mercoledì 28 ottobre 2009

La sete di Gaza, Amnesty: Israele nega l'acqua ai palestinesi
















Gaza ha sete. Non è un problema di oggi, ma l’emergenza sta diventando insostenibile. Lo denunciano le Nazioni Unite ed Amnesty International. Il sistema idrico di Gaza “rischia il collasso”, dopo decenni di incuria, di mancati investimenti a fronte di un uso sempre più intensivo delle poche risorse disponibili. Poche soprattutto perché Israele chiude i rubinetti e impedisce ai palestinesi di importare nella Striscia materiali indispensabili al mantenimento degli impianti.


Il risultato: la depurazione delle acque è virtualmente nulla, le piscine di decantazione da dove l’acqua purificata dovrebbe filtrare nella sabbia di Gaza per tornare ad arricchire le falde, sono pieni di liquami non trattati che inquinano le riserve idriche. Riserve sempre più esigue: dopo anni di siccità e di pozzi scavati un po’ ovunque per pescare qualche goccia d’acqua, secondo il programma ambientale Onu oggi si preleva tre volte l’acqua che naturalmente si deposita nelle falde. La conseguenza: scende il livello delle falde e l’acqua del mare le invade.

Un disastro annunciato, tanto che ormai si calcola che solo il 5-10 per cento dell’acqua dei pozzi di Gaza risponda ai parametri indicati dall’Organizzazione mondiale della sanità, anche dopo il trattamento con il cloro. Per i palestinesi un ulteriore compressione dei diritti. Con una popolazione che al 70 per cento vive con meno di un dollaro al giorno - soglia ufficiale di povertà - una gran parte delle risorse viene utilizzata per acquistare acqua potabile dagli impianti privati di desalinizzazione.

Amnesty international punta il dito contro Israele, che priva i palestinesi del minimo vitale di acqua potabile. In un rapporto di 112 pagine, l’organizzazione sostiene che la media dei palestinesi consuma 70 litri di acqua al giorno, con punte minime di 20 litri, contro i 300 della media degli israeliani. L’80 per cento dell’acqua del Giordano - una risorsa teoricamente condivisa - viene utilizzata secondo Amnesty da Israele, che impone ai palestinesi di scavare pozzi solo dietro autorizzazione, mentre i serbatoi dell’acqua piovana sui tetti delle case a Gaza vengono regolarmente usati come bersagli dai soldati israeliani. Il già malridotto sistema idrico di Gaza è stato poi pesantemente danneggiato durante le ultime operazioni militari. Accuse tutte respinte dal governo di Israele che denuncia invece come i consumi dei palestinesi siano aumentati a dismisura e che gli sprechi ammontino ad un terzo dell’acqua disponibile. Quello che Israele non dice è che il blocco delle frontiere ha messo i palestinesi nelle condizioni di non poter fare neanche un minimo di manutenzione.

tratto da L'unità

Turchia, esercito uccide 5 ribelli del Pkk. Condannata esponente politica curda

Si tratta delle prime difficoltà dopo l’apertura di Erdogan

Cinque guerriglieri del Pkk sono morti in uno scontro con l'esercito turco, al confine tra le province di Tunceli e Bingol, Turchia orientale. Sono le prime vittime dopo l'apertura del premier Recep Tayyip Erdogan alle rivendicazioni del gruppo armato. Nonostante segnali positivi da entrambe le parti, fonti interne all'esercito rivelano che l'offensiva nei confronti dei miliziani si sarebbe addirittura intensificata.
Intanto a Diyarbakir si è concluso con una condanna a 18 mesi di prigione il primo grado del processo ad Aysel Tugluk, parlamentare del partito pro-curdo Società Democratica. La donna è accusata di "propaganda terroristica" per un discorso del 2006 in favore di Abdullah Ocalan, leader del Pkk. "Questo è un segnale che non tutti sostengono l'iniziativa di Erdogan", ha detto l'avvocato della Turgluk, Fethi Gumus, annunciando che la sua cliente ricorrerà in appello. "Aysel chiedeva la pace e sosteneva che il Pkk può contribuire".
La guerra tra Turchia e Partito curdo dei lavoratori va avanti da 25 anni e ha causato 40mila morti. L'Unione Europea ha criticato il paese di Erdogan per la scarsa attenzione ai diritti dei 12 milioni di curdi e le continue sentenze contro Società Democratica, accusato di presunti legami con lo stesso Pkk.

tratto da Peace Reporter

I diritti umani calpestati

Denunciate oltre 3.000 detenzioni illegali

Il Cofadeh denuncia più di 4 mila violazioni ai diritti umani fondamentali durante il golpe

di Giorgio Trucchi

Il Comitato dei familiari dei detenuti scomparsi in Honduras, Cofadeh, ha presentato il secondo studio provvisorio sulla violazioni dei diritti umani durante il colpo di Stato - "Visi e cifre della repressione"¹ -, nel quale si evidenzia la brutalità con cui il regime di fatto ha cercato in tutti i modi di zittire le varie espressioni di resistenza contro il golpe dello scorso 28 giugno.

