giovedì 26 novembre 2009

India - Il porto di Mangalore bloccato per ore "No alle importazioni distruttive"

Successo della protesta SICCFM



Blocco! Avvertimento al governo contro l'aziendalizzazione della terra e del mareIl Porto di Mangalore bloccato per ore, "No alle importazioni distruttive!"


Il Comitato di Coordinamento dei Movimenti degli Agricoltori dell’ India Meridionale (SICCFM) ha organizzato una manifestazione di massa e ha bloccato il nuovo porto di Mangalore in Karnataka, contro l'aziendalizzazione della terra e del mare, e contro le importazioni distruttive a basso prezzo di prodotti alimentari e colture, causate dal WTO e dagli accordi di libero commercio. Tutte le porte del nuovo porto di Mangalore sono state completamente bloccate dai manifestanti e il funzionamento del porto è stato fermato per ore.

La protesta e’ stata condotta dagli agricoltori del KRRS – Brigata Verde del Karnataka, Dalla Associazione degli Agricoltori del Cocco del Kerala, dalla Associazione degli Agricoltori del Tamil Nadu insieme alla Federazione Indipendente dei Pescatori dello Stato del Kerala e dal Comitato d'Azione Costiero dei Pescatori del Karnataka.
Centinaia di donne e uomini hanno marciato per le strade della città di Mangalore dalla stazione ferroviaria centrale di Kottara Chowke e proceduto verso il nuovo porto di Mangalore. Gli agricoltori hanno bloccato la porta e si sono seduti di fronte al cancello principale, scandendo slogan, portando e mostrando striscioni contro importazioni di prodotti alimentari a basso prezzo, il WTO e gli accordi di libero scambio.

Contadini infuriati hanno anche portato delle piante di arachide, di girasole e di noci di cocco dato che i prezzi di questi prodotti sono una seriamente danneggiati dall’'importazione a basso prezzo dell'olio di palma da parte di paesi come Malaysia e Indonesia.

Questa lotta è stata organizzata nel contesto dei negoziati della settima riunione ministeriale del Doha round, che si terrà a Ginevra dal 30 Novembre al 2 dicembre 2009.

La decisione del governo indiano di riaprire i negoziati del Doha Round, porterebbe all'aumento delle importazioni distruttiva nel paese e danneggerebbe drasticamente la situazione di milioni di produttori che sono privi di qualsiasi altra alternativa dignitosa.

Contrastando questa posizione, i contadini e I pescatori hanno chiesto ai governi centrale e statali di fermare qualsiasi tipo di aziendalizzazione della terra e del mare, di mantenere l'agricoltura fuori dal WTO e hanno chiesto di ristabilire le Restrizioni Quantitative sulle importazioni. Questa protesta è anche una risposta ai colloqui in corso tra il governo dell'India e degli Stati Uniti, volti addirittura ad espandere il loro accesso al mercato.

Gli effetti delle importazioni distruttive sono ben noti agli agricoltori, questi sono alcuni esempi di quello che è successo ai loro prodotti, e alla loro vita:

Dopo la firma della zona di libero scambio India-Sri Lanka, i prezzi dei principali prodotti agricoli del Kerala sono scesi e l'economia dello Stato ha subito una perdita annuale di Rs. 70.000.000.000. Il prezzo del pepe è stato ridotto da Rs. 21.502 a Rs. 6.644 per ogni quintale tra il 1.999-2.000 ed il 2005-06. Leimportazioni di pepe nero libero da dazio sono passate da 1,385.3 tonnellate a 4.865,1 tonnellate, tra il 1.999-2.000 ed il 2004-05. Il prezzo all'esportazione della vaniglia domestica si e’ ridotto da Rs. 6,413.45 / kg a Rs. 1.679 / kg, tra il 2001-02 ed il 2005-06. La rimozione delle Restrizioni Quantitative e questo accordo di libero scambio ha portato all’aumento delle importazioni di olio di cocco raffinato: 3.753,72 tonnellate a 11.427,14 tonnellate tra il 1.999-2.000 ed il 2004-05.

Dall’accordo di libero scambio India-ASEAN, nonché dalla realizzazione del Doha round, ci si può aspettare impatti simili, tra cui l’aumento delle importazioni, il calo dei prezzi locali, e la caduta dei prezzi all'esportazione.

Gli agricoltori hanno dichiarato con fermezza che non saranno ingannati ancora una volta dai prodotti cosiddetti "esclusi" dal libero scambio: un trucco per nascondere la realtà dietro un paravento. Con questo trucco molti prodotti sono ufficialmente esclusi, ma i sottoprodotti delle stesse coltivazioni inversamente vengono accettati, determinando le stesse conseguenze distruttive.

