mercoledì 16 dicembre 2009

Copenhagen: Naomi Klein annuncia l’arresto di Tadzio Muller



“Sono molti irritata, perche’ l’organizzatore principale della marcia prevista per domani (oggi 16 dic.), Tadzio Muller, e’ stato arrestato dalla polizia” con queste parole Naomi Klein ha esordito dal palco dell’aula magna del Klima Forum. Muller è stato rilasciato dopo poco.

La scrittrice é intervenuta al vertice alternativo per consegnare il premio Angry Mermaid Award, ma prima di nominare il vincitore ha annunciato l’arresto di Muller e invitato tutti a partecipare al corteo di domani. Durante l’intervento della Klein, 32 attivisti francesi sono stati arrestati a poca distanza dal palazzo dove si sta svolgendo il Klima Forum. Tadzio Muller, attivista tedesco, é il portavoce del Climate Justice Action, la piattaforma di organizzazioni che si sta occupando della gran parte delle azioni di piazza a Copenhagen.

La premiazione si é comunque svolta regolarmente. Il primo premio dell’Angry Mermaid Award é stato assegnato alla multinazionale Monsanto. Naomi Klein, dal palco dell’aula magna del Klima Forum, ha annunciato il vincitore e consegnato uno statuina rappresentante una sirenetta.
La Monsanto é stata votata da 37% dei partecipanti al sondaggio. Al secondo posto la Royal Dutch Shell e al terzo l’American Petroleum Institute.

Il premio, promosso da diverse associazioni e ong, intendeva premiare le compagnie che hanno realizzato i maggiori sforzi per sabotare i discorsi ambientali e le misure di mitigazione.

di Marzia Coronati

Tratto da:

"CHE TEMPO CHE FARA’…”

COP15:multinazionali vs umani per il futuro del pianeta

Al di là delle posizioni di facciata il vertice di Copenaghen si attesta su scelte ancora più arretrate del protocollo di Kyoto, tra le ipocrisie del “capitalismo verde” e la repressione che non tollera alcuna forma di protesta: mille arresti “preventivi” nei primi giorni del vertice…!!


MERCOLEDI 16 DICEMBRE – ore 16.30 – Aula Matteo Ripa

Palazzo Giusso - Università Orientale


  • Collegamenti in diretta con le decine di attivisti napoletani presenti a Copenaghen nel giorno di uno dei cortei più importanti

  • Prof. Adriano Mazzarella (Responsabile osservatorio Meteorologico Università Federico II): i dati della ricerca sui cambiamenti climatici presso l’Università Federico II di Napoli

  • Carmine Villani: Comitato contro le emissioni del Porto di Napoli

  • Vittorio Forte (Ya Basta) di ritorno da Copenaghen

  • Interventi di Orientale 2.0, Radioazioni, Attac-Napoli, Comitato Chiaiano, Rete salute e ambiente

martedì 15 dicembre 2009

Stop police warming!!

