venerdì 19 ottobre 2012

Guatemala - L'esercito fa strage di indigeni


Le "scuse" del Presidente e l'apertura del processo.


di Fabrizio Lorusso

Il Guatemala dell’ex generale e attuale presidente Otto Pérez Molina rivive l’incubo della violenza e della repressione. Come ai tempi della guerra civile, iniziata nel 1960 e conclusasi nel 1996 con gli accordi di pace tra la guerriglia e il governo, il 4 ottobre scorso membri dell’esercito, che coadiuvavano la polizia nel controllo di una manifestazione popolare pacifica, hanno sparato sulla folla. I manifestanti appartenevano alla comunità centromeridionale di Totonicapan, situata 170 km a nord-ovest dalla capitale Ciudad de Guatemala e formata in prevalenza da indigeni di etnia Maya-Quiché. La notizia è preoccupante e gravissima, ma è passata quasi inosservata in Italia (segnalo un buon pezzo su PeaceLink), soprattutto tra i mass media tradizionali. 8 morti e 35 feriti da arma da fuoco: questo il saldo della strage che è avvenuta in una zona trafficatissima e molto conosciuta, l’incrocio di “4 caminos” tra le località turistiche di Hehuetenango, Chichicastenango, il Lago Atitlán e Quetzaltenenago.
Che cosa stavano facendo i “sediziosi” manifestanti? Incendiavano e occupavano prigioni, caserme o palazzi del governo? Improvvisavano un colpo di stato con milizie popolari inferocite e sanguinare al seguito? Gridavano alla rivoluzione armata e alla decapitazione dei caudillos o dei loro governanti? No. Stavano manifestando pacificamente contro l’aumento delle tariffe elettriche, una vera piaga sociale in un paese semi-colonizzato da compagnie straniere in particolare nel settore energetico e in quello minerario, e contro alcune politiche governative. Alle mobilitazioni avevano aderito anche altri settori della popolazione, oltre a indigeni e contadini: c’erano commercianti, impiegati e docenti, tra gli altri. Come succede in qualunque altra società, una comunità di abitanti della regione mostrava il proprio dissenso mentre alcuni loro delegati, rappresentanti dei 48 cantoni in cui si divide il Comune, si trovavano proprio seduti a un tavolo di negoziazione con il governo, rappresentato dal delegato Miguel Ángel Balcárcel, nella capitale.

Palestina - Israele a Onu: fermate Estelle o la fermeremo noi


Con una lettera inviata al Segretario generale Ban Ki Moon, Israele ha chiesto che le Nazioni Unite intervengano per bloccare la navigazione della nave pacifista svedese Estelle, della Freedom Flotilla 3, diretta verso la Striscia di Gaza per rompere l'embargo imposto da Israele. «È la Siria ad aver bisogno di aiuti», ha detto l'ambasciatore israeliano Dan Prosor all'Onu definendo la Estelle una «provocazione».
Prosor ha lasciato capire che Israele non permetterà alla imbarcazione di violare l'embargo e potrebbe intervenire con un atto di forza. «Voglio sottolineare - ha proseguito Prosor nella lettera - che Israele non vuole un confronto ma è determinata a far bloccare la nave». Lasciata lo scorso 6 ottobre Napoli, ultima tappa di un tour di sensibilizzazione lungo le coste europee, la Estelle oggiha fatto rifornimento al largo dell'isola greca di Creta.
La nave ha fatto rifornimento e, ha comunicato un portavoce, ha fatto salire a bordo alcuni passeggeri che ora, in totale, sono una ventina.
Tra gli altri, vi sono attivisti e artisti scandinavi e tre attivisti nazionalità israeliana, un italiano di origine