Ad esempio: lo zucchero di canna è escluso, ma altre forme di glucosio, cioè lo zucchero, fruttosio, così come la melassa, lo zucchero e dolciumi saranno benvenuti; il Cocco è escluso, ma il Guscio di noce di cocco grezzo sara’ benvenuto; il cotone è escluso, ma la lanugine di cotone sara’ benvenuta; Il latte è escluso, ma lo yogurt, il latticello, il formaggio fresco e in polvere e I formaggi lavorati saranno benvenuti; il grano è escluso, ma la farina di segale, la crusca o altre forme di cereali dopo la fresatura e il Bulgur di grano, saranno benvenuti.

I manifestanti hanno anche sottolineato che il sistema federale sta giocando una partita contro di loro: dopo che gli Agricoltori del Cocco del Kerala sono stati in grado di vincere una battaglia giudiziaria e di ottenere un giudizio presso la Alta Corte del Kerala, che vieta l'importazione di olio commestibile , questo divieto è stato praticamente indebolito dalla politica totalmente opposta dello Stato di Karnataka, consentendo queste importazioni. In questo modo i prodotti vietati, entrando in un porto vicino al confine, come Mangalore - che è uno dei porti più importanti per le importazioni di olio commestibile sulla costa sud-occidentale, continuano a danneggiare il mercato Kerala come prima (così come il Karnataka ed il Tamil Nadu).

I rappresentanti degli agricoltori (tra i quali: Kodihalli Chandrashekhar, Presidente operativodel KRRS e Brigata verde, P. Ravindranath Presidente del Kerala Coconut Farmers Association, S. Kannaiyan - Coordinatore del SICCFM) hanno pronunciato dei discorsi di fronte al porto.

Quando la polizia si rifiutava di fornire acqua agli assetati manifestanti, hanno avvertito gli agenti della polizia di trattare gli agricoltori con rispetto, altrimenti non ci sarebbe volute nemmeno quindici minuti per rompere le barriere e ad entrare all'interno del porto e proseguire l'azione, in questo modo che il diritto fondamentale al bere e’ stato difeso e l'acqua è stata fornita.

Hanno dichiarato che l'azione era un avvertimento per il governo indiano che vuole liberalizzare il mercato molto di più nella prossima riunione ministeriale del WTO a Ginevra. Che gli agricoltori ed I pescatori aveva raggiunto i cancelli del porto, e che, se saranno costretti, raggiungeranno le navi che trasportano le merci importate per lanciarle di nuovo in mare, a meno che il governo prenda la posizione di proteggere i propri agricoltori e pescatori.

Hanno affermato che la terra appartiene agli agricoltori, e il mare per i pescatori, qualsiasi tipo di aziendalizzazione della terra e del mare non saranno tollerati.

Hanno bruciato infine l'olio di palma importato e rotto delle noci di cocco per mostrare la loro rabbia, visto che il prezzo è crollato.

Essi hanno dichiarato che questo è il primo blocco di un porto in India, pratica che sarà intensificata e si diffonderà in tutto il paese contro tutti i porti, se il governo non cambierà la sua posizione.

Essi hanno inoltre annunciato che continueranno la loro protesta contro la stessa riunione del WTO a Ginevra, visto che alcuni rappresentanti degli agricoltori indiani parteciperanno alle proteste in Europa, in collaborazione con il movimento internazionale di agricoltori La Via Campesina e gli altri movimenti contro l'aziendalizzazione della Terra e delle mare.

Comunicato integrale in inglese

Warning to the government against the corporatization of the Land and the Sea: Blockade!

Mangalore’s Port blocked for hours, “No to destructive Imports!!”

On 23/11/2009 the South Indian Coordination Committee of Farmers Movement (SICCFM) organized a mass rally and blocked the new Mangalore port in Karnataka against the corporatization of land and sea, and the destructive cheap imports of food and crops because of WTO and FTAs. All the gates of the New Mangalore Port were completely blocked by the protesters and the functioning of the port was stopped for hours.

The protest was held by the farmers from KRRS and Green brigade from Karnataka, Kerala Coconut Farmers Association, the Tamil Nadu Farmers Association along with the fisher-folks from Kerala State Independent Fish Workers Federation and from Coastal Karnataka Fishermen Action Committee.

Hundreds of women and men marched in the streets of the city of Mangalore from Central Railway Station to Kottara Chowke and then proceeded towards the New Mangalore Port. Farmers blocked the port and sat in front of the main gate, shouting slogans, carrying and displaying banners against cheap food imports, WTO and FTAs.

Angry farmers also carried plants of ground nut, sunflower and coconuts as the prices of these products are severely affected by the cheap import of Palm oil from countries like Malaysia and Indonesia.

This struggle was organized in the background of the seventh ministerial meeting of the WTO’s Doha round of negotiations to be held in Geneva from 30th November to 2nd December, 2009.

