martedì 31 maggio 2016

Messico - Maggio: tra autoritarismo e resistenza


radio

                Subcomandante Moisés 
               Subcomandante Galeano
Il calendario? Maggio 2016.
La geografia?
Beh, potrebbe essere ovunque in questo paese graffiato a sangue dalle sparizioni forzate, l’impunità fatta istituzione, l’intolleranza come forma di governo, la corruzione come modus vivendi di una classe politica puzzolente e mediocre.
Ma potrebbe anche essere una qualsiasi parte di questo paese sanato dalla caparbietà dei famigliari che non dimenticano i loro assenti, la ricerca tenace di verità e giustizia, la resistenza ribelle contro i colpi, i proiettili, le sbarre, il desiderio di costruire un sentiero proprio senza proprietari, senza padroni, senza salvatori, senza guide, senza capi; la difesa, la resistenza, la ribellione; la crepa si fa più ampia e profonda a forza di dolore e di rabbia.
“Messico”, viene chiamato abitualmente questo paese, questo paese che riflette a suo modo una crisi che scuote il mondo intero.
Sembra che, ad un certo punto nella breve e intensa storia del XX° secolo, questo paese sia stato un punto di riferimento del turismo internazionale. Si è parlato dei suoi paesaggi, della sua gastronomia, dell’ospitalità della sua gente, di quanto perfetta fosse la sua dittatura.
Ma prima e durante quest’immagine da opuscolo di agenzia viaggi, è successo quel che è successo. No, non vi riempirò di informazioni su ciò che è accaduto nell’immediato passato, diciamo 30 anni.
Il punto è che, negli ultimi anni, il “Messico” è ormai un riferimento mondiale della corruzione di governo; la crudeltà del traffico di droga; non infiltrazione ma coabitazione tra crimine organizzato e istituzioni; sparizioni forzate; esercito fuori dalle caserme, nelle vie e nelle strade; omicidi e detenzioni degli oppositori, di giornalisti e persone che non contano; il “warning” nei percorsi turistici; il cinismo come idiosincrasia sui media e i social network; la vita, la libertà e i beni personali giocati alla roulette mortale della vita di tutti i giorni (“se non ti è toccato oggi, forse domani”). Se sei donna, di qualsiasi età, si moltiplicano i rischi. Il femminile, insieme al diverso, vince solo in questo: è più probabile che subisca violenza, scomparsa, morte.
Ma tutto questo già lo sapete. Basta aver vissuto qui, in queste terre e sotto questi cieli, un po’, non molto, diciamo tra i primi mesi di vita e meno di 5 anni, che è l’età delle bambine e dei bambini uccisi nell’asilo nido ABC di Hermosillo, Sonora, Messico, il 5 giugno 2009, quasi sette anni fa.
Che crimine avevano commesso questi bambini? Sono state vittime della sfortuna, di un oscuro disegno divino, del caso? O sono stati e sono vittime di una classe politica che si permette di tutto (come ad esempio il fatto che una delle persone coinvolte – e non indagate -, sia candidata alla presidenza del Messico per il Partito di Azione Nazionale)?
Così il luogo potrebbe essere Sonora dove, però, la criminalità e la spudoratezza non riescono a sconfiggere le famiglie dei bimbi dell’asilo nido “ABC”.
Oppure potrebbe essere lo Stato messicano, dove si vuole distruggere il popolo Ñatho di San Francisco Xochicuautla seppellendolo sotto una delle strade del grande capitale. Il suo crimine? Difendere le foreste. Tuttavia, gli abitanti continuano a resistere sulle macerie delle loro case.
Oppure potrebbe essere Oaxaca, nella comunità Binizza di Álvaro Obregón a Juchitán, dove la popolazione è stata attaccata a colpi di pistola dai paramilitari del Partito di Azione Nazionale e del Partito della Rivoluzione Democratica. Qual è la sua colpa? Opporsi alla privatizzazione del vento che, con i cosiddetti “parchi eolici”, il grande capitale impone sull’Istmo.

lunedì 30 maggio 2016

Turchia - Continua la costruzione del “muro della vergogna” al confine con il Rojava

