di Andrea Spotti - Osservatorio America Latina - Carmilla
Il rapporto annuale dell'organizzazione Article 19 sulla libertà d'espressione e la violenza contro i giornalisti in Messico
Un’aggressione
al giorno. E’ la media delle violenze subite dalla stampa in Messico
durante l’anno appena trascorso, considerato uno dei più violenti della
storia recente per i giornalisti. Il dato, che indica la sistematicità e
la quotidianità delle intimidazioni, è fornito dal rapporto annuale di Article 19,
associazione internazionale per la difesa della libertà di espressione.
Si conferma così l’allarmante situazione che vivono gli uomini e le
donne che cercano di raccontare il Messico militarizzato della guerra al
narcotraffico. Una realtà in cui il dovere di cronaca si scontra troppo
spesso con gli interessi di autorità, mafie e poteri forti. E dove fare
giornalismo in modo critico può voler dire mettere a rischio la propria
vita. Il rapporto, presentato lo scorso 18 marzo a Città del Messico,
s’intitola “Dissentire in silenzio: violenza contro la stampa e criminalizzazione della protesta, Messico 2013”,
e traccia un quadro assai preoccupante dello stato di salute
dell’informazione nel Paese. Da una parte, denuncia l’impunità di cui
riesce a godere chiunque abbia interesse a silenziare voci scomode
grazie alla complicità o all'inazione dei differenti livelli di governo e
di potere, e, dall’altra, la decisa tendenza alla riduzione del diritto
alla protesta e alla copertura della stessa, in atto su tutto il
territorio nazionale e in particolare nella capitale, governata da poco
più di un anno dal sindaco di centrosinistra (PRD, Partido Revolución Democrática) Miguel Àngel Mancera.