The decision of the Indian Government of reopening the Doha Round of negotiation, would lead to the increase of the destructive imports into the country and would drastically affect the situation of millions of producers who are without any other dignified alternative.

Countering this position, the farmers and fisher folks demanded the central and state governments to stop any type of corporatization of land and sea, to keep agriculture out of WTO and demanded to re-establish Quantitative Restrictions on imports. This protest is also an answer to the ongoing talks between the Government of India and the USA to even expand the market access.

The effects of the destructive imports are well known to the farmers, these are some examples of what happened to their products, and to their lives:

After signing the India-Sri Lanka FTA, prices of Kerala’s major agricultural commodities fell and the state economy sustained an annual loss of Rs. 7,000 crores. Pepper price was reduced from Rs. 21,502 to Rs. 6,644 per quintal from 1999-2000 to 2005-06. With ISFTA, the duty free import of black pepper from Sri Lanka increased from 1,385.3 tonnes to 4865.1 tonnes, from 1999-2000 to 2004-05. Domestic export price of vanilla got reduced from Rs. 6,413.45/kg to Rs. 1,679/kg, from 2001-02 to 2005-06. Removal of Quota restriction and this FTA resulted in import surge of refined coconut oil: 3753.72 tonnes to 11427.14 tonnes from 1999-2000 to 2004-05.

Similar impacts, including import surge, fall in local prices, and fall in export prices can be expected from the India-ASEAN FTA, as well as from the implementation of the Doha Round.

The farmers declared firmly that they will not be fooled again with the products so called “excluded” from the free trade: a trick to hide the reality behind a screen. With this trick many products are officially excluded, but the byproducts of the same crops are conversely welcomed, leading to the same destructive consequences.

For example: Sugar Cane is excluded but other forms of sugar i.e. glucose, fructose, as well as molasses, and sugar confectionary will be welcomed; Coconut is excluded but coconut shell unworked will be welcomed; Cotton is excluded but cotton linter will be welcomed; Milk is excluded but yogurt, buttermilk, fresh cheese and powdered and processed cheese will be welcomed; Wheat is excluded but rye flour, bran or other forms of cereal after milling and Bulgur wheat, will be welcomed.

The protesters also pointed out, that the federal system is playing a game against them: after the Coconut Farmers of Kerala were able to win a judicial struggle and to get a Judgment in the High Court of Kerala, to ban the import of any edible oil, this Ban was practically weakened by the totally opposite policy of the Karnataka State, by allowing this imports. In this way the banned products, entering in a Port close to the border, like Mangalore - that is one of the major inlets for imported edible oil on the south-west coast, are continuing to affect the Kerala market as before (as well as the Karnataka’s and the Tamil Nadu’s).

The representatives of the farmers (among them: Kodihalli Chandrashekhar, Working President of KRRS and Green Brigade, P. Ravindranath President of Kerala Coconut Farmers Association, S. Kannaiyan – Coordinator of SICCFM) delivered speeches in front of the Port.

As the police was refusing to provide water to the thirsty protestors, they warned the officials of the police to treat the farmers with respect, otherwise it would not even take fifteen minutes to break the barriers and to enter inside the port and continue the action there; so the basic right to drink was defended and the water was provided.

They declared that the action was a warning to the government of India who wants to liberalize the market much more in the upcoming ministerial meeting of WTO in Geneva. That the farmers and the fisher folks had reached the gates of the port and they will be forced to reach the ships carrying the imported goods to throw them back to the sea unless the government takes the position to protect its farmers and fisher folk.

They affirmed that the land belongs to farmers, and the sea to the fishermen, any type of corporatization of land and sea will not be tolerated.

They burned finally the imported palm oil and broke the coconut to show their anger as the price has fallen to the ground.

They declared that this is the first ever blockade action against a port in India which will be intensified and will spread all over the country against all the ports, if the government will not change its position.

They also announced that their protest will continue against the same Meeting of the WTO in Geneva, as some Indian farmers representatives will participate in the protests in Europe in association with the international movements of farmers La Via Campesina and the other Movements against corporatization of Land and Sea.

mercoledì 25 novembre 2009

Afghanistan, Obama approva il 'surge'

Il nuovo invio di soldati sarà

annunciato il 1 dicembre



Il nuovo invio di soldati sarà annunciato il 1 dicembre

di Enrico Piovesana

Alla fine Obama ha deciso: al fronte altri 34mila soldati Usa per contenere l'avanzata dei talebani, contro i quali Washington sta segretamente assoldando anche milizie tribali pashtun

Dopo aver convocato, lunedì sera alla Casa Bianca, l'ennesimo consiglio di guerra, il premio Nobel per la pace Barack Obama ha deciso di inviare in Afghanistan altri 34mila soldati statunitensi. L'annuncio verrà dato pubblicamente martedì primo dicembre.
Ignorando le posizioni del suo vice Joe Biden e della maggioranza del Partito Democratico - convinti che un'escalation militare in Afghanistan non giovi alla sicurezza nazionale e alla lotta al terrorismo - il presidente Obama ha quindi accolto quasi in pieno la richiesta del generale Stanley McCrystal, comandante delle truppe alleate sul campo, il quale a settembre aveva detto chiaro e tondo che senza rinforzi sufficienti a rovesciare le sorti del conflitto nel giro di un anno, ovvero almeno 40mila soldati, "rischiamo di trovarci in una situazione per la quale non sarà più possibile sconfiggere l'insurrezione".