Lo Stato turco continua la sua ostilità verso i curdi anche di fronte alla rivoluzione del Rojava. In modo analogo a Israele sono iniziati a sorgere “muri della vergogna” lungo il confine turco che dividono i curdi sui due lati. Lo Stato sta cercando di dividere i curdi con fossati aggiunti ai muri di cemento costruiti nel 2014.
Le lastre di cemento dei “muri della vergogna” vengono prodotti in massa nel distretto di Mardin di Kızıltepe. Le lastre vengono prodotte in un luogo vicino alla fabbrica di mattoni oltre l’aeroporto e trasportati al confine con camion privi di contrassegno.
Le lastre vengono trasportate al confine con il Rojava via İpekyolu e posizionati vicino ai fossati. La gente sta protestando ma il governo continua a costruire il muro alto 3 metri, con muri spessi 2,5 metri.
Intanto rapporti riferiscono che un muro sarebbe in costruzione sula strada tra i distretti di Artuklu Kızıltepe.
tratto da UIKI

venerdì 27 maggio 2016

Turchia - Alla deriva verso un fascismo postmoderno

Intervista a Faysal Sariyildiz, parlamentare HDP per il distretto di Cizre/Şirnak. In Europa per raccontare il massacro compiuto dall'esercito turco nella città di Cizre. A rischio arresto dopo la revoca dell'immunità parlamentare.
di Giansandro Merli
La revoca dell'immunità ai parlamentari colpirà esponenti di tutti i partiti politici. L'AKP di Erdogan, come l'HDP dei curdi, fino ai nazionalisti del MHP e ai kemalisti del CHP hanno diversi esponenti sotto inchiesta. Perché dite che si tratta di una misura per far fuori le opposizioni, e in particolare quella curda?
Questa misura è contro le opposizioni e soprattutto contro l'HDP perché nonostante l'immunità viene revocata a tutti i parlamentari, non tutti saranno trattati allo stesso modo o arrestati. Si tratta di una decisione per far arrestare i deputati curdi e per cancellare l'area politica dell'HDP. In Turchia non esiste una magistratura indipendente. I giudici sono subalterni ad Erdogan. Pensate che quando abbiamo raccolto i cadaveri a Cizre, alcuni esponenti della magistratura hanno detto che quei corpi non erano umani, ma erano corpi di animali. L'immunità è stata revocata per eliminare l'HDP e imprigionare tutti i deputati che cercano di lavorare per la democrazia. Hanno già iniziato ad aprire i processi contro di noi, accusandoci di essere parte di un'organizzazione terroristica [il Partito dei Lavoratori del Kurdistan, PKK, n.d.r.]. In questo momento, stanno attaccando, anche militarmente, tutte le forze democratiche e i singoli deputati. Tribunali, polizia e AKP collaborano per farci fuori dal Parlamento.
C'è differenza tra le accuse penali rivolte ai parlamentari dell'HDP e quelle che riguardano gli esponenti delle altre forze politiche?
Sì, le indagini contro di noi riguardano interventi in pubblico e dichiarazioni politiche. Ci accusano di fare propaganda per un'organizzazione terroristica. Si tratta quasi esclusivamente di reati d'opinione. A parte il mio caso, che è un'eccezione. Io sono accusato di aver fatto entrare delle armi nella città di Cizre, durante l'assedio, nascondendole all'interno di una bara. Perfino la stampa ha negato questa accusa: ci sono foto che dimostrano che trasportavo un cadavere, ma senza alcuna bara. Per tre mesi sono stato l'unico deputato a poter entrare nella città. In quel periodo, sono successe cose orrende. Una volta sono stati uccisi tre anziani e quando hanno portato i loro corpi all'obitorio gli hanno messo delle pistole nelle mani, sostenendo che fossero terroristi.
Per quanto riguarda le inchieste contro i parlamentari dell'AKP, si tratta principalmente di accuse di corruzione (corruzione che riguarda anche dei ministri). Gli esponenti del CHP, invece, sono accusati per la maggior parte di reati connessi all'oltraggio verso il Presidente della Repubblica. Anche per quanto riguarda i numeri ci sono grandi differenze. Il CHP ha 51 parlamentari indagati in 179 processi. L'AKP, 27 parlamentari in 46 processi. L'MHP, 7 parlamentari in 17 cause. L'HDP, 49 parlamentari in 354 processi. Anzi, scusate... proprio mentre parlavo i parlamentari sotto indagine sono diventati 53. Su 59 presenti in Parlamento.
