sabato 12 giugno 2021

ISOLE AZZORRE, PORTOGALLO, EUROPA

 

ISOLE AZZORRE, PORTOGALLO, EUROPA

11 giugno 2021

(Nota: calendario e tempo nella geografia del Messico).

Con il suo faccino incipriato, rinnovato e il ponte pulito, risistemate le vele – dopo aver lasciato Cienfuegos, Cuba – il 16 maggio La Montaña si è diretta ad Oriente. Ha costeggiato la spiaggia di Las Coloradas e, con la Sierra Maestra alla sua sinistra, è stata nuovamente accompagnata dai delfini convocati da Durito Stahlkäfer, che ha imprecato quando sono passati davanti all’aberrazione statunitense di Guantanamo. Di fronte ad Haiti le balene hanno salutato il suo passaggio e Durito e il Gatto-Cane sono sbarcati sull’isola di Tortuga adducendo qualcosa su un tesoro sepolto… o da seppellire. A supporto della squadra di supporto, Lupita, Ximena e Bernal hanno vomitato fraternamente, anche se credo avrebbero preferito supportare in altro modo. A Punta Rucia, Repubblica Dominicana, La Montaña si è tenuta a riposo e cauta a causa dei forti venti contrari. Il 24 maggio, all’alba e a vele spiegate (“per non spaventare il vento”, ha detto il capitano Ludwig), La Montaña si è diretta a nord. Ora sono state le orche a salutare La Montaña che lasciava le acque dei Caraibi. Tra il 25 e il 26 maggio, la nave schizofrenica – lei crede di essere una montagna – ha aggirato le Bahamas e il 27 si è diretta a Nordest, in mare aperto, Duc in Altum.

Il 4 giugno, superato il cosiddetto Triangolo delle Bermude, l’imbarcazione e il suo prezioso equipaggio si sono rivolti al sole che si affacciava ad oriente. Tra il 5 e il 9 giugno hanno navigato dove la leggenda colloca la superba Atlantide.

Sarebbero state le 22:10:15 del 10 giugno quando, tra le nebbie dell’alba europea, dalla coffa de La Montaña si riusciva ad intravedere la montagna sorella, Cabeço Gordo, sull’isola di Faial nell’arcipelago delle Azzorre, regione autonoma della geografia chiamata Portogallo, in Europa.

Sarebbero state le 02:30:45 dell’11 giugno quando la vista, “a due passi”, delle rive del porto di Horta ha inumidito gli occhi della nave e dell’equipaggio. Sulle montagne delle Azzorre erano le 07:30 del mattino di questo giorno. Sarebbero state le 03:45:13 quando una lancia dell’autorità portuale di Horta si è avvicinata a La Montaña per indicare dove avrebbe dovuto ancorare. Sarebbero state le 04:15:33 quando la nave avrebbe gettato l’ancora davanti alle altre montagne. Sarebbero state le 08:23:54 quando la barca della Capitaneria di Porto ha prelevato l’equipaggio da La Montaña per portarlo a terra per il test molecolare Covid (PRC), riportandolo poi sulla nave in attesa dei risultati. In ogni momento “l’Autorità Marittima” nel porto di Horta si è comportata con cortesia e rispetto.

L’equipaggio, passeggeri compresi, gode di ottima salute, “animato e felice, senza litigi, pettegolezzi o risse. (Nello Squadrone 421) si prendono cura l’un@ dell’altr@”.

È ora di informare chi altro, a parte l’equipaggio della Stahlratte e dello Squadrone zapatista 421, ha navigato in questo tratto. Per documentare il viaggio via mare ci sono María Secco, cineasta-fotografa indipendente, e Diego Enrique Osorno, reporter indipendente. Come squadra di supporto della delegazione zapatista c’è Javier Elorriaga.