E' lo slogan che dà avvio alla conferenza stampa indetta dalla rete “See you in Copenahagen” e che in pochi minuti riempie la hall del palazzo del Climate Forum. Tanti gli obiettivi, le telecamere, i microfoni della stampa internazionale ma anche tante le persone di ogni nazionalità che hanno partecipato attivamente alla conferenza stampa, scandendo con voce e applausi “Freedom for all the activists”. Intervengono anche i delegati internazionali delle altre realtà presenti al Forum, come gli attivisti di Via Campesina, di Farmer Just in Action, di Accion Ecologica dall'Ecuador e Oil Watch.
Attenzione focalizzata sul clima, quello di intimidazione e repressione che ha raggiunto livelli di allerta sin dai primissimi giorni del Forum. Fermi preventivi, identificazioni, retate durante le manifestazioni e i cortei, fermi “straordinari” quelli inspiegabili che ogni giorno portano centinaia e centinaia di persone nelle gabbie della questura appositamente costruite e preparate dal governo danese per l'evento.
(Cop)enaghen or Cop-landen? Si chiedono gli attivisti della rete. Fa loro eco l'intervento della delegata di Via Campesina che urla al microfono che “questa non è democrazia”.
“Luca libero, Luca libero” - questa volta in italiano, a gran voce, gli attivisti della rete a sottolineare e denunciare la gravità dell'arresto, avvenuto nella notte tra lunedì e martedì, di un giovane astrofisico impegnato nelle battaglie e nell'analisi della questione climatica. Attivista di spicco della rete, Luca è stato fermato insieme ad altre 210 persone, la maggior parte delle quali è stata rilasciata senza nessuna accusa dopo 10 ore di fermo. Luca è stato rinviato a processo. Colpevole di unire l'analisi e l'apporto scientifico alle lotte portate avanti in prima persona, mettendosi in gioco, intervenendo ai cortei che si sono susseguiti in questi giorni a Copenaghen, partecipando alle assemblee del Climate Justice Action, seguendo da vicino le iniziative e le manifestazioni lanciate dalle diverse realtà internazionali presenti.
Gianmarco DePieri, rete see you Copenhagen, apre la conferenza stampa spiegando la gravità della situazione. Seguono gli interventi dei delegati internazionali.
Dal Bangladesgh, Farms Movement.
Dall'America Latina, una delegata della rete Via Campesina.
Dall'Ecuador, Accion Ecologica
Dal Bangladesh, International Campaign
Dal Sud-est asiatico, Farmer Just in Action
Interviene subito dopo un delegato della rete Planet Just in Action Network
Infine un attivista della carovana anticapitalista da Ginevra a Copenhagen
“We have no fear!” - La conclusione della conferenza stampa ribadisce la mobilitazione di mercoledì 16 dicembre, giornata organizzata da movimenti e delegati internazionali.
Proprio in questo momento la notizia dell'arresto di Tazio Muller, Feltz, Germania, uno dei portavoce dei Climate Justice Now, immediatamente dopo una conferenza stampa promossa all'interno del Bella Center, ovvero la sede ufficiale della Cop 15 mentre 32 attivisti francesi vengono arrestati davanti al Climate Forum, durante un sit-in.





Climate Forum, Copenaghen - Martedì 15 dicembre, ore 15.00

Dopo la messa fuorilegge del DTP

Le mobilitazioni contro la messa fuorilegge del DTP



Conversazioni in una Sezione del DTP

Oggi (14 dicembre) ho fatto visita ad una Sezione locale del DTP di un quartiere di Istanbul.

Era una visita per me irrinunciabile: dopo la chiusura del partito, decisa dalla sentenza dell’11 dicembre dalla Corte costituzionale turca, avvertivo la necessità di ascoltare finalmente dalla viva voce dei membri del partito, e non solo da una caterva di pagine di giornali e notiziari sorbiti tramite Internet, le reazioni ed i commenti a tale evento.

Si tratta della sede del DTP di un quartiere della costa asiatica che si affaccia sul Mar di Marmara, zona altamente industrializzata, con alta percentuale di immigrati kurdi. Nella stanza erano presenti sei o sette membri del partito, l’atmosfera era vivace, attiva e serena. Subito ho chiesto se la loro sede aveva subito vessazioni. Una compagna del partito mi ha risposto che i fascisti si erano radunati sotto la sede, anche ieri, ma – ha aggiunto con una punta di orgoglio – non avevano avuto il coraggio di attaccare: “hanno paura di noi”.

Una notizia che non mi ha stupito: in questi giorni sono molte le sedi del partito che subiscono attacchi di varia portata, a partire dalla sede di Ankara, e sono numerosi anche i casi di attacchi ed aggressioni di strada ai kurdi, come quello verificatosi pochi giorni fa nel quartiere di Istanbul dove abito, Tarlabas, documentato da foto che mostrano gli aggressori fascisti armati di pistola e in atto di lanciare pietre; un giovane kurdo è stato ferito, poi – nei giorni successivi - gli autori dell’aggressione sono stati identificati e portati in questura, ma subito rilasciati (i ragazzi kurdi che lanciano pietre alle camionette blindate della polizia, invece, vengono condannati a decine di anni di carcere).

Ho voluto sapere quali erano state, nel loro quartiere, le reazioni dei kurdi alla chiusura. Mi ha risposto un “vecchio dirigente”, cioè uno che aveva vissuto tutte le precedenti chiusure dei partiti kurdi, dicendomi che questa volta la reazione prevalente era stata diversa: le altre volte la chiusura non aveva destato stupore, ma ora, dopo l’affermazione del partito in parlamento, dopo l’inizio di una fase di maggior partecipazione istituzionale e di apertture di dialogo, la reazione di amarezza e di delusione è assai maggiore, viste anche le prospettive che si erano recentemente aperte, di inizio di un possibile processo di pace. Maggior sconforto, maggiore rabbia, ma anche inalterata volontà di continuare la lotta, e di proseguire attraverso i metodi della partecipazione democratica.