Perché alcuni parlamentari del CHP hanno votato a favore di questa riforma?
Quello che abbiamo letto sulla stampa è che i militari hanno esercitato forti pressioni sul partito, partecipando anche a una riunione del comitato centrale. Non tutto il partito ha votato a favore della revoca dell'immunità, ma solo il suo esecutivo. Ritengono l'HDP un pericolo e vogliono “proteggere lo Stato”, anche sostenendo Erdogan. Hanno detto sin dall'inizio che avrebbero votato per la revoca, nonostante questa misura contraddica il dettato costituzionale. Ormai la popolazione turca sta scivolando rapidamente verso uno sciovinismo sempre più estremo, per cui nessun partito si assume la responsabilità di proteggere l'HDP. E non dimentichiamo che il CHP è una formazione politica fortemente inserita all'interno degli apparati dello Stato turco. È una vergogna che questa organizzazione sia ancora membro del Partito Socialista Europeo! [di cui fa parte il PD e, per la Turchia, lo stesso HDP, n.d.r.].
Quale sarà la risposta dell'HDP e del movimento curdo nel caso in cui i parlamentari vengano arrestati?
Non è ancora stato deciso. Noi vogliamo condurre una lotta democratica e politica all'interno della Turchia. Ma ovviamente ci sono delle variabili. Il nostro co-presidente ha detto che se questa misura verrà portata fino in fondo, come partito saremo rispettosi delle decisioni del popolo. Ci saranno assemblee regionali per scegliere le forme di lotta. Anche perché la situazione nel Kurdistan turco continua ad essere molto tesa. A Şirnak ci sono scontri continui e l'esercito turco sta subendo molte perdite. Nonostante non vogliano ammetterlo e per non far crollare il morale dei soldati nascondano perfino i corpi dei militari caduti.
La revoca dell'immunità ha provocato alcune reazioni a livello internazionale. Il Presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz ha condannato questa decisione. Mentre Angela Merkel ha minacciato di fermare la liberalizzazione dei visti se la Turchia non rispetta la democrazia, cioè «un sistema che si basa su una magistratura indipendente, una stampa indipendente e un parlamento forte». Tre pilastri già abbondantemente crollati nel paese di Erdogan. Dopo tutto quello che è accaduto in questi mesi, l'accordo sui rifugiati, il silenzio sul massacro di Cizre, secondo l'HDP il processo di integrazione europea può ancora essere un fattore di democratizzazione dello Stato turco oppure no?
L'Europa ha i suoi principi e noi crediamo che possa spingere la Turchia verso una democratizzazione dello Stato. Con questo obiettivo, abbiamo sempre sostenuto il fatto che l'applicazione dei principali protocolli internazionali sui diritti umani fosse prerogativa per l'ingresso nell'UE. E questo sarebbe un bene, perché tutti sappiamo che la Turchia vive una pericolosa deriva verso una forma di fascismo postmoderno. In queste settimane ho girato tanto in Europa e ho incontrato esponenti di numerosi partiti: tutti sanno bene che Erdogan ha costruito un governo autoritario e fascista. Il problema è che continuano a perseguire un pragmatismo miope. E questa miopia diventa ancora più grave nel momento in cui la Turchia affonda a causa dell'autoritarismo di Erdogan. Se non cambia la prospettiva, l'Europa rischia di subire conseguenze molto pesanti: Erdogan sta usando tutte le armi a sua disposizione, dal sostegno a Daesh ai flussi migratori provenienti dalla Siria. La realpolitik europea fa finta di non vedere chi ha mandato camion pieni di armi ai terroristi di Daesh (fatto documentato da foto e articoli di giornalisti turchi) o chi è responsabile della produzione di flussi migratori dalla Siria e all'interno della stessa Turchia. Inoltre, le politiche europee di sostegno a Erdogan stanno fomentando le diverse forze fasciste della società turca. In questi giorni, si parla molto del genocidio degli armeni, della loro deportazione in massa. Oggi in Turchia c'è chi chiede le stesse misure nei confronti dei curdi. Lotteremo e resisteremo affinché al popolo curdo non tocchi la stessa sorte.


