lunedì 7 dicembre 2009

Studente kurdo ucciso dalla polizia a Diyarbakir

amed7dic
Aydin Erdem aveva 23 anni. E’ morto ieri quando un poliziotto lo avrebbe colpito alle spalle. Un singolo colpo, partito dalla pistola di ordinanza. Alla schiena, a distanza ravvicinata. Aydin come migliaia di altri giovani stava protestando nella città kurda di Diyarbakir contro le condizioni di detenzione del leader del Pkk (Partito dei lavoratori del Kurdistan) Abdullah Ocalan. In realtà la protesta che da dieci giorni ha invaso le città kurde, le metropoli turche e molte città europee, è rivolta al governo turco che di fatto ha fin qui respinto la richiesta di dialogo ripetuta dal Dtp (partito della società democratica), dalla società civile kurda, dallo stesso Pkk e da Ocalan.

Anche in queste ore in molte città kurde continuano le manifestazioni e gli scontri.
L’avvocato e presidente della sezione di Diyarbakir dell’associazione per i diritti umani (IHD), Muharrem Erbey ha assistito all’autopsia sul corpo del giovane Aydin Erdem. L’avvocato ha confermato che il ragazzo è stato colpito alle spalle, a distanza ravvicinata.

Abdullah Ocalan è dal 1999 unico detenuto nel carcere di massima sicurezza dell’isola di Imrali. Ma da un paio di settimane il governo ha trasferito il presidente del Pkk in un nuovo edificio realizzato sull’isola. Qui Ocalan è in ‘compagnia’ di altri sei detenuti. In realtà continua a rimanere in isolamento in una cella più piccola di quella precedente. E’ stato lo stesso Ocalan a denunciare, attraverso i suoi legali, di sentirsi “quasi morto. La cella – ha detto – è di sei metri quadrati. Non riesco a respirare. C’è una sola finestra sul soffitto e questo mi impedisce di ricevere ossigeno”.

di Orsola Casagrande

Grecia - La lotta continua ad un anno dall'omicidio di Alexandros

Mentre in tutta la Grecia si ricorda Alexandros Grigoropoulos, la repressione colpisce chi combatte le crisi


Di fronte a 50 dipartimenti universitari occupati la soluzione che il nuovo governo socialista riesce a dare è “tolleranza zero” per i manifestanti e l'annuncio di 13000 poliziotti a presidiare Atene durante le commemorazioni di Alexandros Grigoropoulos.Per comprendere meglio questo fine settimana ellenico bisogna ricordare che la crisi economica si è manifestata chiaramente ai greci. La disoccupazione non cessa a diminuire e trovare un part-time in un ristorante è tanto difficile quanto ottenere un posto fisso. Tra quella ufficiale e quella nascosta, la disoccupazione colpisce quasi una persona su cinque. Dati allarmanti a cui vanno aggiunti i problemi macroeconomici legati alla difficile situazione delle banche e quelli dovuti al titanico debito pubblico. Una situazione talmente chiara e tanto grave che non si può nascondere né all'opinione pubblica né, tanto meno, ai giovani e agli studenti; uno scenario tanto problematico per cui la classe politica non potrebbe più nascondersi dietro le colonne del parlamento. Eppure la storia si ripete con precisione visto che il potere politico sceglie la via più semplice e più ceca: la via della repressione. Il venerdì che ha preceduto le commemorazioni il Ministro per la Pubblica Sicurezza Chrisochoïdis ha affermato che “Atene non sarà consegnata alla violenza” e ha aggiunto “non tollereremo atti di terrore nella città”. Ma è passato troppo poco tempo per non ricordare cosa è successo in quel vicolo pedonale poco sopra la piazza di Exarchia. Il terrore è quello in cui si sveglia ogni giorno la generazione di Alexandros perchè alla disoccupazione e allo smantellamento dei beni comuni si aggiunge un altro pugno nello stomaco da sopportare. Nel tempo che scorrerà da un anniversario all'altro, la generazione di Alexandros dovrà trovare la forza per non dimenticare l'uccisione brutale di un proprio coetaneo. Un adolescente che a volto scoperto gridava il proprio dissenso. Tra sabato e domenica, ad un anno di distanza da quella tragica sera, sono scese in piazza migliaia di persone in tutta la Grecia: Lamia, Volos, Arta, Giannina, Salonicco, Preveza, Argo, Sparta, Karditsa, Kallithea, Patrasso, Xanthi, Corfù, Irakleio, Larisa, Mitilini e Atene sono state attraversate da cortei rabbiosi. E' con la sua memoria e con le ombre a mezzogiorno che i giovani non smettono di lottare e ricordare. Ma nel frattempo la repressione non si ferma e in riferimento alla giornata di domenica il partito Syriza ha parlato di violenza inaudita della polizia, mentre il Ministro Chrisochoïdis si è complimentato in serata per le operazioni delle forze dell'ordine: 41 arresti a Keratsini, quartiere a Nord-Ovest del Pireo, 33 arresti per gli episodi di domenica mattina ad Omonia, nel centro di Atene, ed 8 arresti nell'irruzione della polizia dentro l'Università Aristotele di Salonicco grazie all'autorizzazione del rettore.Intanto ad Exarchia e nei dintorni del Politecnico continuano i lanci di molotov e i fronteggamenti tra polizia e manifestanti. La lotta continua, l'eterno ritorna.


