venerdì 24 gennaio 2014

Asia - Paradisi cinesi

Le Isole Vergini sono un accogliente rifugio per i capitali più o meno leciti di 22 mila clienti residenti nella Repubblica popolare e a Hong Kong, e di 16mila taiwanesi

di Angela Pascucci

Non era certo un segreto che le Isole Vergini britanniche fossero una delle prime fonti di investimenti diretti in Cina e a Hong Kong e tra le prime destinazioni offshore dei flussi di valuta provenienti dai medesimi luoghi. Fino a pochi giorni fa ci si poteva, ingenuamente, chiedere come mai tanto traffico intorno alle paradisiache isolette. Un report dell’Icij, (International Consortium of Investigative Journalism) diffuso il 21 gennaio scorso ha risposto agli interrogativi: il territorio d’oltre mare britannico (che riceve il 40% del suo giro d’affari dall'area asiatica) è un accogliente rifugio per i capitali più o meno leciti di 22 mila clienti residenti nella Repubblica popolare e a Hong Kong, e di 16mila taiwanesi.


Il rapporto è il frutto di un’inchiesta durata mesi e condotta da una squadra di giornalisti internazionali, tra i quali anche reporter cinesi, alcuni dei quali sono stati costretti a lasciare il lavoro di indagine prima del tempo a causa delle pressioni ricevute dall'alto.

Le rivelazioni più clamorose del rapporto riguardano infatti i nomi di chi ha scelto di portare le proprie ricchezze fuori dalla Cina. Sono nomi eccellenti dell’aristocrazia rossa del Partito comunista che comprendono, fra gli altri, il cognato dell’attuale uomo forte della Cina, il presidente Xi Jinping, il figlio e il genero dell’ex premier Wen Jiabao ( nel 2012 già bersaglio di un’inchiesta condotta dal New York Times sugli ingenti e poco trasparenti affari di famiglia), il primo cugino dell’ex presidente Hu Jintao, la figlia dell’ex premier Li Peng (meglio noto come il “macellaio di Tiananmen” per il suo ruolo nel massacro del 4 giugno 1989), il genero di Deng Xiaoping, venerato architetto delle riforme cinesi, il nipote di uno dei fondatori della RPC, il nipote di un famoso generale dell’Esercito popolare di liberazione etc.

Messico - Mario e gli altri: criminalizzazione della protesta sociale a Città del Messico

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La criminalizzazione della protesta a Città del Messico e fabbrica dei colpevoli

di Andrea Spotti
A poco più di tre mesi dalla sua detenzione Mario Gonzalez è stato condannato. Lo studente anarchico, detenuto a margine del corteo contro la riforma educativa e in memoria della strage del ’68 in Piazza Tlatelolco dello scorso 2 ottobre, è stato ritenuto colpevole del reato di “Attacco alla Pace Pubblica” dalla giudice Marcela Arrieta, che lo ha sentenziato alla pena di 5 anni e 9 mesi da scontare nel carcere di Santa Martha Acatitla, sito nella zona sudorientale della capitale messicana. La sua vicenda, attorno alla quale è cresciuto in questi mesi un movimento di solidarietà dentro e fuori i confini nazionali, è indicativa del clima repressivo che si vive a Città del Messico dall'insediamento del sindaco Miguel Angel Mancera a questa parte.
In sintonia con il presidente Enrique Peña Nieto, che sin dall'inizio del suo mandato, cominciato nel dicembre 2012, ha dovuto far fronte alle proteste popolari, il governatore di centrosinistra sta portando avanti una governance autoritaria che ha ridotto drasticamente gli spazi di agibilità politica per i movimenti sociali nella capitale. Questi, infatti, sono sottoposti a una vera e propria persecuzione poliziesca e giudiziaria, la quale, secondo quanto denunciano varie organizzazioni per la difesa dei diritti umani, rischia di mettere in discussione le stesse libertà costituzionali.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!