Tratto da Dinamo
Quest'intervista è stata pubblicata in forma più breve su Il Manifesto del 27/05/2016, a pag. 8., con il titolo «L’Ue chiude gli occhi sullo sciovinismo turco».

giovedì 26 maggio 2016

Kurdistan - Lo Stato turco sta per compiere un massacro a Nusaybin

La guerra sporca e genocida dello Stato turco contro il popolo curdo si sta intensificando ogni giorno. Secondo le ultime notizie che abbiamo ricevuto dalla città di Nusaybin a Mardin, decine di civili sono stati gravemente feriti dal fuoco di carri armati turchi. Non viene consentita l’assistenza medica per soccorrere i feriti e le loro postazioni sono ancora sotto il bombardamento dell’esercito turco. Oltre 35 civili, di cui alcuni in modo grave, sono intrappolati e se i soccorsi non li raggiungeranno presto, saranno massacrati.
Secondo una dichiarazione della Associazione per i Diritti Umani (IHD), se non viene aperto un corridoio umanitario, un orribile massacro è più che probabile. Hanno chiesto l’apertura urgente di un corridoio per evacuare i civili dall’area colpita. Il parlamentare dell’HDP Ali Atalan ha detto che la gioventù curda resistente (YPS) a Nusaybin si è ritirata dalla città e che sono rimasti solo civili. Inoltre organizzazioni curde e l’Iniziativa del Popolo Curdo hanno fatto appelli alle istituzioni internazionali perché intervengano e fermino lo Stato turco per salvare le vite di molti civili sui quali incombe la minaccia di un massacro.
Il governo dell’AKP e lo Stato turco stanno cercando di massacrare civili in particolare nell’area di ‘Alika’ di Nusaybin usando le capacità militari a sua disposizione, compresi i jet da combattimento. L’AKP e lo Stato turco hanno già commesso orrendi massacre a Cizre, Sirnak, Sur, Silopi e Yuksekova sotto gli occhi e nel silenzio del mondo. L’AKP, incoraggiato dal silenzio del mondo nelle precedenti occasioni, sta per commettere un massacro simile a Nusaybin.
Fermare il fascismo dell’AKP significa salvare le vite di molti civili innocenti. Chiediamo in particolare alle forze democratiche del mondo, alle organizzazioni della società civile, Amnesty International, HWR, all’ONU,all’UE, al Parlamento e al Consiglio Europeo di muoversi per impedire un massacro a Nusaybin.
Chiediamo a queste istituzioni di compiere azioni immediate contro la Turchia, di fare dichiarazioni urgenti e di inviare delegazioni nell’area colpita.
Ufficio di Informazione del Kurdistan in Italia

mercoledì 25 maggio 2016

Messico - “Se avessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello che esiste ora”



Dettagli su questa intervista

Una volta fermi presso il luogo pattuito, dallo specchietto retrovisore del nostro furgoncino arrivò un uccellino simile a un passero, che iniziò a beccare metodicamente contro il vetro. A volte riposava qualche minuto di fronte, guardandosi da diverse angolature, e con rinnovata energia si lanciava al combattimento contro il proprio riflesso. E ricordai anche quando, circa 15 anni fa, negli stessi luoghi, iniziammo a vedere all'aria aperta il documentario «Caminantes», quello in cui Marcos faceva il gesto di togliere il passamontagna e dalla foresta irrompeva un’enorme farfalla che si posava sul suo viso nello schermo, coprendolo per intero. A volte gli zapatisti, che non hanno segreti in fatto di vita politica aperta, giungono a una sorta di trattato segreto con la natura locale.

