martedì 17 agosto 2021

Messico-Europa - Appena 500 anni dopo

                                                   


 Parole dei popoli zapatisti

13 agosto 2021.

Sorelle, fratelli, fratelloa

Compagni, compagne, compagnoa:

Attraverso le nostre voci parlano le comunità zapatiste.

Per prima cosa vogliamo ringraziare.

Ringraziare per averci invitato.

Ringraziare per averci accolto.

Ringraziare per averci ospitato.

Ringraziare per averci alimentato.

Ringraziare di esservi presi cura di noi.

Ma soprattutto ringraziarvi del fatto che, nonostante le vostre differenze e contrarietà, vi siate messi d’accordo per ciò che oggi stiamo facendo. Cosa che talvolta vi sembrerà da poco, ma che per noi popoli zapatisti è qualcosa molto grande.

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Siamo zapatisti di origine maya.

Veniamo da una geografia chiamata Messico e abbiamo attraversato l’oceano per rivolgervi queste parole, per stare con voi, per ascoltarvi, per imparare da voi.

Veniamo dal Messico e in voi e con voi troviamo affetto, cura, rispetto.

Lo Stato Messicano e i suoi governi non ci riconoscono come connazionali di questa geografia. Siamo strani, stranieri, indesiderabili, inopportuni sulle stesse terre che coltivarono nostri antenati.

Per lo Stato Messicano siamo “estemporanei”. Questo dice il certificato di nascita che, a seguito di molte spese e viaggi dai nostri villaggi verso le officine del malgoverno, siamo riusciti ad ottenere. E lo abbiamo fatto per poter arrivare fino a voi.

Però non siamo arrivati fino a qua per lamentarci. E neanche per denunciare il mal governo che subiamo.

Vi diciamo solamente questo, perché è questo mal governo che ha richiesto allo Stato Spagnolo di chiedere perdono per quanto accaduto 500 anni fa.

Dovete comprendere che, oltre ad essere uno svergognato, il mal governo Messicano è anche ignorante della storia. E la distorce e aggiusta a suo comodo.

Così che lasciamo da parte i malgoverni che ognuno di noi subisce nelle proprie geografie.

Loro sono solamente caposquadra, impiegati obbedienti di un criminale più grande.

-*-

Noi che formiamo lo Squadrone Marittimo Zapatista, e che siamo conosciuti come Squadrone 421, oggi siamo di fronte a voi, ma siamo solamente l’antecedente di un gruppo più grande. Fino a 501 delegati. E siamo 501 solamente per dimostrare ai cattivi governi che li abbiamo superati. Mentre loro simulano un festeggiamento falso di 500 anni, noialtri, noialtre e noialtrei, andiamo diretti a ciò che segue: la vita.

Nell'anno 501 ricorreremo gli angoli di questa terra indomita.

Ma non vi preoccupate. I 501 delegati non arriveranno tutti d’un tratto. Ma arriveranno per parti.

In questo momento, nelle montagne del Sudest Messicano, si sta preparando una compagnia zapatista aerotrasportata che chiamiamo “L’Estemporanea” che è composta da donne, uomini, bambini e bambine zapatiste.

Insieme a questa compagnia aerotrasportata viaggerà anche una delegazione del Congresso Nazionale Indigeno Consiglio di Governo e del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell’Acqua.

Tutte, tuttie, tutti hanno faticato per conseguire documenti e vaccini. Si sono ammalati e sono guariti. Hanno avuto fame e sono stati lontano delle loro famiglie, dalle loro comunità, dalla loro terra, dalla loro lingua, dalla loro cultura.

Ma tutti, tutte e tuttie sono animati ed entusiasti di venire a incontrarvi. Non in grandi eventi, ma nei luoghi dove resistete, vi ribellate e lottate.

Forse qualcuno penserà che ci interessino i grandi eventi e l’impatto mediatico, perché così valutano gli esiti o i fracassi.

Ma noi abbiamo imparato che i semi si scambiano, si seminano e crescono nella quotidianità, nei propri terreni, con i saperi di ciascuno.

La gestazione del domani non si fa alla luce [del sole, n.d.t.]. Si coltiva, si cura e si fa nascere nelle ombre inosservate dell’alba, appena quando la notte inizia a cedere terreno.