Un altro argomento che abbiamo approfondito è stato quello della posizione dell’Europa in questa vicenda. Ho riferito ai miei interlocutori della notizia da me letta su Internet proprio stamane: le valutazioni negative espresse dal Presidente della Commissione di Venezia del Consiglio d’Europa sulla decisione turca di chiudere il DTP: una prospettiva incoraggiante per l’imminente esame della vicenda da parte della Corte europea dei Diritti umani. Ma su questo tema i miei interlocutori hanno mostrato diffidenza e scetticismo sull’Europa. Come se ci si trovasse di fronte a una sorta di… “lacrime di coccodrillo”. Mi è stato fatto presente che, quando si dibatteva l’anno scorso la possibile chiusura del partito di governo, l’AKP di Erdogan, l’Europa aveva protestato a gran voce sin dall’inizio; ora invece si limita, a cose fatte, ad esprimere una tiepida disapprovazione. E pure il contesto generale dell’atteggiamento europeo sulla Questione kurda viene valutato con scetticismo: il dirigente di partito mi dice che, mentre in un primo tempo l’Unione europea aveva mostrato posizioni coraggiose, ora si sono rinsaldati i legami politici con il governo di Erdogan, e, soprattutto, si sono intensificati gli investimenti ed accordi economici europei in Turchia, creando una rete di interessi economici che induce l’Europa ad un orientamento benevolo verso il governo turco.

Il gruppo parlamentare, mi è stato confermato, dovrebbe lasciare il Parlamento (di propria spontanea volontà e come atto di protesta, poiché i parlamentari, essendo stati eletti come indipendenti e non come partito, in teoria potrebbero resare in parlamento anche dopo l’avvenuta chiusura del partito, se lo volessero). L’appuntamento decisivo sarà alle prossime elezioni politiche, previste per l”11 luglio 2011.

Ma sin da ora, come titola il fascicolo odierno del quotidiano kurdo “Günlük”, la parola è al popolo, che ovunque ha manifestato in piazza, nonostante i continui e violenti attacchi della polizia, per testimoniare il proprio sostegno al partito.
Anche da altri partiti e gruppi politici democratici, mi è stato detto, esponenti e delegazioni sono venuti nella sede di quartiere del DTP ad esprimere la loro solidarietà.

Ho voluto quindi sapere quali sarebbero state le conseguenze della chiusura del partito sulle moltissime Municipalità governate dal DTP. La risposta è stata confortante: nulla di serio muterà. Solo quattro sindaci, in quanto presenti nella lista delle persone colpite dal provvedimento della Corte costituzionale, decadranno, mentre nessuna Municipalità sarà colpita: i Consiglieri e le Giunte municipali permarranno immutate (e rieleggeranno sindaci anche dove i quattro sindaci colpiti sono decaduti), solamente non potranno più valersi della sigla del DTP, bensì di quella del… nuovo nascituro partito kurdo.

Sì, perché questo è stato l’argomento più confortante dell’incontro: il nuovo partito kurdo sta nascendo, in pratica c’é già, anche se non sarà breve il periodo del… “trasloco”.
Si chiama (sì, è già stato… “battezzato”…) “Partito della Pace e della Democrazia” (“Baris ve Demokrasi Partisi”), e mi è stata anche mostrato il drappo della nuova bandiera: su sfondo giallo campeggia una quercia (assai più alta, robusta e frondosa di quella che fu dei DS italiani…).

Istanbul, Aldo Canestrari

Police Warming


Dopo gli accadimenti di questa notte a Cop.enaghen, è ormai chiaro: dobbiamo affrontare con serietà il problema del “Police Warming” che rischia di peggiorare la vita di tutti, non solo di coloro i quali, in questi giorni danesi, hanno conosciuto gabbie e manette.