Ci troviamo in Chiapas, in attesa dell’intervista con uno degli zapatisti che ha accettato di riceverci. Non sapevamo ancora che quel qualcuno sarebbe stato il vicecomandante dei ribelli Moisés, autorità militare e portavoce dell’EZLN (Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale) che, nel maggio 2014, aveva rimpiazzato il vicecomandante Marcos, e noi, un gruppo di artisti russi di San Pietroburgo del collettivo politico culturale Chto Delat ed io, a metà tra un traduttore e una guida priva di certificazione dai mondi sociali d’America. 

L’obiettivo del viaggio era conoscere i territori ribelli, le realtà e gli obiettivi raggiunti da parte degli zapatisti a 22 anni dalla loro apparizione pubblica.

Cercavamo qualcosa che, secondo quanto diceva un giovane zapatista francese del secolo scorso, noto come il Principito, non può essere visto con le pupille. Cercavamo di rivendicare il senso di tanti tentativi e fallimenti della nostra storia, russa, ucraina, sovietica, in questi tempi pieni di confusione generalizzata, o qualcosa talmente assurda come le radici della speranza europea in terra americana. Non saprei dare una definizione esatta. Ricordo soltanto che i testi zapatisti giunti in Russia più di 15 anni or sono, inquietarono e risvegliarono migliaia di persone della nostra generazione.

Se una volta qualcuno mi avesse detto che la sua voce era la voce dei suoi compagni, non avrei dubitato di trovarmi di fronte a un pazzo o a un eccentrico e avrei di certo risposto con una battuta di pessimo gusto. Ma quando, terminata la riunione, il vicecomandante Moisés pronunciò questa frase, sentii subito un formicolio alla schiena e un groppo in gola. Mai prima d’ora avevo immaginato che una cosa simile potesse essere vera, senza metafore, né  esagerazioni. Cioè, lo immaginavo sì, ma in modo molto teorico, in quanto la presenza dal vivo, vicina e tangibile, di verità come queste, è qualcosa di molto diverso.

Esistono molte interviste di Marcos e poche di Moisés. Sebbene nutra per il primo una profonda ammirazione, mi è sembrato più interessante condividere col secondo per osservare come, dalla tappa romantica e letteraria, lo zapatismo discenda verso pratiche magari meno vistose ma, senz'ombra di dubbio, molto più solide e profonde….senza scordare che all'interno dello zapatismo le ascese e discese di solito coincidono.

Questa volta ho sentito che, senza essere distratti dalla buona letteratura, è stato possibile sentire meglio il cuore contadino indigeno comunitario dello zapatismo. In tal senso, il viaggio nel Chiapas, più che un’esperienza politica o intellettuale, è stata una scoperta che si avvicinava al mistico spirituale, qualcosa che ci connette alla parte più profonda del nostro essere.

Quando si entra in una delle case di una delle Giunte del Buon Governo, decorata con murales sulla rivoluzione, in cui improvvisamente nella penombra ci si trova davanti a circa sei persone con indosso un passamontagna, la maggior parte delle quali quasi adolescenti e donne, e si ascolta come tutti parlino molto lentamente, scegliendo con cura e affetto le parole e le idee, si percepirà qualcosa di molto speciale: qualcosa come il sentimento che irrompe dolcemente quando ammiriamo per la prima volta il mare o le montagne. 

Successivamente conviene rilassarsi, arrendersi e dimenticare che si indossa un orologio, dato che tutte le decisioni e i procedimenti zapatisti sono estremamente lenti, richiedono decisioni collettive, che presuppongono a loro volta riflessioni individuali che prendono corpo senza alcuna fretta. Le autorità della Giunta chiederanno scusa per l’attesa e nelle rughe degli occhi indigeni che inevitabilmente si formeranno, di certo si scorgerà un sorriso dietro il passamontagna.

Tale materiale è una sintesi del colloquio avuto col vicecomandante Moisés e durato un’ora e mezza. Termino aggiungendo che tale riunione, a parte costituire un grande onore, è stata anche allegra e ringraziamo i nostri amici messicani per averla resa possibile.

E, come si dice, cercheremo di non deludere la loro fiducia e generosità.