venerdì 12 ottobre 2012

USA - Intervista a Fabrizio Tonello (UniPd) sulle elezioni americane

A meno di un mese dalle elezioni presidenziali americane, entra nel vivo la campagna elettorale che vede protagonisti l'uscente democratico Barack Obama puntare alla riconferma a scapito del suo sfidante repubblicano Mitt Romney.
di Davide Ettorre
Le ultime quattro settimane dall'election day si presentano molto diverse da come si potevano prevedere fino a pochi giorni fa, quando Obama sembrava rafforzare, seppur in maniera contenuta, il vantaggio su un Romney in difficolta'.
La performance negativa del candidato democratico registrata al primo dibattito televisivo, così il ruolo dei social network, dei new media e il peso delle establishment sono tutti fattori che, in questo ultimo periodo di campagna elettorale, avranno un peso fondamentale nel decidere la contesa.
Di questo e di altri fattori ne abbiamo parlato con il prof Fabrizio Tonello, docente di scienze dell'opinione pubblica dell'università di Padova, specializzato nello studio del pensiero e dei sistemi politici americani.
Prima parte
In questa parte vengono elencate le tematiche dominanti di questa campagna elettorale che, a differenza della precedente, sono soprattutto incentrate su argomenti di politica interna.
Sottolineato anche il ruolo dei social network e dei mass media in una società, come quella americana, dove la fascia giovanile (principale utilizzatrice dei new media) tende ad astenersi dal voto.

Russia - Confermata la condanna alle Pussy riot


Condannate a due anni di colonia penale due delle attiviste del gruppo Pussy Riot, colpevoli di aver "dissacrato" la Cattedrale di Mosca entrando e suonando una canzone anti- Putin. Nadia Tolokonnikova di 22 anni e Maria Aliokhina di 24 anni saranno inviate in una colonia penale. Diverso il trattamento per ,Ekaterina Samutsevich di 30 anni che invece è stata liberata e posta in regime di  libertà vigilata.
Intorno al diverso trattamento, spiegato con il fatto che Ekaterina sarebbe stata fermata all'ingresso della Chiesa e dunque non avrebbe compiuto il delitto, si sono aperte diverse interpretazioni.
Alcuni giornali anche russi hanno parlato di divisioni nel gruppo e di dissociazione della ragazza messa in libertà. Gli avvocati difensori hanno risposto denunciando che è in atto un tentativo di divisione delle ragazze  per creare le condizioni perché ognuna affronti la condanna in maniera diversa.Il solito tentativo del "dividi et impera". Che questa volta non sembra funzionare.
Ekaterina, appena uscita dal Tribunale ha affermato;  “sono contenta, ma preoccupata perché la sentenza per le ragazze non è stata cambiata”. L'avvocata Irina Khurunova, suo nuovo legale, ha detto: “Sono un gruppo affiatato: le altre due ragazze rimaste in custodia si sono subito congratulate con Katia” per la scarcerazione.

Honduras - Dalla Repubblica delle banane a quella della palma africana

In Honduras vengono assassinate venti persone al giorno. È il paese più violento del mondo, e leggendo la sua storia si rintracciano i motivi.
di Orsetta Bellani
Negli anni '60 e '70, mentre nei paesi limitrofi (Guatemala, El Salvador e Nicaragua) si consolidavano le guerriglie di sinistra, l'Honduras era un feudo statunitense. Il paese è stato poi utilizzato come base delle operazioni della Contra, le sanguinose truppe utilizzate dagli Stati Uniti per combattere i sandinisti nicaraguensi negli anni ‘80.
L'Honduras è stata la “Repubblica delle Banane” per eccellenza. Qui per decenni industrie bananeras come Dole e Chiquita, i cui camion ancora oggi formano interminabili processioni in tutte le strade, si sono sostituite allo Stato. A Tela, che durante il secolo scorso ospitava l'omonima bananera, è facile sentir dire che “si stava meglio quando c'era la Tela”. Portava elettricità, scuola e lavoro.
Oggi, più che una Repubblica delle Banane, l'Honduras ha l'aspetto di una Repubblica della Palma Africana. Da quando il governo ne ha incentivato la coltivazione, il paese ha perso l'autosufficienza alimentare e, secondo dati del Ministero degli Esteri, il paese attualmente importa la metà del suo fabbisogno di mais e riso. L’Honduras è fatto di immense distese di palma africana, e le circa 300mila tonnellate di olio che se ne ricavano - destinate al settore alimentare e alla produzione di agrocombustibili - vengono per il 70% vendute all'estero.
Il 75% dei contadini che lavorano nei latifondi di palma vive con un dollaro al giorno. Lavorano immersi in sostanze chimiche che inquinano la terra ed avvelenano le falde acquifere del terzo paese più povero dell'America Latina. Questa situazione genera insofferenza tra i contadini e grandi introiti per la famiglia Facussé, una delle più potenti del paese.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!