venerdì 31 ottobre 2014

Kurdistan - Guardando Kobane

Guardando Kobane….di Silvia Todeschini
C’è sempre qualcuno che guarda verso Kobane, di giorno, di notte. Qui sono tutti specialisti: riconoscono se a sparare è la resistenza delle Ypg e Ypj o i fascisti dell’ISIS dal suono delle armi. Quasi tutti noi che dormiamo nel villaggio di Masl abbiamo qualche conoscente o amica/o dall'altra parte, ci sono molte madri in attesa dei figli e delle figlie.
Ieri sera, vicino al fuoco, una profuga di Kobane, dopo aver scherzato sugli strani giochi della sorte che hanno fatto si che il minareto del suo quartiere crollasse sulla casa dell’unica famiglia cristiana, mi ha detto: “da quando sono uscita, sono stata a Suruc e a Urfa, e poi però sono tornata qui, che sono più vicina a Kobane, mi sembra di respirarne l’aria, qui quasi mi sento a casa. Quando Kobane sarà libera vieni che ci entriamo assieme? Ti ospito a casa mia! Però prima devi imparare il curdo, così quando entri parli con tutti.”
Una volta qui è arrivata una cattiva notizia. Una madre piangeva ed era vicina allo svenimento dal dolore. Una volta sola però: qui, quello che vedo, è una ferma volontà: noi vogliamo vincere. Noi vogliamo liberare Kobane. Per poter liberare Kobane, dobbiamo essere sicuri che ce la faremo. Dobbiamo portare ottimismo. Quindi solo buone notizie, per favore: per le cattive notizie ci sarà sempre tempo. Il morale è alto, il sorriso è sempre pronto. Però gli occhi girano ancora verso la città di Kobane, ad ogni bomba, ad ogni sparo. Ad osservare il fumo che sale, a non sapere chi possa essere rimasto sotto le macerie, a sperare per il ritorno alle proprie case, o a quello che ne rimane.

martedì 28 ottobre 2014

Messico - Contro il dolore, la rabbia e la speranza

di  Giovanna Gasparello (Antropologa presso Università Autonoma Metropolitana di Città del Messico)
L’ondata di proteste contro l’eccidio di 50 giovani studenti universitari perpetrata un mese fa nella città di Iguala, Guerrero, non accenna a fermarsi ma, con il passare dei giorni, cresce sia nelle dimensioni che nella radicalità delle rivendicazioni avanzate. L’esigenza principale è la presentazione con vita dei 43 studenti dell’Universitá per maestri rurali di Ayotzinapa, nello stato del Guerrero, sequestrati e desaparecidos dalla polizia della cittá di Iguala in collusione con il cartello del narcotraffico locale lo scorso 26 settembre, quando sono anche state uccise sei persone (di cui tre studenti) dalla stessa polizia.
Dopo la rinuncia del governatore dello stato, Angel Aguirre, e la nomina di Rogelio Ortega al suo posto, i genitori ed i compagni degli studenti sequestrati denunciano che il cambio di facciata a livello politico non cambia minimamente la situazione di stallo delle indagini. Nonostante le proteste popolari e gli appelli diplomatici delle Nazioni Unite, della Commissione Interamericana per i Diritti Umani, del Parlamento Europeo e degli Stati Uniti, le istituzioni giudiziare hanno dimostrato un’estrema inefficenza ed un cinico disinteresse durante le indagini, lasciando fuggire i mandanti della strage, ostruendo il lavoro dei periti indipendenti, e limitandosi a cercare i corpi nei cimiteri clandestini, mentre sono gli stessi familiari che strenuamente continuano le ricerche capillari e coordinano le attività di centinaia di persone civili, giunte in carovane da molte regioni del Guerrero ed anche da altri stati che percorrono la zona da cima a fondo alla ricerca dei giovani. 
Durante le ricerche sono state scoperte più di cento fosse clandestine, ricolme di cadaveri smembrati o carbonizzati, nella zona circostante Iguala. Cinicamente, le autorità si sono limitate a dire che i corpi non sarebbero quelli diegli studenti, la qual cosa solleva una domanda ancora più inquietante: e allora, di chi sono? Chi sono tutti quei morti? E comunque, dove sono gli studenti?
Sembrerebbe che l’ennesimo, barbaro crimine abbia fatto esplodere la grande pentola a pressione che è diventato il Messico negli ultimi dieci anni. Le recenti dichiarazioni del Procuratore Generale cercano di vincolare gli studenti ai gruppi di narcotrafficanti, con l’intenzione di applicare ancora una volta il perverso meccanismo che trasforma la vittima in criminale rendendola complice del crimine che ha subito, e sollevando così le autorità dall’obbligo morale della ricerca di verità (“alla fin fine, è stato un regolamento di conti, erano tutti criminali, non vale la pena cercare la giustizia”, sarebbe il messaggio). Tali dichiarazioni hanno esasperato l’enormità del dolore dei familiari, dei giovani studenti, e di milioni di persone vissute per anni nella morsa della paura e dell’indifferenza.