Passaggi della conversazione ¹

Vicecomandante Moisés: Ciò che posso condividere con lei non è ciò che facciamo come truppe ribelli, bensì la pratica da parte dei nostri compagni, compagne e delle nostre basi d’appoggio dopo 22 anni, quando cioè abbiamo deciso di uscire allo scoperto. E’ di questo che voglio parlare. Non sono i nostri traguardi come truppe, come ribelli, ma gli obiettivi raggiunti dai nostri popoli.

Quanto ci definiamo comuni autonomi ribelli zapatisti, è proprio lì il luogo in cui i compagni dicono: governeremo noi stessi. I compagni, le compagne, hanno vinto molte cose, perchè non sanno ne leggere ne scrivere e non possono parlare spagnolo. Ma loro hanno detto: sappiamo come volere giustizia, come debba essere un buon governo; non dipende dalla capacità di leggere ne scrivere o saper bene lo spagnolo. E allora, entrano nella resistenza. 

Dato che desiderano un governo a cui stia a cuore il popolo, allora come governo parliamo nella nostra lingua. Perché qui esistono tante lingue: il tzeltal, lo tzotzil, il tojolabal, il chol, lo zoque, il mame e altri che parlano spagnolo. Così hanno dovuto respingere quei pregiudizi che non fanno parte degli zapatisti: ad esempio, se lui è tzeltalero e un’altra è tzeltalerama non zapatista, allora lei dice che lui non sa governare, che lo conosce, che è figlio di tal dei tali, che è un ignorante; scherzi di questo tipo. Anni dopo, chi ha fatto lo scherzo, va lì a chiedere giustizia.

Il mal governo, vale a dire il sistema, il cattivo sistema, controlla proprio questo, manipola la gente, affinché si metta contro di noi. Ad esempio genera problemi, vogliono abbandonare la terra recuperata, quella che avevamo recuperato nel 94, perché abbiamo recuperato migliaia di ettari.

Poi un’altro tipo di resistenza è quella dei bombardamenti politici nei mass media, fino al punto che, ad esempio, secondo i mass media, i comandanti sono dei venduti o che il comando generale ha abbandonato l’EZLN o che si azzuffa col popolo, fino a creare guerre psicologiche nei mass media. Ad esempio dicono che il defunto Marcos abbia abbandonato i popoli zapatisti e che ora faccia il turista in Europa. La quantità di cose che dicono è tale e i compagni così creduloni, che arrivano al punto di demoralizzarsi. I compagni hanno dovuto resistere alle provocazioni dell’esercito e della polizia, che vuole che li uccidiamo affinché siano loro a ucciderci a loro volta. Ma ciò di cui si sono resi conto i compagni dei villaggi è il nostro desiderio di cambiamento e quindi il cambiamento si fa mediante la lotta politica pacifica, ribelle e di resistenza.

Esiste un nuovo sistema governativo dei compagni, in cui essi, migliaia di zapatisti, uomini e donne, comandano e il governo ubbidisce; tutto ciò è stato ottenuto con la lotta di resistenza e di ribellione, 22 anni fa; se avessimo avuto 22 anni di conflitti armati, non avremmo costruito quello che esiste ora. I popoli sono coloro che vigilano sul governo, dimostrando che noi popoli, anche senza saper leggere o scrivere, siamo in grado di governare. Un governo attento al popolo, possiamo ora dire chiaramente a tutti i governi capitalisti del mondo, non necessita dell’istruzione di Harvard o cose così. Perché quelli che sanno sono i popoli sfruttati.

Ma i compagni e le compagne dicono: bisogna saper usare la rabbia, vale a dire il coraggio. Le compagne dicono che tale rabbia dev'essere degna, cioè bisogna studiare quando è necessario uccidere o morire e quando no. Ad esempio questi 22 anni.

