spianata, in una specie di fiera di paese. In un tratto serpeggiante ci sono alcune «stazioni» con diversi meccanismi di luci e suoni travesti da… mostri, circensi, trapezisti, alcuni che insegnano arti, da lì si sente della musica, si balla e si canta. La gente si affolla nella sua «stazione» preferita e ci sono risate, grida di ammirazione e sorpresa. Inoltre, certo, molti «selfie». Ai margini del percorso c’è un grande schermo. Stai per dire «Sembra un drive-in», ma un cartello dice: “Ingresso libero. Stasera: Cantinflas e Manuel Medel in Águila o Sol. Domani: Piporro e Pedro Infante in Ahí viene Martín Corona”.

La bambina ti guida in questo percorso a zig-zag: davanti c’è uno strano essere, somiglia ad un gatto o un cane; ai lati ci sono altre bambine e bambini che parlano tutti contemporaneamente.

Cerchi di capire quello che dicono, ma vedi un grande striscione con l’immagine di Boris Karloff(?) nei panni di Frankestein, con una tazza in una mano ed un pezzo di pane sbocconcellato nell’altra. La scritta recita una verità ancestrale: «Niente come un buon caffè ed un panino ti riportano in vita«. Più in fondo, sull’altro lato, si legge «Chirurgia Maxillofacciale. Mostra il tuo volto migliore ed un sorriso irresistibile» e l’immagine delle diverse trasformazioni della creatura delle serie di «Alien, l’ottavo passeggero«. 

Istintivamente ti tocchi le guance e ti scorre un brivido.

Ci sono molte luci dai colori scintillanti, un’ampia sala da pranzo (riesci a leggere «ZAPATISTAS» e «BIENVENID@S») e stai per dire che fa freddo e che non ci starebbe male un caffè caldo e magari qualcosa  da mangiare quando, su una delle pareti della sala da pranzo, vedi un altro telone con l’immagine di Edward James Olmos che annuncia “Sushi precotto. Corsi di Origami. Eliminazione Parassiti. Cravatte. Gaff & Company”. In alto, come sospesa in cielo, l’immagine animata della geisha di Blade Runner. Ti fermi un momento per capire come quella trovata sia possibile, ma le persone dietro di te spingono.

Quasi alla fine del «viale delle stazioni» c’è un tavolo con sopra il modellino di quella che potrebbe essere una costruzione, con un cartello con scritto «Progetto di Teatro«, ed una scatola per inserire «Donazioni Anonime«. Dietro un negozio di artigianato l’immagine di un «Facehugger» [una delle creature del film Alien – N.d.T.] pubblicizza sciarpe e mascherine per dormire.

Quindi una strada lastricata di luce e la sagoma di una grande stella rossa e, tra rottami apparentemente sistemati a proposito, immagini cangianti di uno scenario distopico. Le luci tremolanti illuminano a malapena la foresta intorno a te e la montagna in alto. Sì, come se invece di un albero, gli zapatisti avessero addobbato di luci l’intera montagna e gli alberi del bosco non fossero altro che i rami di quel grande pino obeso.

Pensi che sia meglio tornare, non succede nulla di tranquillo nelle terre dello zapatismo… almeno non per te. Ogni volta che vieni resti con una sensazione di dissenso e scetticismo rispetto a te stesso. E ti servono un bel numero di bagni di quotidianità cittadina per tornare alla normalità. Quindi fai qualche passo indietro, cercando l’occasione di voltarti senza che i bambini ti vedano……

Ma ti vedono e ti blocchi.

Ti dici che hai visto già tutto, per queste cose c’è internet e la banda larga, ma quello che ora vedi è così illogico che… Bene, tiri fuori il tuo cellulare e tenia una foto panoramica, ma capisci subito che non è possibile. Ci vorrebbe un satellite per riprendere l’insieme, perché si vede che tutto è parte di un puzzle e per comporlo bisogna camminare… e chiudere gli occhi.

Ma, riaprendoli, tutto è ancora lì. Una grande costruzione. Una specie di galeone che, sfidando le leggi fisiche, si allunga fino a perdersi tra gli alberi e nella pelle umida della montagna. Una galera il cui sperone di prua è una stella rossa a cinque punte. Non ti sorprenderebbe se, sulla fiancata, si aprissero sportelli e sputassero decine, centinaia, migliaia di remi… e dentro si trovasse, «scrivendo in mare«, il monco di Lepanto [Miguel de Cervantes Saavedra, autore del Don Chiosciotte, che perse la mobilità del braccio nella battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571 – N.d.T.]. Somiglia ad un galeone. O una baleniera… 

No, piuttosto una balena sperduta che nuotando ostinata controcorrente contro la corrente lungo la montagna, ora riposa tra gli alberi e la gente. Sì, gente, tanta. Di tutti i tipi. E di tutti i colori, perché anche se pare che la maggioranza abbia il volto nascosto, i loro abiti sono come se un caleidoscopio si muovesse attorno al grande cetaceo, assurdo nel suo riposare a mezza montagna, come assurdo è tutto quello che lì succede.

No, non ti è venuto in mente che questo potrebbe essere il «Pequod«, ma piuttosto la leggendaria Moby Dick, la balena ossessione di Ahab, di Gregory Peck e di Herman Melville.

«Festival del Cinema», ricordi di aver letto su diversi cartelli. Ma non c’è nessun riferimento al film di John Houston né al romanzo di Melville. Allora ti ricordi di quello che una volta hanno detto le/gli zapatisti: «noi, parliamo per un altro tempo. La nostra parola si capirà in altri calendari e geografie». Anche cosí sei pronto a rispondere «Chiamatemi Ismaele» se qualcuno ti chiede il nome ma, allora, guardi attentamente i 3 grandi teloni che coprono i lati e, su quello in mezzo, quello ricamato con lance e funi, si legge:

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!