venerdì 13 luglio 2012

Perù - Oggi governa l’esercito

di Hugo Blanco Galdós*
Il 3 luglio sono state assassinate tre persone nella provincia di Celendín, Cajamarca.
Non si è trattato di una manifestazione contro il progetto minerario Conga, ma di una dimostrazione dei lavoratori edili che non erano stati pagati dal municipio.
In un’occasione precedente, quando c’era stata una marcia anti-miniera, un gruppo di provocatori al servizio del sindaco, fervido sostenitore della miniera, aveva cercato di spingere la marcia della gente indignata di fronte al comune. L’intenzione dei provocatori era quella di scagliare delle pietre contro la facciata, cosa che sarebbe stata poi imitata dai manifestanti, e in questo modo la repressione sarebbe stata più semplice.
Ma il portavoce della marcia, resosi conto della manovra provocatoria, aveva deciso di non guidare la manifestazione nella via del municipio e i provocatori, irritati, si erano ritirati.
Purtroppo il 3 luglio i provocatori hanno ottenuto ciò che volevano, a causa dell’inesperienza dei lavoratori. Hanno cominciato l’attacco ai locali municipali e la polizia ne ha approfittato per assassinare tre persone e ferirne altre venti. Sono stati feriti anche 3 poliziotti, con ferite da arma da fuoco secondo il premier Valdés, ma causate da pietre secondo i medici che hanno prestato soccorso.
Alcuni giorni prima, un ministro aveva convocato i sindaci di Cajamarca per una riunione dove si sarebbe trattato il tema delle opere di sviluppo. Dopo la riunione, alla quale si era presentato anche Humala, il governo aveva informato che i sindaci si erano riuniti per manifestare il loro appoggio al progetto Conga: questo è stato poi smentito con indignazione dal sindaco di Cortegana (un distretto di Celendín) Marino Vásquez, che ha spiegato di essere stato scelto dagli abitanti del suo paese per difendere l’acqua e la vita e di voler rispettare questo incarico.

lunedì 9 luglio 2012

Desinformémonos del lunedì


Reportajes

Marcela Salas Cassani

M. Alejandro González Ledesma y Gloria Muñoz Ramírez
Foto: Simona Granati

Bruce A. Dixon, de Black Agenda Report
Traducción: El Kilombo Intergaláctico
Foto: David Bacon

Arthur Lorot

Entrevista de Adazahira Chávez

Laura Carlsen
Traducción: Stephanie Salas Cassani

Yasser Shoukry
Traducción: Paulina Santibáñez y Adazahira Chávez
Foto: Laura Sponti

Clarissa Sant’Ana, Franco Carrassi Y Francesca Stanca (Ya Basta, Art Lab Occupato, Globalproject)
Traducción: Daniele Fini

Imagina en Resistencia

Texto:Jaime Quintana Guerrero
Foto: Moisés Quintana Guerrero

Los Nadies

Testimonio recogido por Julio Martínez Rivera en El Salvador
Fotoreportaje


Video
Realización: Geovanni Ocampo

Audio
Realización: Arthur Lorot
Entrevistas: Desinformémonos

domenica 8 luglio 2012

Messico - La corona ammaccata


di Luis Hernandez Navarro*


Questo 4 luglio, dopo più di otto ore di assemblea generale, il movimiento #YoSoy132 ha rifiutato all’unanimità il processo elettorale della scorsa domenica e il vincitore virtuale Enrique Peña Nieto.
La giornata elettorale, ha indicato il movimiento, non si è sviluppata in un ambiente di pubblica tranquillità e legalità. Domenica “hanno prevalso pratiche profondamente antidemocratiche, come la violenza di stato e l’acquisto e la costrizione al voto, lucrando sulla condizione in cui si trovano le nostre popolazioni e sulle loro necessità”.
Di fronte alle irregolarità, il movimento ha riconosciuto una mancanza di democrazia nel processo elettorale .
Ha segnalato che “l’imposizione di Enrique Peña Nieto è un processo architettato da diversi anni dai poteri de facto, nazionali e stranieri.”
Nella Quinta Assemblea Generale Interuniversitaria, gli studenti hanno denunciato la manipolazione dei mezzi di comunicazione e degli scrutinii dei voti, cosa che secondo loro ha alterato il voto libero e ragionato dei cittadini. “Non si accetta e non si accetterà” Enrique Peña Nieto come presidente, hanno dichiarato in un comunicato pubblico alla fine della giornata a cui hanno partecipato i rappresentanti di più di 120 università.
Il documento del movimiento dà voce anche al sentimento di molti messicani che non sono universitari.
Il primo luglio alle urne si sono fronteggiati due Messico. Uno, cittadino, critico, riflessivo, dalla parte di un paese differente, deciso ad appoggiare  Andrés Manuel López Obrador. L’altro, clientelare, timoroso di un cambiamento, obbediente alle gerarchie politiche, consumatore passivo dei racconti della televisione, che ha votato a favore di Enrique Peña Nieto.
Un altro Messico, soprattutto indigeno, deluso dai partiti politici e dai suoi candidati, ha deciso di non partecipare, anche se non era stata lanciata apertamente una campagna per l’astensione o l’annullamento del voto.