Secondo i dati presentati da Bertha Oliva, coordinatrice del Cofadeh, organizzazione sorta all'inizio degli anni ottanta quando in piena applicazione della Dottrina della Sicurezza Nazionale la società honduregna venne militarizzata e le sue istituzioni civili subordinate alle forze armate, dal 28 giugno al 15 ottobre 2009 sono stati 4.234 i casi di violazione ai diritti umani riportati da questa organizzazione.

Durante una emotiva conferenza stampa, Oliva ha spiegato che sono state registrate 21 morti violente ed omicidi riconducibili a motivi politici, 10 dei quali avvenuti durante manifestazioni pubbliche della Resistenza e 11 che presentano modelli di esecuzioni selettive, con un modus operandi tipico dei corpi paramilitari.

Durante 115 giorni si sono anche prodotti 3 attentati contro la vita di persone, 108 minacce di morte, 133 casi di trattamenti crudeli, degradanti ed inumani nei confronti di persone in stato di fermo, 21 lesioni gravi e 453 lesioni e contusioni, 211 persone hanno subito danni a causa di armi non convenzionali come bombe lacrimogene, gas tossici ed armi soniche.

Rilevati inoltre 3.033 detenzioni illegali, per la maggior parte giovani, 2 tentativi di sequestro, 114 persone arrestate per motivi politici con false accuse - 5 delle quali ancora in carcere mentre alle altre sono state concesse misure alternative al carcere o sono state provvisoriamente prosciolte -, 10 perquisizioni illegali di immobili, 13 casi di persecuzione nei confronti di leader sociali e difensori dei diritti umani e 4 attentati contro organizzazioni, tra cui lo stesso Cofadeh e il Sindacato dei lavoratori dell'industria delle bevande e simili, Stibys.

Rispetto alla libertà di espressione e mobilitazione, la relazione del Cofadeh ha evidenziato 27 casi di violazione agli organi d'informazione, tra cui la chiusura di Radio Globo e Canale 36, 26 aggressioni a giornalisti, la chiusura di 3 programmi radio gestiti da organizzazioni femministe, 52 posti di blocco in tutto il paese che hanno violato il diritto di circolazione a più di 20 mila honduregni - senza contare la chiusura delle frontiere con il Nicaragua durante il secondo tentativo del presidente Zelaya di ritornare in Honduras - ed una scalata repressiva che di fatto ha limitato e continua a limitare in modo indefinito la libertà di associazione e manifestazione della popolazione.

"Confesso che scrivendo questa relazione mi sono sentita turbata - ha detto Bertha Oliva all'introdurre la conferenza stampa -.
Forse perché mi ero fatta l'idea che durante questo lungo processo delle ultime decadi fossimo riusciti ad avanzare sul tema dei diritti umani, ma sono un'illusa.

Dopo più di 100 giorni da quel fatidico 28 giugno, data che ha scosso le viscere del Cofadeh - ha continuato Oliva - sappiamo che siamo di fronte a un processo di veloce regressione che ci fa tornare indietro di 25-30 anni o forse anche di più.

Come conoscitori degli effetti di una dittatura militare sappiamo che quanto è accaduto non si tratta di un fatto isolato, ma che ci troviamo di fronte a una strategia che si propone l'obiettivo di prendere e controllare il potere per molto tempo. La dittatura è arrivata per installarsi e rimanere nella regione.
Di fronte a questa situazione - ha spiegato la coordinatrice del Cofadeh - è imprescindibile prepararsi, perché come già accaduto nel passato siamo nuovamente depositari di lacrime, angoscia, dolore e soprattutto, di disperazione".

Oliva ha anche spiegato di essere molto preoccupata per l'attacco diretto della dittatura contro il settore magisteriale, che si è materializzato con omicidi - sono 4 i maestri uccisi -, persecuzioni, detenzioni illegali ed arbitrarie, sospensione del pagamento del salario, indagini sulla vita personale e professionale e denunce attraverso il Pubblico Ministero per iniziare processi civili e penali.

I giovani sono un altro settore particolarmente esposto alla repressione e sono già molti coloro i quali sono stati sequestrati, torturati ed assassinati, mentre molti altri hanno dovuto abbandonare il paese per sfuggire alla violenza.