Più truppe anche dagli alleati europei. La decisione di Obama, che porta a centomila il numero dei soldati Usa impegnati sul fronte afgano, obbliga anche gli alleati europei, impegnati con 36mila uomini, a fare di più.
Il 3 dicembre i ministri degli Esteri della Nato si incontreranno a Bruxelles per decidere quanti altri soldati mandare in guerra. Washington ne gradirebbero tra i tre e i cinquemila e spera di ottenerli dalla fida Gran Bretagna, dalla Turchia, dalla Romania, ma anche dalla Germania e dall'Italia e perfino dalla Francia.
Non che gli Stati Uniti abbiano un reale bisogno di qualche battaglione in più. La questione è prettamente politica, simbolica: "La guerra in Afghanistan non è un affare solo americano, è un gioco di squadra, e ognuno deve fare la sua parte", ha recentemente dichiarato il segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen.

Rinforzi oggi per andarsene domani. L'invio di massicci rinforzi che Obama sta per annunciare è solo apparentemente in contrasto con la nuova strategia di ‘exit strategy' decisa dalla Casa Bianca e dalla Nato. Una strategia che prevede la progressiva ‘afganizzazione' del conflitto, lasciando alle forze afgane il compito di fronteggiare i talebani, così da consentire il progressivo ritiro delle truppe occidentali. Questo dovrebbe succedere nel giro di circa cinque anni. Ma perché tutto proceda secondo i piani, è necessario evitare che i talebani vincano subito la guerra costringendo l'Occidente a un'umiliante ritirata anticipata. Da qui la necessità di più truppe per ‘tenere duro' ancora per qualche anno.

Milizie pashtun al soldo degli Usa. La strategia Usa procede su un doppio binario: invio di rinforzi e parallela preparazione delle forze afgane. Forze regolari - esercito e polizia che si intende potenziare dagli attuali 180 uomini a 400 mila - ma sopratutto milizie irregolari private. Questo ‘secondo binario' è tenuto segreto, vista la sua palese contraddizione con i passati programmi di disarmo delle milizie dei signori della guerra - programmi costati miliardi di dollari alla comunità internazionale - e considerato il suo inevitabile effetto: quello di lasciare in eredità all'Afghanistan, dopo anni di occupazione militare, una guerra civile foraggiata dall'Occidente. Di questo programma segreto, fortemente voluto dal generale McCrystal, sono trapelate solo poche informazioni sulla stampa.

Dalle Appf di McKiernan alle Cdi di McCrystal. Si chiama 'Iniziativa per la difesa della comunità' (Cdi) ed è l'evoluzione del programma 'Forze afgane di protezione pubblica' (Appf) avviato dal generale David McKiernan due mesi prima di venire sostituito da McCrystal. La differenza è sostanziale.
Le Appf, sperimentate lo scorso aprile nella provincia di Wardak, erano delle forze di polizia ausiliaria in divisa, reclutate tra la popolazione civile, selezionate e addestrate secondo dei criteri ben precisi e poste sotto il comando della polizia afgana.
Le Cdi invece non sono altro che preesistenti milizie tribali assoldate, e affiancate, dalle forze speciali Usa che rispondono direttamente al comandante McCrystal (al di fuori, quindi, della missione Nato), il quale, per questo scopo, dispone di un apposito budget di 1,3 miliardi di dollari.

Coinvolto nelle Cdi un losco politico afgano. Il nuovo programma, preferito a quello delle Appf per la sua maggiore rapidità di attivazione e modellato sull'analogo programma iracheno dei ‘Consigli per il risveglio', è già operativo in quattordici aree del sud, dell'est e dell'ovest afgano e coinvolge già migliaia di miliziani pashtun. Uomo chiave di questo discusso programma è un influente politico di Helmand Arif Noorzai, ex ministro degli Affari Tribali, accusato di legami con il narcotraffico. La scelta è caduta su di lui perché questo losco personaggio è già a capo di una milizia tribale di 12.500 uomini messa in piedi quest'estate per vigilare sulle elezioni presidenziali del 20 agosto. Gran parte di questi miliziani, dopo il voto, sono confluiti nell'Iniziativa per la difesa della comunità.

Tratto da:

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!