Secondo gli usi e costumi zapatisti, queste 3 persone hanno dovuto, oltre a coprire le loro spese, presentare l’autorizzazione scritta delle loro famiglie, partner e prole. I documenti sono stati consegnati al Subcomandante Insurgente Moisés. Mogli, mariti, madri, figli e figlie hanno scritto e firmato le autorizzazioni di proprio pugno. Ho dovuto leggerle. C’è di tutto, dalle riflessioni filosofiche ai disegni dei bambini, alla richiesta precisa di una bimba di portarle una balena. Nessuno ha chiesto scarabei o cani-gatto, il che non so se sia un affronto o un sollievo. Nelle lettere infantili si scorge l’orgoglio che il padre o la madre dipendessero da un loro permesso (il classico zapatista: “le anatre sparano ai fucili”). Immagino che avrete l’opportunità di conoscere gli sguardi di María e Diego, i loro aneddoti, le riflessioni e l’apprezzamento del loro essere “in prima fila” (entrambi fanno cinema) in questo delirio. Altri sguardi sono sempre i benvenuti e rigeneranti.

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Quando la notizia si è diffusa nelle montagne del Sudest Messicano, le comunità zapatiste hanno inviato un messaggio all'equipaggio della Stahlratte, attraverso il loro capitano: “Grazie, siete fantastici”. Stanno ancora cercando di tradurlo in tedesco.

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Riflessione: il motto delle Azzorre è “Antes morrer livres que em paz sujeitos” (Meglio morire liberi che oppressi in pace).

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In lontananza, ad oriente, le colonne d’Ercole – che un tempo erano il limite del mondo conosciuto – guardavano stupite una montagna che arriva da occidente.

In fede.

SupGaleano.
11 giugno 2021

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale: https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/06/11/islas-azores-portugal-europa/

Video: https://vimeo.com/embed-redirect/561981756

venerdì 14 maggio 2021

Messico - Europa - Delfini!

Delfini!

Maggio 2021

Sono stati momenti drammatici. Messo alle strette, tra il cordame e il parapetto, il piccolo insetto minacciava l’equipaggio con la sua lancia, mentre con la coda dell’occhio osservava il mare agitato, dove un Kraken, della specie “kraken scarabeo” – specialista nel mangiare coleotteri – era in agguato. Quindi, l’intrepido clandestino si è fatto coraggio, ha sollevato al cielo le sue molteplici braccia e la sua voce ha ruggito, sovrastando il rumore delle onde che si infrangevano sullo scafo de La Montaña:

Ich bin der Stahlkäfer, der Größte, der Beste! Beachtung! Hör auf meine Worte! (Io sono lo scarabeo d’acciaio, il più grande, il migliore. Attenzione! Ascoltate le mie parole!)

L’equipaggio si è fermato di colpo. Non perché un insetto schizofrenico li avesse sfidati con uno stuzzicadenti e un tappo di plastica. Né perché parlava loro in tedesco. Ma perché sentendo la loro lingua madre, dopo anni a sentire solo dello spagnolo costiero tropicale, li ha trasportati nella loro terra come per un raro incantesimo.

Gabriela avrebbe poi affermato che il tedesco dell’insetto era più vicino al tedesco di un migrante iraniano che al Faust di Goethe. Il capitano ha difeso il clandestino, sostenendo che il suo tedesco era perfettamente comprensibile. E, siccome dove comanda il capitano non governa Gabriela, Ete e Karl hanno approvato, ed Edwin, sebbene avesse capito solo la parola “cumbia”, è stato d’accordo. Quindi quello che vi sto narrando è la versione dell’insetto tradotta dal tedesco:

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“L’esitazione dei miei aggressori mi ha dato il tempo di rifare la mia strategia difensiva, ricomporre la mia armatura (perché una cosa è morire in un combattimento impari e un’altra è farlo in disordine) e lanciare la mia controffensiva: una storia…