Argentina - Dario y Maxi no estàn solos!


da Buenos Aires, articolo a cura di Alioscia Castronovo
Un consiglio a tutti a vedere il documentario “La dignidad rebelde: Darìo Santillàn”: quasi non ci si crede che aveva appena ventuno anni, questo ragazzo che assieme a molti altri occupava le terre e costruiva cooperative per aprire giorno dopo giorno una via di fuga dalla miseria, dall'emarginazione, dall'assenza di diritti. Un documentario che restituisce la dimensione collettiva dell'esperienza di cui Darìo e Maxi sono ormai il simbolo, esperienza che ha insegnato a tanti di noi a resistere contro la crisi, in qualunque parte del mondo fossimo in quel momento. Nel 2001 come oggi, per costruire un'alternativa radicale al capitalismo“en cualquier pais, en cualquier continente”.

In migliaia ci siamo ritrovati ad Avellaneda, partido della provincia di Buenos Aires a due passi dalla Boca e dalla capital federal, lo scorso 26 di giugno, per ricordare l'assassinio di Darìo e Maxi, militanti piqueteros uccisi dalla polizia durante un blocco stradale sul ponte Purreydon. Una ferita ancora viva nella memoria e nell'immaginario argentino, militanti che hanno segnato con la loro morte un punto di non-ritorno, divenendo ahimè i simboli della brutale repressione costata poi la presidenza a Duhalde pochi mesi prima dell'avvento della nuova fase della governance kirchnerista.
Ma sopratutto oggi Darìo e Maxi sono il simbolo, come scrive Itai Hagman su Marcha, della nuova generazione di militanti che dal 2001 è nata e continua a costruire nell'Argentina di oggi lotte e progetti di alternativa radicale al capitalismo e all'ingiustizia sociale, nelle università e nei quartieri, nelle villas miserias e nelle fabbriche autogestite.
Dieci anni fa erano passati pochi mesi dalle giornate insurrezionali del 19 e del 20 dicembre, maturava un processo lungo di immaginazione e costruzione di un'alternativa al neoliberismo e al saccheggio (di risorse, di vita, di diritti) dei decenni precedenti, le rivolte nelle strade della capitale e non solo avevano destituito cinque presidenti al grido di “Que se vayan todos”, nascevano e si diffondevano le fabbriche recuperate, le assemblee di quartiere e le forme di esperienza comunitaria che hanno cambiato il volto dell'Argentina, reduce dalla dittatura militare e da quella economica del neoliberismo di Menem.

venerdì 6 luglio 2012

Messico - Elezioni: cronaca di una vittoria annunciata


DSC_0003(Small).JPGSiamo alla vigilia di un nuovo conflitto elettorale in Messico? 

Elezioni sporche e media menzogneri...


di Fabrizio Lorusso

Nella piovosa estate messicana il fango e la polvere cominciano ad appannare la legittimità del processo elettorale di domenica scorsa in cui s’è votato per scegliere il nuovo presidente e rinnovare camera, senato, i governi e i parlamenti di 6 stati e quello di Città del Messico. La compravendita del voto con carte prepagate del supermercato Soriana è lo scandalo del momento, ma c’è anche del sangue a macchiare l’immagine di un’elezione pulita, perfetta, quasi svizzera o svedese, come propinato da numerosi mass media nazionali e internazionali oltre che da una buona parte della classe politica e burocratica messicana: la cruda realtà parla invece di 9 morti, 4 feriti, 66 arresti, 3500 incidenti, decine di atti di squadrismo e 2 autobombe esplose che a loro volta hanno fatto 2 morti tra le forze di polizia e 7 feriti in vari stati del Messico. Non è esattamente il panorama di un paese che rivendica con orgoglio l’appartenenza al G20 o alla OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico), tanto per fare un paio di esempi di gruppi d’élite nel concerto geopolitico globale, ma che poi tollera, e in alcuni casi determina, incredibili violazioni alle regole democratiche e ai diritti umani.
I conteggi preliminari di domenica notte e lunedì, riconfermati per ora dal computo definitivo quasi concluso, danno la vittoria col 38% dei voti a Enrique Peña Nieto del Partido Revolucionario Institucional (PRI), il partito “dinosauro”, quello della “dittatura perfetta” (espressione coniata dallo scrittore Mario Vargas Llosa per descrivere un regime autoritario dalla parvenza democratica) che governò il Messico per 71 anni e nel 2000 fu sconfitto dalla destra di Acción Nacional (PAN). Il presidente Vicente Fox governò fino al 2006 e fu rilevato dal compagno di partito Felipe Calderón.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!