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La dura esperienza vissuta dal suo popolo negli ultimi due secoli (dalle guerre dell’oppio fino all'invasione giapponese) aiutano a spiegare la sua capacità di far fronte alle tragedie. La rivoluzione socialista del 1949, oltre a quella nazionalista del 1911, e il notevole miglioramento nella qualità della vita dell’insieme della popolazione, spiegano la coesione intorno al Partito Comunista e allo Stato, al di là delle opinioni che si possano avere su quelle istituzioni.
Al contrario, la divisione interna che vive la popolazione degli Stati Uniti (evidenziata nelle ultime elezioni e nell’epidemia dei farmaci oppioidi che ha diminuito la speranza di vita), si coniuga con un governo erratico, imperiale e machista, di cui diffidano perfino i suoi più vicini alleati.
L’Unione Europea sta ancora peggio degli Usa. Dalla crisi del 2008 ha perso la sua bussola strategica, non ha saputo distaccarsi dalla politica di Washington e del Pentagono e ha evitato di prendere decisioni che l’avrebbero perfino favorita, come la conclusione del gasdotto Nord Stream 2, paralizzato per le pressioni di Trump. L’euro non è una moneta affidabile e la mai concretizzata uscita del Regno Unito dal’Unione Europea indica la debolezza delle istituzioni comuni.
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La finanziarizzazione dell’economia, dipendente dalle grandi banche corrotte e inefficienti ha trasformato l’eurozona in una “economia a rischio”, priva di una rotta e di un orizzonte di lunga durata. L’impressione è che L’Europa è destinata ad accompagnare il declino degli Stati Uniti, giacché è stata incapace di rompere il cordone ombelicale allacciato dai tempi del Piano Marshall.
Tanto gli Stati Uniti quanto l’Unione Europea, come – nemmeno a dirlo – i paesi latinoamericani, soffriranno gli effetti economici della pandemia con molta più intensità di quelli asiatici, i quali hanno mostrato, dal Giappone alla Cina, fino a Singapore e la Corea del Sud, una notevole capacità di superare le avversità.
Una recente inchiesta di Foreign Policy tra dodici illustri intellettuali si conclude sostenendo che gli Usa hanno perso la loro capacità di leadership globale e che l’asse del potere mondiale si trasferisce in Asia. La pandemia è la tomba della globalizzazione neoliberista, quella del futuro sarà una globalizzazione più “amichevole”, centrata sulla Cina e i paesi dell’Asia e Pacifico.
Nelle principali e decisive tecnologie, la Cina è già in testa. Guida la classifica nella costruzioni di reti 5G, nell’intelligenza artificiale, nel computing quantistico e nei supercomputer. L’economista Oscar Ugarteche, dell’Observatorio Económico de América Latina (Obela), sostiene che “la Cina è la fonte dei cinque rami dell’economia mondiale: la chimica farmaceutica, le automobili, l’aeronautica, l’elettronica e le telecomunicazioni”.
Così la chiusura delle fabbriche cinesi può frenare la produzione di questi cinque rami dell’economia nel mondo. La Cina produceva già nel 2017 il 30% dell’energia solare mondiale, più dell’Unione Europea e il doppio degli Stati Uniti. La classifica Top500 dei maggiori supercomputer del mondo rivela che la Cina ne possiede 227 su 500 (il 45%), contro i 118 degli Usa, al minimo storico. Dieci anni fa, nel 2009, la Cina ne aveva 21 contro i 277 dell’allora superpotenza.