Come dicono i compagni e le compagne, sappiamo che il governo non ci lascerà stare, ma quello che stiamo dimostrando è ciò che vogliamo, non stiamo peggiorando il mondo che vogliamo, stiamo dicendo che il popolo deve governare. Le compagne e i compagni dicono: “la politica è del popolo, l’ideologia è del popolo, l’economia è del popolo, è il popolo che deve pianificare la cultura di cui ha bisogno, è il popolo stesso, non solo un gruppo di ministri. Quindi ora i compagni, nel loro nuovo sistema di governo, hanno un mutuo rispetto perché i governi o le autorità, come diciamo noi, hanno anche l’obbligo di proporre d’accordo a ciò che vedono, proprio perché governano. Ma non lo possono dire, c’è un’assemblea, ad esempio quella che ci sarà proprio ora, ci sono qui migliaia di compagni. 

Quindi è lì che l’autorità propone. Ci sono cose che l’assemblea delle autorità può decidere e cose che non può, in quel caso deve andare a consultare le migliaia, i popoli, vale a dire che i passi sono lenti, ma è una decisione del popolo. Dunque affinché non ci sia disaccordo e le compagne e i compagni si scambino mutuamente consigli, si dice per esempio che se l’autorità dorme, il popolo sveglia. Se il popolo è quello che dorme, il governo autonomo è quello che sveglia.

Si è seminato in profondità il significato della democrazia perché tutto viene discusso, opinato, proposto, studiato, analizzato e deciso dal popolo, donne e uomini. Non c’è cosa che si faccia che non sia compresa dalla gente.

I compagni e le compagne non ricevono nulla dal cattivo governo, niente, ma nemmeno danno nulla al governo, cioè non pagano le tasse, ne la luce, ne l’acqua, ne la terra; quindi ciò che fanno, qualunque necessità abbiano, devono lavorare insieme la terra per ottenere da lì le risorse, o per costruire scuole, ospedali, tutto il necessario. Un’altra cosa che i compagni e le compagne hanno imparato è che ci sono compagni, compagne, fratelli, sorelle solidali, dunque quello che fanno è non sprecare più le risorse, con esse creano qualcosa, perché sappiamo che si può solo una volta, due volte, tre volte. Poi non si può più. 
Per questo i compagni, posso dire, lo riproducono, e un’altra delle cose che hanno e abbiamo, lo vedono e lo dicono, è una piccola libertà e una piccola indipendenza, ma la migliore, perché è il popolo che decide, non un gruppo. Insieme al loro governo e al popolo. 

E’ lì che i compagni dicono: qui in questa terra di lotta, mandiamo al diavolo il governo. Non so come si traduce questo.


Vicecomandante Moisés: Così dicono i compagni, perché lo hanno fatto proprio. Ed è questo, ciò che manda su tutte le furie il sistema. Perché, con i compagni, il governo non entra proprio.

Le compagne sono le migliori ad amministrare le risorse, meglio degli uomini, noi siamo più spendaccioni, in verità. Quindi questo collettivo di donne aiuta altre donne di altri villaggi, ovvero, se ci sono 40 vacche ne danno 20 a un altro villaggio e quando le 20 vacche crescono, dieci rimangono a quel villaggio e dieci a quello che le ha date, così si vanno appoggiando l’un l’altro. Così si sono appoggiati da un comune autonomo all'altro. Ora la situazione è che chi dà lavoro, chi sa organizzare il lavoro, sono le nostre compagne, danno il lavoro agli uomini.

Prima le nostre compagne mogli non ne avevano la possibilità, ora sono promotrici dell’educazione, della salute, sono consigli dei MAREZ, dei comuni autonomi, sono autorità del popolo, che chiamiamo comisariadas o agentas, sono membri della Giunta del Buon Governo, sono annunciatrici radiofoniche, lavorano nei laboratori sanitari, stanno imparando a fare le chirurghe. Dunque ora le compagne stanno in un sacco di cose.

Il grande cambiamento che hanno visto è che ribelli e comandanti hanno capito, amano il popolo, perché noi non vogliamo essere governo e ci hanno convinto, perché ciò che dicono i popoli è la verità. Poi, va bene, siamo rivoluzionari, ribelli, ma quelli che affrontano tutto giorno e notte, giorno dopo giorno, sono i popoli e, pertanto, sanno di più.

