mercoledì 6 gennaio 2016

Messico - Migrantes


Se si ascoltano le storie di chi cerca di attraversare il Messico dal Centro-america fino agli Stati Uniti le similitudini con quanto avviene alle frontiere dell’Italia e dell’Europa ci dimostrano quanto il tema delle migrazioni non possa essere compreso se non nella sua dimensione globale.
Chi scappa fugge da miseria e/o da violenze e conflitti che disegnano le forme delle moderne guerre non dichiarate.
In questo pezzo di mondo si cerca di fuggire alle condizioni di povertà che stringono in una morsa feroce tutti i paesi del Centro-america dovute allo sfruttamento o meglio al saccheggio di questi territori. Politiche decise dai vari governi che si intrecciano con la violenza generalizzata di vecchie e nuove forme della delinquenza organizzata.
Chi scappa lo fa perché vuole, spera ardentemente di poter possedere, vivere, accedere alle merci e allo status quo dello stesso sistema che si nutre dello sfruttamento globale e genera le condizioni per cui si è costretti a fuggire. Lo stesso sistema che noi cerchiamo di combattere. Il sogno di arrivare in America muove migliaia di uomini e donne di ogni età che si mettono in viaggio in una fuga che diventa ulteriore occasione di selvaggio sfruttamento e guadagno.
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Albergue de migrantes Hermanos en el Camino Ciudad Ixtepec, Oaxaca
Oggi la frontiera sud del Messico è segnata dalla stessa ipocrisia delle rotte balcaniche o dell’arrivo sulle coste dell’euromediterraneo. Chi cerca di entrare in Messico lo fa ben convinto a non restare, ma a continuare il suo viaggio fino negli Stati Uniti. 
Lo fa pagando fin dall’inizio chi gli offre il transito a piedi lungo i confini sud del Messico. Paga e nella maggior parte dei casi viene lasciato a se stesso appena entrato nel paese. Negli anni scorsi i migranti cercavano di attraversare le migliaia di chilometri dal sud al nord salendo a centinaia sulla "Bestia", i treni merci. Oggi per l’appesantirsi delle misure in materia di migrazione messicane i cammini che i migranti cercando sono vari, differenziati. E’ come se si chiudesse un fiume con una barriera, ma l’acqua dividendosi in tanti rivoli trova la maniera di avanzare.
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La bestia
Arrivati in Messico in moltissimi casi vengono sequestrati, derubati, malmenati e le donne violentate da gruppi di delinquenti o anche dagli stessi appartenenti alle "forze dell’ordine", lapolicia de migracion o i tanti apparati di polizia locale. 
Chi ha il coraggio denuncia quel che gli succede ed in teoria se il crimine che ha subito è grave si apre un procedimento legale e può ottenere un visto che gli permette di restare in Messico. Ovviamente al di là di quel che è scritto nella legge la procedura è lunga e tortuosa.
Altri finiscono nelle maglie del crimine organizzato, dal traffico di organi, alla prostituzione fino a chi offre un lavoro che poi risulta essere nient’altro che la schiavitù o nella coltivazione di oppio e marijuana o nei laboratori della produzione di droghe sintetiche. La lavorazione di quest’ultime, con gli agenti chimici che provengono dalla Cina, come nelle vecchie maquilladoras sono una delle voci più remunerative del mercato delle droghe.
Richiedere asilo politico, come ovunque, è difficile, la persecuzione deve essere testimoniata ad personam, visto che la violenza generalizzata che si vive dall’Honduras al Salvador, al Guatemala etc .. non è riconosciuta. Ed in ogni caso il numero di domande accettate è basso, ed inoltre non serve a garantire l’ingresso negli States.
Nella visita all’Albergue de migrantes Hermanos en camino, creato nel febbraio 2007 a Ixtepec, per iniziativa di Padre Alejandro Solalinde, proprio in uno dei luoghi allora di transito della "Bestia", che offre assistenza umanitaria, mettendo a disposizione alimenti alloggio, appoggio sanitario e legale, i racconti dei volontari così come dei migranti sono specchio di quello che vediamo ai nostri confini.
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Albergue de migrantes Hermanos en el Camino Ciudad Ixtepec, Oaxaca
Basterebbe permettere legalmente il transito per il Messico, creare un sistema d’entrata legale negli Stati Uniti così come permettere il transito per l’Italia o i paesi attraversati dalle rotte migratorie. Ammettere appieno che non si ferma il flusso con nuove misure restrittive, con la pratica delle deportazioni dal Messico o dagli Stati Uniti o dall’Europa o con la delega a paesi terzi a svolgere il "lavoro sporco". Anzi le misure restrittive e tutto l’apparato connesso non fanno che aumentare il prezzo da pagare anche in termini di vite umane per chi vuole muoversi.
I miliardi che si fanno sul traffico di esseri umani è una voce in più di cui si nutre il sistema finanziario globale.
A farne le spese uomini e donne che con volti, storie, provenienze diverse chiamiamo migranti. Molti i ragazzini , i cosiddetti minori non accompagnati. 
Il transito dei migranti qui come nei nostri territori si accompagna all’aumentare del razzismo e di chi ci specula. Dentro il flusso del transito certo c’è anche chi poi andrà ad alimentare bande e gang che agiscono in Messico come negli States. Ma in generale anche qui, al di là dei singoli episodi di delinquenza di cui sono protagonisti i migranti, la narrazione sociale ha fatto dimenticare quanti messicani siano emigrati. 
L’allarme sociale nei confronti dei migranti è lo stesso veleno che agisce nelle nostre società, alimentandosi della generale precarietà ed immiserimento.
Far conoscere quel che avviene in questa frontiera con Mex ¿Qué? ci può aiutare a comprendere che per cambiare non basta solo la solidarietà, peraltro un atto umano che sarebbe dovuto, ma veramente c’è bisogno di trovare le alternative radicali ad un sistema globale di sfruttamento, che si alimenta con la barbarie delle frontiere.
Carovana Mexico Querido