Qualche luna fa, sulle montagne del Sudest Messicano. Chi lì vive e lotta ha lanciato una nuova sfida per se stesso. Ma in quei momenti vivevano nell'ansia e nello sconforto perché non disponevano di un veicolo per la loro traversata. Così è stato fino a quando io, il grande, l’ineffabile, l’eccetera, Don Durito de La Lacandona A.C. de C.V. de (i)R. (i)L. sono arrivato in quelle montagne (le sigle, come tutti sanno, significano “Cavaliere Errante di Versatile Cavalcatura di Irresponsabilità Illimitata”). Non appena si è sparsa la voce del mio arrivo, una moltitudine di giovani donne, bambini di tutte le età e persino donne anziane, sono corse, vocianti e veloci, ad acclamarmi. Ma ho resistito e non ho ceduto alla vanagloria. Poi sono andato nelle stanze della persona incaricata della sfortunata spedizione. Per un attimo sono rimasto confuso: il naso impertinente di colui che faceva e rifaceva i conti impossibili per sostenere le spese della spedizione punitiva contro l’Europa, mi ricordava quel capitano che poi sarebbe stato noto come il SupMarcos, che ho guidato per anni e che ho educato con la mia saggezza. Ma no, anche se simile, chi si fa chiamare SupGaleano ha ancora molto da imparare da me, il più grande dei cavalieri erranti.

Alla fine, non avevano un’imbarcazione. Quando ho messo la mia nave a disposizione di quegli esseri, il suddetto Sup, sarcasticamente mi ha risposto: “ma lì c’è posto solo per uno, e deve anche essere molto piccolo, ed è… una scatola di sardine!”, così riferendosi alla mia fregata, il cui nome, “Pon tus barbas a remojar” [proverbio popolare: Impara dagli errori degli altri – N.d.T.] era inciso a babordo, all'altezza della prua. Ho ignorato tanta impertinenza e, camminando tra la folla che anelava un mio sguardo, almeno una parola, mi sono diretto verso l’isola “Senza nome” scoperta da chi questo narra nel 1999. Ed ora sì, sulla sommità della sua coffa alberata, ho aspettato pazientemente l’alba.

Ho quindi maledetto l’inferno, evocato dee da tutte le latitudini chiamando la più potente tra loro: la strega scarlatta. Lei, la disprezzata dagli altri dei, dediti al machismo fanfarone e da spettacolo. Lei, scacciata dalle altre dee, dedite alla falsa bellezza di belletti e cosmetici. Lei, la strega scarlatta, la strega mayorOh, die scharlachrote Hexe! Oh, die ältere Hexe!

Sapendo che le possibilità per questi strani esseri, che si fanno chiamare zapatisti, di ottenere una barca dignitosa erano esigue, sapevo bene che solo il più potente dei poteri magici poteva tirarli fuori dai guai e mantenere la parola data. Ergo, ho chiamato la strega mayor, quella con le vesti purpuree, che può alterare la possibilità che qualcosa accada. Lei ha fatto conti su conti ed è arrivata alla conclusione che, in effetti, la probabilità di recuperare un’imbarcazione era quasi zero. Così ha detto:

Ma non posso fare nulla se non c’è una petizione. E non una petizione qualsiasi. Deve essere fatta da un Titano, un essere grande e magnanimo che di buon grado soccorra chi ha bisogno di un evento magico”.

E chi meglio di me?, ho ruggito sonoramente. La signora dalla veste cremisi ha sollevato la mano chiedendo il mio silenzio. “Non è tutto,” ha sussurrato. “È necessario che questo Titano rischi la sua vita, la sua fortuna e la sua reputazione nell'odissea che questi esseri intendono intraprendere. Cioè, che li accompagni con il suo incoraggiamento e bontà e, insieme a loro, sebbene non al loro fianco, affronti sfide e dolori. Questo è, sarà e non sarà”.

