venerdì 15 gennaio 2010

Uruguay Tupamara



In Uruguay piove. Piove sempre. Piove anche la notte della vittoria di José (Pepe) Mujica. El Pepe sarà il nuovo presidente della Repubblica Orientale dell’Uruguay. Ex tupamaro. Ha passato 13 anni in carcere. Per alcuni anni la sua cella è stata un pozzo con l’acqua fino alle caviglie. Ha passato anni senza poter leggere nulla, senza parlare con nessuno. Le sue migliori amiche erano le formiche. In carcere, racconta, ha scoperto che le formiche urlano.
Ed urlano anche le centinaia di migliaia di uruguaiani ed uruguaiane che il 29 dicembre hanno eletto il secondo presidente del Frente Amplio. Ormai lontano 25 anni dalla fine della dittatura e dalla suggestiva storia della prigionia, oggi Mujica accetta perfino di mettere la cravatta, ma solo nei viaggi diplomatici e quando riceve personalità importanti. Senza dubbio queste elezioni hanno un alto valore simbolico. Rappresentano l’inizio del secondo governo del Frente Amplio, dopo quasi due secoli di dominio della scena politica da parte dei partiti tradizionali, il partito Blanco (o Nacional) ed il partito Colorado. Il Frente Amplio è oggi una coalizioni di 34 gruppi politici, che si identificano con un unico programma di sinistra.

giovedì 14 gennaio 2010

L'oro nero della Coppa d'Africa

La manifestazione sportiva che precede il mondiale di calcio sudafricano denuncia le vere dinamiche sociali e politiche di un continente ricco di contraddizioni e di conflitti dimenticati e nascosti.

di Ivan Grozny

Comunque la si voglia vedere, lo sport rimane sempre affidabile specchio dei nostri tempi. Incredibile elemento di coinvolgimento sociale, volano di emozioni, è anche un grande evidenziatore di contraddizioni, sociali soprattutto.

In questi giorni si sta svolgendo l’attesissima rassegna continentale dove si affrontano le migliori selezioni nazionali africane.

Paesi ospitanti Angola e Cabinda. Questo è un particolare che fino a poco fa era sconosciuto ai più, ma che da qualche giorno è balzato alle cronache internazionali per i tragici fatti che hanno coinvolto la selezione calcistica del Togo. Un bagno di sangue che poteva avere ancora più gravi conseguenze, che ha lasciato a terra tre uomini della delegazioni e feritogravemente almeno il doppio. Una pioggia di fuoco ha investito i due pullman che avevano appena raggiunto la Cabina, enclave all’interno della Repubblica del Congo.

Resta da chiedersi il perché di tanta ferocia, e soprattutto, capire cosa accade in questo pezzo di mondo che sembra non avere pace. Da qui si potrebbe pericolosamente imboccare la strada delle congetture, delle facili conclusioni. Ma il rischio è come sempre alto, perché in un mondo dove è continuo il richiamo all’allarme, diventa poi difficile fare delle distinzioni . Soprattutto perché questo è l’anno dei Campionati del Mondo di calcio, che per la prima volta nella storia si svolgeranno nel continente africano. In Sudafrica.

Diventa facile per molti puntare il dito sull’instabilità politica, sul rischio di organizzare manifestazioni di tale portata in certe aree del mondo.

Certo, lasciare che il torneo cominci e tutto si svolga come nulla fosse, non è la scelta che avremmo sostenuto, ma come ragiona il governo mondiale del calcio non è una scoperta di oggi.

E’ più onesto invece dire che quanto è accaduto è assolutamente drammatico, che gli atleti del Togo stavano raggiungendo la sede delle loro partite in pullman, e non in aereo, per risparmiare le spese, visto che queste sono a loro carico. E che non tutti i giocatori di queste nazionali sono fortunatamente accasati a club europei, con stipendi certi e abbondanti. Per la maggiore parte di questi calciatori la rassegna continentale diventa la grande occasione per cercare di mettersi in mostra, per trovare fortuna. L’unica stella di questa nazionale è infatti Adebayor, attaccante che da anni milita nella ricca Premier League inglese.

Ma è un’eccezione. E che lui, come Drogba o Eto’o, tanto per citare i più famosi, ci tengono particolarmente a questo evento, perché, a loro detta, è il modo di restituire qualcosa alla loro gente. Ci piace pensare a questo come un aspetto sincero. Abbiamo voglia di crederci. Ma sappiamo anche che i governi sfruttano i loro eventuali successi, e sappiamo quanto bravi sono a farlo. E questo a ogni latitudine, a dire la verità.