lunedì 4 gennaio 2016

Messico - La stella zapatista


Estrella Zapatistadi Juan Villoro

A gennaio del 1994 il subcomandante Marcos guidò l’insurrezione in Chiapas (Messico), dove i popoli indios erano fuori dall'agenda politica. Il movimento è transitato verso l’eroismo della vita quotidiana.

El silencio de los indios / fue precisando esculturas”, con questi versi Carlos Pellicer riassume il trattamento riservato dal Messico verso i popoli originari. Non si parla di loro al presente; la loro gloria risale ad una tappa anteriore, l’età senza tempo della leggenda. 

I musei e le piramidi celebrano il loro passato splendore e le città si abbelliscono di statue, ma gli indios di bronzo non alludono agli attuali: li cancellano.

Il 1° gennaio del 1994, gli zapatisti si sollevarono in un paese dove i popoli indios erano fuori dall'agenda politica. Il libro più conosciuto sulla cultura precolombiana è “La visione dei vinti”. 
Qui, Miguel León Portilla traduce con eloquenza un canto che riferisce della caduta di Tenochtitlan: “Y todo esto pasó con nosotros. / Nosotros lo vimos, nosotros lo admiramos: / Con esta lamentosa y triste suerte nos vimos angustiados”.

In Messico si parlano più di sessanta lingue indigene. Nessuna di esse ha carattere ufficiale. I discendenti di Moctezuma percorrono le strade delle grandi città vendendo gomme da masticare e chincaglierie made in China, senza altro segno di identità che la miseria. La loro “penosa e triste sorte” non è cambiata.

Nella notte del 31 dicembre 1993, ci addormentammo sognando il progresso (il giorno dopo entrava in vigore il Trattato di Libero Commercio con Stati Uniti e Canada), ma ci svegliammo davanti ad un’altra realtà: in Chiapas gli zapatisti si erano sollevati e la questione indigena era diventata di sorprendente attualità.

Il subcomandante Marcos rinnovò il linguaggio politico con senso dell’umorismo, parabole della Bibbia, leggende maya, realismo magico ed aforismi della controcultura. Alcuni dubitarono della legittimità di un intellettuale della classe media come portavoce degli indios.

Altri presero sul serio la sua proposta di cambiare il paese dal basso, con i più deboli. 

Nemico della lotta armata e della sinistra dogmatica, Octavio Paz sostenne che la vittoria di Marcos era la vittoria del linguaggio.

Dopo 12 giorni di combattimenti, il Governo di Carlos Salinas de Gortari ordinò il cessate il fuoco e l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) operò una svolta sorprendente: la guerriglia apparentemente guevarista si trasformò nel movimento politico che prosegue fino ad oggi. Il suo obiettivo non è arrivare al potere, ma migliorare le condizioni di vita delle comunità indigene; se questo si otterrà, ritornerà alla notte dei tempi: “Aiutateci a non essere possibili”, dissero chi si era coperto il volto per avere un volto.