La sorpresa che c’è è che quando i giovani e le giovani ottengono la libertà, ad esempio, vogliono imparare molte cose, solo che in questo momento non abbiamo possibilità, tuttavia hanno in animo di migliorare quello che stanno facendo. Per esempio: parlano di come hanno vissuto i loro bisnonni e i loro nonni, che non hanno mai preso medicine, vivevano con le piante medicinali. Quindi loro, i giovani e le giovani, adesso dicono che hanno bisogno di studiare la proprietà della tale pianta, stanno già parlando di, com'è che si dice, chimica, biologia e cose così, laboratori, dove li troviamo? Certo è una difficoltà che abbiamo proprio adesso, ma dovremo risolverla, vai a sapere come.

Un’altra sorpresa che ci hanno fatto i compagni è questa, come loro vedono le cose, come le comprendono, il capitalismo vuole che regni il denaro? – dicono – cioè se non hai denaro non puoi avere nulla? Quindi parlano di come vivevano i nostri bisnonni, perché prima il denaro non esisteva, e cominciano a investigare, viene fuori che facevano scambi, si prestavano cose, allora dicono che questo va riscattato. Stiamo dicendo ora che il denaro non serve, ma oggi sì serve, fanno esempi nel sistema in cui stiamo, i dannati medici così dicono. Quando ti fanno un’operazione non accettano una tonnellata di mais o di fagioli, chi paga, soldi. Allora sì, dobbiamo lavorare per avere denaro per queste necessità, ma per molte cose no. Sono cose così che i compagni vanno riscattando dalle loro culture. Una grande sorpresa che abbiamo avuto è che questa autonomia di cui parliamo, cioè che il popolo comanda e il governo ubbidisce, non viene da manuali, da libri, ne da documentari, perché è davvero il popolo che comanda, sono loro che hanno inventato, creato, immaginato, uomini e donne, e migliaia. Questo ci ha davvero sorpreso.

Voi come intendete il progresso?
Un esempio molto semplice, ci sono migliaia di ettari che erano per le mandrie dei latifondisti, ora quelle migliaia di ettari di terra sono alimento del popolo. Questo è un progresso. Così deve essere, per la vita, di generazione in generazione. Quindi così è tutto il resto. E’ sempre il popolo che deve decidere: questo per noi è un progresso.

Le vostre nuove iniziative rappresentano una nuova tappa, parlando delle iniziative di CompArte e del resto. Si tratta di una nuova tappa della lotta zapatista?
Sì. Sì perché vediamo che il sistema ora non ha salvezza, e gli unici che possono dare salvezza sono i popoli indigeni, la scienza e l’arte. Questi tre elementi devono mettersi insieme. Perché possiamo cantare del nuovo mondo che vogliamo, ma che fai se lo canti soltanto? Devi arrischiarti a costruirlo. A questo stiamo chiamando: per pensarlo, discuterlo, analizzarlo, studiarlo e poi deciderlo.

Se l’umanità sopravvive, come sarà l’uomo di domani?
Il popolo povero non si sbaglia, sarà il meglio. Il popolo, non i leader.

Che significa essere zapatista, senza essere indigeno e vivendo lontano dal Chiapas?
Lottare senza arrendersi, senza vendersi, ne tirarsi indietro, in ogni modo bisogna liberare questo mondo. Questo è essere zapatista, chiedendo sempre qual è il pensiero della gente. Se smettiamo di chiedere al popolo, è lì che ricomincia l’errore. Sempre al popolo, anche se il popolo si sbaglia, è il popolo che deve di nuovo correggere. Per questo siamo leader zapatisti, se noi ci sbagliamo la gente paga. E’ corretto? E’ corretto che noi sbagliamo e la gente paghi? Quindi bisogna chiedere al popolo e fare quello che dice il popolo. Attraverso la mia voce parla la voce dei compagni. Ho parlato di ciò che stanno facendo i compagni e le compagne.

Messico, Chiapas, 23 aprile 2016

¹Tra il portavoce dell’EZLN vicecomandante dei ribelli Moisés, il collettivo artistico sociale Chto Delat (San Pietroburgo, Russia) e il giornalista Oleg Yasinsky (Ucraina).

tratto da Pressenza

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!