Non era un agguato preparato, quello che hanno subito i giocatori del Togo. Non è Al Qaeda quella che si

Haiti, testimonianze dall'isola

Danni incalcolabili. Forse migliaia le vittime. La capitale quasi completamente rasa al suolo

di Alessandro Grandi

"La situazione è drammatica, tragica. Port au Prince è stata completamente devastata. Il palazzo presidenziale, la cattedrale, i vari ministeri sono crollati. Noi abbiamo la certezza che le nostre strutture a Port de Paix (nord del Paese) hanno retto e bambini e personale sono sani e salvi. Ma c'è stata una grande paura" dice Massimiliano Salierno uno dei responsabili di Anpil, associazione che si occupa dei bambini meno fortunati di Haiti. Dal nord del paese ci hanno confermato che è impossibile comunicare via telefono" aggiunge Salierno. "Anche gli haitiani che possono farlo si affidano ad internet per mettersi in contatto tra loro all'interno del Paese" conclude.
"Via mail abbiamo dialogato con Jacquelin Louis, responsabile della scuola di Tendron sulla Tortuga. L'isola della Tortuga è stata fortunatamente risparmiata dalla devastazione che ha invece colpito Port au Prince. I bambini stanno bene. Solo tanto spavento".
"La mia casa è distrutta. Fortunatamente io e la famiglia possiamo stare da amici. A noi è andata bene mentre il paese, e soprattutto la capitale Port au Prince, le cose vanno molto male. E' tutto distrutto. Ci saranno sicuramente molte centinaia di morti" racconta Roberto Stephenson, fotografo italiano che da molti anni vive a Port au Prince.
L'ambasciatore haitiano presso l'Organizzazione degli Stati Americani (Osa) ha dichiarato che i morti causati dal sisma potrebbero essere decine di migliaia.
Le notizie che giungono da Haiti sono terribili. Anche le sedi della Missione di Stabilizzazione delle Nazioni Unite, Minustah sono parzialmente crollate. Diversi caschi blu, le notizie dicono almeno 4 e tutti id origine giordana, sarebbero morti. Fonti non confermate fanno sapere che diversi caschi blu filippini sarebbero intrappolati fra le macerie della loro caserma a Port au Prince.
Cittadini haitiani che vivono nella repubblica Dominicana raccontano di un terremoto potentissimo che ha fatto oscillare per decine di secondi i palazzi più alti. La popolazione si è riversata nelle strade impaurita. Nicolas Sergileffe ha raccontato al telefono con PeaceReporter: "Quello che so di Haiti l'ho visto su Internet. Le comunicazioni con l'atra parte dell'isola di Hispaniola sono interrotte. Non so come sentire i miei parenti. Sto decidendo in queste ore di partire e andare di persona a controllare la situazione". Intanto l'aeroporto internazionale di Port au Prince sembra essere tornato operativo.

Tratto Peace Report

mercoledì 13 gennaio 2010

LUCA TORNATORE E' LIBERO

Reclamare l’indipendenza e la sovranità di tutti e ognuno

Dopo settimane, lunghissime settimane, di immotivata ed ingiustificabile carcerazione preventi va, il giudice danese nel corso dell'udienza appena conclusa, ha disposto l'immediata scarcerazione di Luca, assolto perchè innocente.
"Luca libero" è stato lo slogan che ha attraversato le piazze italiane in tutti questi giorni e che, finalmente, è diventato realtà.

Haiti - Un paese tra i più poveri del mondo


"Il sisma di martedì notte tocca uno dei paesi più poveri del mondo, già messo alla prova dai cicloni del 2008. Allora la distruzione di strade, infrastrutture e abitazioni era stata del 15% della ricchezza nazionale.
Nel 2008 l'isola è stata scossa da violente proteste per l'estrema miseria.
A questa situazione di povertà si è aggiunta la crisi globale che ha portato al fatto che molti emigrati dal paese hanno smesso di mandare le rimesse dall'estero.
12000 haitiani lasciano ogni anno il loro paese garantendo fino all'ultimo anno all'economia dell'isola due volte di più degli aiuti internazionali.
Nel 2009 c'era stato un leggero ritorno alla normalità, sempre con parametri che lasciano l'isola tra i paesi più poveri del mondo.
Il drammatico terremoto è arrivato in un momento tra l'altro di instabilità politica non certo nuova nel paese."

Questi alcuni dei punti segnalati nell'articolo di Le Monde di Jean-Michel Caroit che vi segnaliamo al link:
 Le Monde

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!