Secondo l’opinione del poeta e saggista Gabriel Zaid, si tratta della prima “guerriglia postmoderna”, la cui funzione non consiste nell'agire militarmente, bensì nel rappresentar sé stessa come insurrezione.

Un rito di passaggio dello zapatismo fu il dialogo col Governo. Per cominciare, bisognava definire lo scenario. Varie sedi furono respinte fino a che i ribelli proposero il campo di pallacanestro a San Andrés Larráinzar. Un luogo povero, dove i canestri non avevano la rete. Tuttavia, quello spazio era avvolto dal mito: era una nuova versione del gioco della pelota, il patio del mondo dove i maya assistevano alla lotta tra la notte ed il giorno, la vita e la morte. Lo scenario del Popol-Vuh tornava insolitamente attuale.

Il 16 febbraio 1996, gli accordi di San Andrés furono firmati. Tuttavia, l’impegno di modificare la Costituzione per concedere diritti ai popoli indios si sottomise ad un’altra tradizione messicana: l’oblio. Per entrare in vigore, gli accordi dovevano diventare legge nel Congresso e questo non accadde mai. Gli accordi sono stati vittima di una classe politica convinta che, se la soluzione si rimanda, il problema si risolverà da sé.

Durante la sua campagna per la presidenza, nel canonico anno 2000, Vicente Fox promise di risolvere la questione del Chiapas in quindici minuti. Il carismatico vaquero interruppe 71 anni di Governo del PRI, ma non mantenne le sue promesse. Per rinfrescargli la memoria, gli zapatisti, a marzo del 2001, viaggiarono fino a Città del Messico. 

Ricevettero dimostrazioni di appoggio in tutto il paese. Nel Congresso, la comandante Ramona chiese che la casa della parola accogliesse la voce degli indios. Nonostante il clima favorevole, la legge di autonomia passò ad ingrossare le questioni in sospeso di un paese bipolare, dove la violenza e l’impunità coesistono con la solidarietà e la speranza.

Che cosa si può dire nell'anniversario del movimento? L’assenza di eventi spettacolari suggerirebbe che la loro lotta sia scemata. Una visita nella zona zapatista porta ad altre conclusioni. Nei municipi controllati dall’EZLN si sono stabilite Giunte di Buon Governo dove si esercita una democrazia diretta, le autorità non ricevono compensi e “comandano ubbidendo”. Lì la parola “io” si pronuncia molto meno di “noi”. L’Ospedale della Donna e la Scuola Zapatista sono dimostrazioni di un sorprendente miglioramento nell'ambito della salute e dell’educazione, ottenuto in situazioni molto avverse. La sollevazione è transitata verso una forma più pacifica e resistente di quella epica: l’eroismo della vita quotidiana.

Secondo il rapporto sulle disuguaglianze elaborato da Gerardo Esquivel per Oxfam-Messico, viviamo in un paese dove l’1% della popolazione detiene il 21% della ricchezza, ed il 10%, il 64%. Questa forbice è in aumento: a livello mondiale, dal 2007 al 2012 la quantità di milionari è diminuita dello 0,3%. In questo stesso lasso di tempo, in Messico è aumentata del 32%.

A quindici anni dall'alternanza democratica, i partiti non intendono la politica come l’arena in cui i conflitti devono essere risolti, ma come l’affare in cui devono essere preservati. Ogni anno, assegnano a se stessi più di 300 milioni di dollari.

Lontano dall'attenzione mediatica, nelle loro cinque comunità o “caracoles”, gli zapatisti reinventano i giorni. La loro capacità di riflessione non è meno attiva: a maggio del 2015 hanno convocato il seminario internazionale "Il Pensiero Critico di Fronte all’Idra del Capitalismo".

A proposito di utopia, Marcos riporta un insegnamento del Vecchio Antonio: Una stella misura ciò che sta lontano; una mano – forma umana della stella – misura ciò che sta vicino per arrivare lontano.
Paradosso zapatista: la meta irraggiungibile è a portata di mano.

Testo originale pubblicato sul quotidiano El País, 3 gennaio 2016  http://elpais.com/elpais/2015/12/24/opinion/1450949512_043782.html

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!