Il Police Warming infatti, ha come caratteristica peculiare quella di essere confuso per qualcos'altro. Alcuni si concentrano sulla “dinamica” oggettiva dei fatti, chi ha fatto cosa, alcuni altri su ciò che manca, la “risposta”, l'organizzazione. Ma in realtà oggi noi dobbiamo guardare alla sostanza del problema: il Police Warming, che si caratterizza con vergognosi arresti di massa indiscriminati, trasformati poi in provocazioni mirate contro gli attivisti che parlano in pubblico, che tengono i contatti con legali e ambasciate, che partecipano come delegati delle proprie reti alle riunioni internazionali, è una tendenza pericolosissima che dal cuore dell'Europa ex socialdemocratica, rischia di avvelenare l'intero continente. Il police warming si sviluppa intanto come reazione: dove vi sono concentrazioni di dissenso, di disobbedienza, di non passività accondiscendente verso le istituzioni e i loro tribunati ufficialmente accreditati, allora, come retrovirus, il PW attacca. Ieri sera l'assemblea con Naomi Klein e Michael Hardt era stata partecipatissima. Un grande momento di dibattito per preparare la giornata di domani, il “disobedience day”.

La differenza tra il mercoledì 16 dicembre, a ridosso ormai della conclusione dei negoziati all'interno della conferenza onu sul clima, e gli altri giorni di mobilitazione, è palpabile. La differenza la fa il numero di realtà che sono coinvolte, che mano a mano si sono convinte in questi giorni della necessità di dare un segnale appunto di disobbedienza, di forte e attivo dissenso nei confronti dei “manovratori”, siano essi quelli storicamente affermati, le grandi potenze occidentali, o quelli che oggi, anche in questo contesto, si confermano come i candidati in ascesa nel borsino (capitalistico) dei leader del mondo: la Cina, l'India, il Brasile, i petrolieri di stato dell'America Latina, con buona pace dei veri “poveri”, africani o asiatici che siano. Non è quindi né un caso né una fatalità che ieri sera sia scattata l'ennesima operazione di rastrellamento. Mercoledì 16 è la giornata in cui la disobbedienza prende forma: si districa finalmente da tutte le sovrastrutture contenitive che l'hanno imbrigliata fino ad ora, rendendola affare di pochi e per pochi, e assume le caratteristiche che potenzialmente può avere. Quelle del linguaggio e della pratica multiforme della moltitudine, che nell'affermarsi determina anche la propria “indipendenza”.

Dall'Onu, dagli stati, dai governi, dalle diplomazie corrotte, dagli interessi delle multinazionali nere o verdi, dai presidenti bravi a parlare e da quelli arroganti, antipatici ed idioti. La disobbedienza quindi non imbroglia le carte promettendo di farli fuori tutti. Essa si costituisce come esodo, con la stessa forza con la quale ha saputo dieci anni fa, interpretare un mondo diverso da oggi che celebrava i fasti del neoliberismo e del mercato globale. Per questo il PW, che è uno strumento sempre al servizio del potere costituito che non può, materialmente, concedere l'indipendenza a nessuno, pena la dissoluzione del suo ruolo, si scatena a più non posso, cercando di passare da patologia ( l'eccesso di zelo del controllo sociale democratico ) a pandemia ( la democrazia dell'obbedienza ). Il potere in effetti che cosa è se non la trama infinita dei modi violenti o gentili di trattenere il comando sulla nostra vita?

La disobbedienza si esprime anche denunciando e svelando che cosa c'è dietro il Police Warming, quale è la sua causa, e questo diventa già una prima immunizzazione, produce anticorpi in grado di affrontare il venefico retrovirus che si muove con blindati e soldati. Nessuno deve rimanere solo quando è attaccato. Nessuno deve subire processi farsa senza difesa, senza testimoni che lo aiutino, che rivelino la caratteristica menzognera dei verbali di polizia.

L'elemento della gestione pubblica di ciò che accade è un atto di disobbedienza, perché mette in crisi i modelli precostituiti di gestione di stato già incardinati da tempo come preparazione alla negazione del dissenso. E dalla nostra abbiamo un elemento importante, che si aggiunge a quello oggettivo dello stato del pianeta: la disobbedienza ha carattere di efficacia e di diffusione rapida. Agisce come un anticorpo e si propaga. E' per questo che è tanto temuta.

Luca deve tornare libero, come noi tutti. Combattere il Police Warming è possibile e soprattutto, è il modo per rendere più naturale la nostra vita.

di Luca Casarini

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!