Brasile - Sem Terra e senza Tetto programmano sempre maggiori mobilitazioni nel 2015

I principali gruppi di Senza Terra e di Senza Tetto nel paese si stanno già organizzando per intensificare le mobilitazioni nel 2015. Sia il Movimento dei Lavoratori Senza Terra (MST) che il Movimento Senza Tetto (MTST) non hanno dichiarato sostegno a nessun candidato al primo turno, ma hanno dichiarato che avrebbero votato per Dilma Rousseff (PT) al ballottaggio, contro Aecio Neves (PSDB), considerato una minaccia per le conquiste del periodo precedente.
di Camilla Veras Mota do Valor   (traduzione Antonio Lupo)

Per Gilmar Mauro, coordinatore nazionale del MST, l'esaurimento del modello di crescita in cui " guadagnano sia i lavoratori che i padroni" - inaugurato dal PT e difeso in parte anche nel discorso elettorale del candidato tucano - e la composizione più conservatrice del Congresso neoeletto, dove il gruppo legato all'agribusiness da gennaio 2015 avrà 273 deputati e senatori (il 33% in più rispetto alla legislatura precedente), deve stimolare l'attività dei movimenti sociali. "Il prossimo governo dovrà scegliere chi perderà , e abbiamo bisogno di lottare perché non siano i lavoratori."

Il programma d'azione comincerà ad essere discusso entro la fine dell'anno.

lunedì 27 ottobre 2014

Kurdistan - Der Speigel: i curdi soli contro il terrore dell'ISIS

La copertina di questa settimana di Der Spiegel è stata riservata alla lotta del PKK contro l'ISIS. Il settimanale di notizie tedesco ha pubblicato un articolo delineando l’importanza dello spostamento della posizione del PKK, sia regionalmente che globalmente, nella nuova dinamica che si sta costituendo in Medio Oriente.
Il titolo di copertina della rivista è :”Soli contro il terrore” esplicidando come il PKK è stato lasciato solo nella guerra contro il terrore sia nel Kurdistan iracheno che in quello siriano. 
Il sottotitolo è persino più chiaro:”l’avanzata di ISIS e la guerra solitaria dei curdi”.

Il PKK è sceso all’inizio dell’estate dalla catena montuosa di Kandil per difendere i curdi del Kurdistan del Sud, quando l'Isis ha attaccato le città di Mahkmur, Sinjar e Kirkuk. L’avanzata dell'ISIS è stata fermata e persino respinto in luoghi come Mahkmur, dove il presidente del Governo Regionale Curdo Massud Marzani ha visitato e ringraziato i guerriglieri del PKK per i loro sforzi.
Anche nel Kurdistan siriano i curdi stavano combattendo l'ISIS molto prima che fosse riconosciuto dall’Occidente (dai suoi governi e dai media). I curdi hanno difeso con successo il loro territorio dall' ISIS e hanno anche ripulito alcune regioni dalla loro presenza.

domenica 26 ottobre 2014

Kurdistan - Stato Islamico, Hizbullah turchi e altre strutture mafiose – gruppi di contrasto (*) di oggi



Un’analisi di Michael Knapp, storico, Kurdistan Solidaritätskomitee Berlin.  

Con gli attacchi a Kobanê e le rivolte di massa a essi collegati, in particolare da parte della popolazione curda in Turchia e nel Kurdistan settentrionale, torna alla luce con gravissime violenze, fino ad arrivare all’omicidio, l’organizzazione parastatale che si pensava sciolta da tempo: "Hizbullah", un gruppo che anche i corrispondenti dal Medio Oriente sembrano non conoscere. Non si tratta di una filiale degli Hezbollah sciiti iraniani, ma di un prodotto in proprio dell’anti-insurrezione turca. La parola Hizbullah corrisponde grosso modo al concetto "soldati di Allah".

Per via dei suoi stretti collegamenti con lo stato turco, soprattutto da parte di attiviste e attivisti curdi viene definita come Hizbul-Kontra– un’allusione al suo ruolo nell’ambito della "controinsurgencia", la repressione delle insurrezioni. Accanto al servizio segreto JITEM, Hizbullah era uno dei principali strumenti contro la lotta di liberazione curda e operava in particolare nelle regioni di Amed (Diyarbakir) e Êlih (Batman). Mentre questo gruppo esiste già dagli anni ‘70, soprattutto negli anni ‘90 si è guadagnato una terribile fama come organizzazione della parte occulta dello stato.

La pratica di Hizbullah somiglia a quella di IS. All’apice del terrore di Hizbullah, persone venivano sistematicamente rapite, fatte a pezzi, decapitate, torturate a morte e eseguiti attentati dinamitardi.[1]
Il loro obiettivo dichiarato era la costituzione di uno stato islamico ispirato all'Iran.[2]

Hizbullah – il terrore sotto l’ombra di Iran e Turchia
Hizbullah è stato creato dall’Ayatollah Mahmut Gaffari come struttura clandestina secondo il modello delle organizzazioni marxista-leniniste sotto la guida di un consiglio della Shura. Nel 1979 l’organizzazione si è diffusa in modo massiccio con l’appoggio dell‘Ayatollah Khomeini.[3]
Con l’inizio della rivolta curda sotto la guida del PKK il 15 agosto 1984, Hizbullah divenne sempre di più uno strumento dello stato turco nell’ambito delle attività di "controinsurgencia". Miliziani di Hizbullah venivano istruiti sistematicamente nei campi di addestramento dello stato.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!