Ero d’accordo, perché la mia unica fortuna sono le mie imprese, rischio la mia vita solo esistendo e, beh, la mia reputazione è nota nelle cantine di tutto mondo.

Quindi la sorella strega ha fatto quello che si fa in questi casi: ha acceso il suo computer, si è collegata a un server in Germania, ha digitato non so quale incantesimo, ha modificato un grafico di probabilità e ha aumentato la percentuale da quasi zero al 99,9%, ha digitato di nuovo e un ronzio della stampante ha rivelato la carta che ne usciva. Non senza prima aver apprezzato la modernizzazione tra la corporazione delle streghe scarlatte e simili, ho preso la nota. C’era solo una sola frase:

“Se il titano è d’acciaio, trovi il suo simile, da cui dipende il mancante”.

Cosa significava? Dove avrei potuto trovare qualcosa o qualcuno, non dico simile, ma diciamo lontanamente vicino alla mia grandezza? Di Titani non ce ne sono molti. In effetti, secondo la wikipedia in basso e a sinistra, sono l’unico a prevalere. Poi “d’acciaio”. L’uomo d’acciaio?, dubito; non credo che la strega scarlatta abbia raccomandato un maschio. Quindi una femmina o una femmina d’acciaio.

Ho camminato a lungo. Ho viaggiato dalla Patagonia alla lontana Siberia. Ho incrociato le strade con il degno Mapuche, ho gridato con la Colombia insanguinata, ho attraversato la dolente ma persistente Palestina, ho attraversato i mari macchiati dal nero dolore dei migranti, e ho ripercorso i miei passi credendo erroneamente di aver fallito nella mia missione.

Ma, sbarcato nella geografia che chiamano “Messico”, qualcosa ha attirato la mia attenzione. Sulle acque turchesi una nave subiva le riparazioni e i rattoppi da parte del suo equipaggio. “Stahlratte” si leggeva sulla fiancata. Dal momento che ho incontrato la strega scarlatta nella Germania in basso, e che quella parola significa “ratto d’acciaio” nella sua lingua, ho deciso di tentare la fortuna. Ho aspettato, con saggia pazienza, che la notte e le ombre riparassero la solitudine della nave. Ho abilmente risalito la prua e, costeggiando il lato di dritta, sono arrivato dove si trova il centro di comando o di governo della nave. Qui, un uomo imprecava in lingua tedesca con maledizioni e bestemmie che avrebbero rattristato l’inferno stesso. Qualcosa diceva del dolore di lasciare i mari e le avventure. Seppi allora che la nave stava contando i suoi ultimi giorni e il suo capitano e l’equipaggio avevano incubi pensando ad una vita a terra. Le streghe scarlatte di tutto il mondo cospiravano a mio favore e per buona fortuna. Ma tutto dipendeva da me, lo scarabeo d’acciaio inossidabile, il più grande dei cavalieri erranti, ecc., per trovare “il mancante”. Ho quindi aspettato che il capitano smettesse di lamentarsi e imprecare. Quando ha smesso e solo un singhiozzo gli si è smorzato in gola, sono salito sul timone e guardandolo negli occhi ho detto: “Io Don Durito, tu chi?”. Il capitano non ha esitato a rispondere “Io capitano, tu clandestino” mentre brandendo un giornale o una rivista minacciava di sopprimere la mia bella e leggiadra figura. Allora, con voce potente mi sono presentato. Il capitano ha esitato restando in silenzio con il giornale o la rivista in mano.

Poi, sono bastate poche frasi per capire che eravamo persone di mondo, avventurieri per vocazione e scelta, esseri disposti ad affrontare qualsiasi sfida per quanto imponente e terribile potesse essere.

Ormai in confidenza, gli ho raccontato la storia di un’odissea in corso, qualcosa che avrebbe poi riempito gli annali delle storie a venire, il più pericoloso e ingrato dei compiti: la lotta per la vita.