Il business della conoscenza

Speculazione immobiliare, speculazione formativa: l'economia della conoscenza cinese cambia le regole del valore



Il diario di viaggio di Paolo Do - Shanghai (Cina)

In Cina l’ammontare complessivo dei debiti non ripagati attraverso carte di credito è aumentato del 126.5% nel solo ultimo anno - secondo il portavoce di Bank of China. Beijing ha infatti incentivato le banche ad espandere il settore delle carte di credito con la speranza di far lievitare così anche i consumi. Il risultato di questa strategia è che nel giro di un solo anno il sistema bancario si è trovato di fronte agli stessi problemi dei paesi avanzati, seppure con le dovute proporzioni. La media di chi possiede una carta di credito in Cina é dello 0,13% a persona; tale dato è molto distante dai 300 milioni di americani e dalle loro 1.5 bilioni di carte di credito possedute (questo dato secondo l`ufficio statistico americano).

Mentre il credito al consumo sembra problematico, in Cina non lo é l`acquisto delle proprietà immobiliari, e questo grazie anche agli studenti. Se per i figli di migranti mandare un figlio all`università è un investimento, una chance per uscire dalla miseria, nella Cina di oggi per le famiglie ricche mandare un figlio a studiare a Pechino o a Shanghai rappresenta sì un investimento, ma di ben altra natura. Questi nuovi studenti hanno rotto di fatto le cinta del classico campus universitario con la speculazione immobiliare: secondo le agenzie immobiliari Zhongda Hengji e Zhujia, solamente nella città di Pechino il 10% delle transazioni delle proprietà immobiliari sono acquisti di case da parte di studenti che si trasferiscono per studiare.

Tuttavia non sempre è necessario andare all`università per poter dire di avere una laurea. Ad Hong Kong si e` scoperto che sono molte le agenzie finanziarie che chiedono ai propri dipendenti di “inflazionare il proprio curriculum” formativo e lavorativo con false esperienze per procurarsi quei visti di lavoro più facilmente ottenibili riservati agli High Skill e per poter richiedere parcelle notevolmente più alte ai propri clienti.

Ma la menzogna è un campo di liberi battitori. Accade così che in una company dove tira aria di licenziamenti, un gruppo di impiegati scopre e pubblicizza il fatto che il loro datore di lavoro, il CEO Tseng Jinsui della Neo Neon di Hong Kong, una company quotata sul listino della borsa, non ha mai ottenuto quel dottorato che il suo CV invece vanta. In un mercato fondato sulle informazioni e sulla fiducia, la pubblicizzazione di questa notizia da parte di alcuni attivisti ha di fatto ribaltato i rapporti di forza e costretto chi voleva licenziare...ad essere licenziato.

domenica 6 dicembre 2009

15 mila in piazza in Turchia per Ocalan, un morto



Notizie di Agenzie


Uno studente e' stato ucciso da un proiettile sparato dai poliziotti durante una manifestazione a favore di Abdullah Ocalan, co-fondatore del Pkk. Circa 15mila persone sono scese in strada a Diyarbakir nel Kurdistan turco per esprimere il loro sostegno al leader del Partito curdo del lavoratori.

Quando gli agenti hanno cercato di fermare la marcia, dalla folla e' partita una fitta sassaiola e la polizia ha reagito con gli idranti e sparando gas lacrimogeni. Qualcuno pero' si e' messo a sparare con proiettili veri: uno studente di 23 anni e stato colpito a morte a altre due persone - tra cui un agente - sono rimaste ferite.

Secondo fonti di sicurezza i feriti sono 3 e le persone arrestate 113. Nella citta' sudorientale di Yuksekova, durante un'altra manifestazione, un 19enne e' stato gravemente ferito alla testa da un candelotto di gas lacrimogeno.

La manifestazione era stata organizzata dal Partito della societa' democratica curda che lamenta le condizioni in cui Ocalan viene detenuto nel carcere sull'isola di Imrali dove si trova dal 1999.

Fino al mese scorso il leader del Pkk era l'unico detenuto a Imrali, ma dopo le critiche della Commissione del Consiglio d'Europa per la prevenzione delle torture, le autorita' giudiziarie turche hanno deciso di rompere l'isolamento e di trasferire nel penitenziario altri detenuti.

Alcune immagini

Ci sono stati scontri anche a Mersin (dove i commerciati hanno chiuso i negozi) a Semdinli(8 arresti e camion dato alle fiamme) Siirt(13 arresti)Batman(100 arresti)barricate stradali a Nusaybin

Valuta umana

Come il negoziato Shalit ha cambiato i rapporti di forza nei Territori Palestinesi

"Non trattiamo coi terroristi". Un mantra recitato a lungo dalle democrazie d'Occidente. In realtà, presto o tardi tutte le maggiori potenze hanno abdicato a discussioni coi militanti, dall'Irlanda del Nord all'Iraq. Oggi Israele sembra vicina a concedere ai nemici giurati di Hamas l'opportunità di fare un gran bel colpo, con la (ventilata) liberazione di un numero di prigionieri vicino al migliaio. Quali conseguenze trarre da tutto ciò?