"Abbiamo tutte le prove necessarie per affermare di fronte al mondo che stiamo vivendo una situazione di emergenza nel paese. Per questo motivo chiediamo alla comunità internazionale di vigilare, osservare e di accompagnarci nella sfida di vedere sul banco degli imputati tutte quelle persone che hanno commesso crimini di lesa umanità", ha detto Bertha Oliva mentre denunciava il tentativo e la minaccia della dittatura di volere eliminare la personalità giuridica del Cofadeh.

"Non abbiamo bisogno della personalità giuridica per cercare la verità, per accompagnare chi soffre, per denunciare di fronte al mondo le barbarie che stiamo vivendo. Questa dittatura vuole zittirci, ma non ci riuscirà. Potranno zittire la nostra voce, ma mai i nostri ideali e le nostre idee. Più ci reprimono e più ci danno forza", ha concluso.

Angolagate: dalla Francia all'Angola i trafficanti d'armi


In Francia la notizia è sulle prime pagine dei giornali: il figlio dell'ex presidente francese Francois Mitterand e l'ex ministro degli Interni Charles Pasqua (nella foto) sono stati condannati per il ruolo ricoperto nel traffico illegale di armi con l'Angola.

Le condanne sono state per Jean-Christophe Mitterrand a due anni di reclusione con la condizionale e al pagamento di 375 mila euro e per Charles Pasqua la condanna è stata di 3 anni, di cui due sospesi, e al pagamento di 100 mila euro.

Il processo si basava sull'accusa di aver accettato delle tangenti per favorire la vendita di armi all'Angola, nel periodo 1993-98, andando contro la legislazione francese.

Oltre ai due nel processo erano imputati il miliardario russo-israeliano Arkady Gaydamak e l'uomo d'affari francese Pierre Falcone. Per loro la condanna è stata in contumacia a sei anni di prigione per aver organizzato il traffico di armi.

Nella sentenza si afferma che Gaydamak e Falcone sono colpevoli di aver comprato carri armati, elicotteri e munizioni per artiglieria per un valore di 800 milioni di dollari e di averli rivenduti in Angola, durante la guerra civile, attraverso una società francese e la sua filiale nell'Europa dell'Est.

Pasqua subito dopo la sentenza ha chiesto che venga tolto il segreto su tutte le operazioni di vendita d'armi, affermando che anche altri componenti del Governo erano non solo al corrente di questa ma anche di altre operazioni del genere e non disdegnavano di trarne profitto.

Da Le Monde

Articolo sulla sentenza

Articolo sulle dichiarazioni di Pasqua

Nigeria - Il Mend annuncia un cessate al fuoco

Si annuncia l'apertura dei negoziati


La pace nella regione petrolifera del Delta del Niger, nel sud della Nigeria, non sembra essere stata mai così vicina. Il Mend, Movimento per l'Emancipazione del Delta del Niger, principale gruppo armato della regione, ha annunciato a partire da ieri un cessate il fuoco a tempo indefinito, per permettere di avviare dei negoziati con il governo federale di Abuja.


In un comunicato il Mend si dice «pronto a impegnarsi in un dialogo serio con qualsiasi gruppo o individuo con l'obbiettivo di una pace durevole nel Delta del Niger».
Il gruppo armato, le cui azioni, riprese con forza nel 2006, hanno provocato un calo di circa un terzo della produzione di petrolio in Nigeria, accusa il governo federale di non ridistribuire in modo equo i ricavi delle risorse petrolifere della regione.

La trattativa e il dialogo con le autorità federali è portata avanti da un team di cui fanno parte nomi eccellenti, tra cui anche il Premio Nobel per la letteratura Wole Soyinka.
Venerdì 23 ottobre, fonti non confermate parlavano di un incontro già avvenuto tra il team di mediatori e il presidente Umaru Yar'Adua, che aveva incontrato a sua volta una settimana fa uno dei principali leader del movimento, Henry Okah.

Processato per alto tradimento e il traffico di armi, dopo il suo arresto in Angola, Okah, è stato rilasciato lo scorso luglio, dopo due anni di prigione, per aver accettato l'amnistia offerta in giugno dal presidente nigeriano. Con il provvedimento, scaduto lo scorso 4 ottobre, il Mend sembra aver perso i principali comandanti militari, oltre a migliaia di militanti. 15 mila secondo le stime del governo di Abuja.
Fino allo scorso 20 ottobre, il governo non ha mai fatto riferimento ad un tavolo di confronto politico con le comunità che vivono nella regione, messe in ginocchio dai disastri ambientali provocati dalle multinazionali del petrolio.

La svolta è arrivata proprio lunedì scorso: Emmanuel Egbogah, consigliere per le risorse petrolifere del presidente Yar'Adua, ha annunciato lo stanziamento del 10% dei proventi petroliferi del paese, in favore dello sviluppo delle regioni del Delta. La mossa del Mend, sembra essere la diretta conseguenza della proposta.

Tratto da:

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!