Mi sono prodigato in dettagli, gli ho parlato di una barca costruita in mezzo alle montagne, senza altra acqua che quella della pioggia a darle vocazione e ragion d’essere. Gli ho parlato di chi aveva deciso di abbracciare tanta audacia, di leggende su una montagna che rifiuta la prigione dei suoi piedi per terra, di miti e leggende maya per voce delle loro origini.

Il capitano si è acceso una sigaretta, me ne ha offerta uno che ho dovuto rifiutare tirando fuori la mia pipa. Abbiamo così condiviso il fuoco e il fumo del tabacco.

Il capitano è rimasto in silenzio e, dopo qualche boccata, ha detto qualcosa del tipo: “Per me, sarebbe un grande onore unirmi a una causa così nobile e folle”. Ed ha aggiunto: “Adesso non ho un equipaggio, perché ci stiamo ritirando, ma sono sicuro che donne e uomini si avvicineranno solo per il fascino di questa storia. Vai dai tuoi e di’ loro di contare su ciò che siamo, esseri umani e navi”.

Terminato il mio racconto, mi sono rivolto a chi minacciava di gettarmi in mare: “Ed è così come voi, comuni mortali, vi siete imbarcati in questa avventura. Quindi lasciatemi in pace e tornate al vostro lavoro e doveri, che io devo vigilare che il Kraken lasci in pace la nostra casa e il nostro cammino. Per questo ho chiamato amici pesci che lo terranno assente”.

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Ed ecco che in quel momento qualcuno sul ponte grida “Delfini!” e tutt@ sono saliti sul ponte armati di macchine fotografiche, cellulari o solo dei loro occhi stupiti.

Nella confusione, Durito, il più grande dei Titani, l’unico eroe a livello dell’arte, complice di maghi e streghe, è sgusciato via e si è arrampicato, ora sì, sulla Coffa e da lì ha intonato canzoni che, giuro, venivano replicate dai delfini che, tra onde e sargassi, hanno ballato per la vita.

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Più tardi, a cena, il capitano ha confermato la storia dell’insetto. E da quel momento l’insetto ha smesso di essere “l’insetto” e viene chiamato, a partire da quell'evento, “Durito Stahlkäfer“, “Durito, lo Scarabeo d’Acciaio“.

“Una tacca in più alla cintura”, avrebbe detto il defunto SupMarcos, tre metri sottocoperta, ehm, volevo dire, sottoterra.

Ora, con cameratismo, Gabriela corregge la pronuncia tedesca di Stahlkäfer; sulla spalla di Ete, Durito sale in cima all'albero maestro; accompagna Carl quando prende il timone e lo diverte con storie terribili e meravigliose; sulla testa di Edwin lo guida nello spiegamento e nell'abbassamento delle vele; e la mattina presto condivide con il capitano Ludwig il tabacco e la parola.

E quando il mare infuria e il vento aumenta il suo lussurioso corteggiamento, il più grande esemplare della cavalleria errante, Stahlkäfer, intrattiene lo Squadrone 421 raccontando leggende incredibili. Come quella che racconta l’assurda storia di una montagna che si è fatta nave per la vita.

In fede.

SupGaleano
Pianeta Terra

Nota: Il video dei delfini chiamati da Stahlkäker è stato girato da Lupita, perché il team di supporto della Commissione Sexta, incaricato di tale missione, era impegnato… a vomitare. Sì, con pena degli altri. Ora la missione dello Squadrone 421 è supportare il team di supporto. E dobbiamo ancora attraversare l’Atlantico (sigh).

Traduzione “Maribel” – Bergamo

Testo originale http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/05/12/delfines/

Musica: «La Bruja», jarocho interpretat da Sones de México Ensamble, con Billy Branch. Immagini: parte della traversata de La Montaña, arrivo e sbarco a Cienfuegos, Cuba; e riunione dello Squadrone 421 per guardare la pagina di Enlace Zapatista.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!