Ovviamente Israele rimane in credito di circa 10 mila palestinesi ancora in carcere, ai quali se ne sommano settimana dopo settimana numerosi altri. Ciononostante, la liberazione massiccia di prigionieri 'irriducibili', una concessione mai fatta ad Abu Mazen e all'Anp, rappresenta un deciso cambio di rotta nella politica israeliana.

Nel 2007, Israele ha rilasciato 429 detenuti, una mossa vista da più parti come un aperta manifestazione di sostegno al leader dell'Anp. La maggioranza di questi prigionieri ha commesso piccoli reati. Alcuni erano probabilmente innocenti. Da allora, Abu Mazen non ha dimostrato alcuna intenzione di usare la mano forte. La sua credibilità è precipitata all'indomani della cattiva gestione del rapporto Goldstone e per l'incapacità di controllare l'espansione degli insediamenti, al punto da portarlo all'annuncio di dimissioni. Sotto la sua leadership l'Anp ha tenacemente perseguito una politica di negoziato, invece di usare la forza e le minacce, solo per scoprire che i loro partner nel 'processo di pace' non stavano mostrando serietà alcuna nell'adempimento dei loro obblighi.

I fallimenti di Abu Mazen, determinati da Obama, Netanyahu e i suoi predecessori, hanno rafforzato il sostegno popolare ad Hamas. Questi ultimi stanno rapidamente diventando l'unica fazione palestinese che Israele prende sul serio, non per scelta, ma per forza. Sotto il loro vessillo, Gaza è rimasta libera da check-point e insediamenti. Hamas governa senza rivali, una cosa che le autorità della Cisgiordania possono solo sognarsi di fare. Non fosse stato per la raffica di arresti israeliani, da loro incoraggiati, dei leader di Hamas in Cisgiordania, è altamente probabile che avrebbero preso il potere anche lì.

I massacri e l'assedio di Gaza hanno rafforzato la loro leadership, l'opposizione interna è stata polverizzata, e per la gente che ha votato per loro in maniera schiacciante, rappresentano la vera voce della resistenza. Con finanziamenti da altri Paesi musulmani come l'Arabia Saudita, sono stati capaci di forgiare uno stato a loro immagine e somiglianza, saldamente islamista, ben organizzato e intransigente. Hanno alleati potenti anche in Egitto, da dove traggono rifornimenti attraverso una rete di cunicoli sotterranei, e dove tengono nascosta la loro gallina dalle uova d'oro, Gilad Shalit.

Israele si trova progressivamente costretta a dare segnali di buona volontà, aprendo i confini per consentire l'ingresso a Gaza di 600 vitelli per l'Eid el-Fitr, la festa di fine Ramadan, o di libri e aiuti umanitari, precedentemente - e gli aiuti umanitari in maniera criminale - proibiti. Oggi ci sono linee di comunicazione permanenti tra Israele e quei 'terroristi' che - disse Olmert - "non potranno mai diventare un partner".

Che Ahmad Sadat e Marwan Barghouti siano materia di discussione all'interno dell'annunciato scambio, è il riconoscimento della ritrovata forza di Hamas. Barghouti avrebbe il cammino spianato verso la vittoria, in qualsiasi elezione presidenziale. E' lui la figura dotata del potere necessario a unire le fazioni belligeranti di Hamas e Fatah. Se Israele volesse davvero una Palestina unita come vicino di casa, avrebbe dovuto liberarlo tempo fa, a dispetto del crimine di omicidio per cui è stato condannato.

Naturalmente, l'annunciato rilascio di prigionieri di alto profilo, condannati all'ergastolo per reati gravi, sta alimentando un acceso dibattito in Israele. Consapevole di un potenziale disastro d'immagine, il governo israeliano non ha reso pubblica la lista dei prigionieri, innescando lo sdegno dei parenti delle vittime, nonché il loro ricorso all Corte Suprema per ribaltare tale decisione. Il portavoce dei familiari, Dan Sion, ha detto che "il governo lavora al negoziato in modo furtivo". Come dargli torto? Sebbene Netanyahu abbia promesso un dibattito pubblico, è del tutto verosimile che le scelte del governo rimangano le stesse.

L'esercito è determinato nell'assicurare con ogni mezzo il ritorno a casa di Shalit. Se questo significa trasformare Hamas in un eroe popolare, ebbene, è un prezzo che sono disposti a pagare. Per l'Autorità nazionale palestinese, che ha sprecato anni in colloqui sterili, si tratta di un boccone amaro. Per la comunità internazionale è un ulteriore monito che la forza è l'unica valuta con la quale tratta il governo israeliano.

Kieron Monks Giornalista di Electronic Intifada e Don't Panic
Traduzione di Luca Galassi
Scritto per
Peace reporter

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!