I terremoti che scuotono la storia dell’umanità iniziano con un “ya basta” isolato, quasi impercettibile. Una nota a metà tra il dissonanza e il rumore. Una crepa nel muro.

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È per questo che non veniamo a portarvi ricette, a imporre visioni e strategie, a promettere futuri luminosi e istantanei, piazze piene, soluzioni immediate. Neanche veniamo per invitarvi a unioni meravigliose.

Veniamo ad ascoltarvi.

Non sarà facile, certamente.

Siamo tanto differenti, tanto distinti, tanto lontani, tanto contrari e, soprattutto, tanto contraddittori.

Ci separano molte cose.

Magari, al parlare, volendo o no, non solo raccontiamo la nostra storia, ma in verità dimostriamo anche la convinzione che ciò che è nostro è ciò che conta.

Ogni sguardo verso il passato ci divide. E questa differenza non è per niente. In ogni sguardo esistono rabbia e dolore che si affacciano al precedente.

È vero che nel guardare la storia passata cerchiamo di trovare ciò che vogliamo. Siano rabbie, rancori, condanne e assoluzioni. Anche se esistono studi seri e profondi, possiamo cercare quello che ci conviene, ciò che ci dà ragione. Ciò che ci giustifica. E lo rendiamo “verità”.

Così possiamo giudicare e condannare. Ma la giustizia rimane dimenticata.

E così possiamo trovare molte cose che ci dividono e ci mettono contro.

Abbiamo problemi nelle nostre famiglie, nel nostro gruppo, collettivo, organizzazione. Nel nostro quartiere. Nella nostra regione. Nella nostra geografia.

Chiunque ha un dolore che lo segna. Una rabbia che lo muove.

E questi dolori e queste rabbie, che non sono poche, stanno lì.

E noi popoli zapatisti diciamo che solamente una minaccia più grande, un dolore più terrificante, una rabbia più grande, sono ciò che ci possono mettere d’accordo per rivolgere questa rabbia e questo dolore più in alto.

Ma non è che queste differenze che abbiano scompaiano, come nelle false chiamate alla "unità” che loro che stanno sopra sono soliti fare quando chi sta in basso chiede il conto.

No, quello di cui parliamo noi comunità zapatiste è una causa, un motivo, una meta: la vita.

Non si tratta di abbandonare convinzioni e lotte. Al contrario. Pensiamo che le lotte delle donne, delle altrei, dei lavoratori, dei popoli originari, non solo non si devono fermare, ma che dovrebbero essere più profonde e radicali. Ognuno affronta una o varie teste dell’Idra.

Perché tutte queste lotte, quelle vostre e quelle di noi popoli zapatisti, sono per la vita.

Ma finché non distruggeremo il mostro dritto al cuore, queste teste continueranno a spuntare e cambiare di forma con sempre maggiore crudeltà.

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Adesso, in questi tempi, vediamo e soffriamo una distruzione gigantesca; quella della natura, umanità compresa.

Perché sotto le macerie, la cenere, il fango, le acque sporche, le pandemie, lo sfruttamento, il disprezzo, il saccheggio, il crimine, il razzismo, l’intolleranza, ci sono esseri umani senza vita. E ogni vita è una storia che si trasforma in un numero, in una statistica, in oblio.

Il futuro, la storia a venire, è, come il presente, un incubo vero. E, quando pensiamo che non possa essere peggiore, arriva la realtà a colpirci in volto.

E quindi ognuno guarda a sé stesso e, nel migliore dei casi, alle persone vicine: la sua famiglia, le sue amicizie, le persone che conosce.

Però, così come in ogni angolo del pianeta, in ogni cuore che batte, esiste una disgrazia presente e una a venire, c’è anche una resistenza, una ribellione, una lotta per la vita.

Perché vivere non è solamente non morire, non è sopravvivere. Vivere come esseri umani è vivere in libertà. Vivere è arte, è scienza, è allegria, è ballo, è lotta.

È chiaro, vivere è anche essere in disaccordo con una cosa o un’altra, discutere, dibattere, confrontarsi.

Quindi esiste qualcuno o qualcosa che ci impedisce di vivere, che ci sottrae la libertà, che ci inganna, che ci truffa, che ci pugnala, che ci sta sottraendo il mondo a tutti con morsi, con tagli, con ferite.

Così possiamo individuare un responsabile. Cercare un colpevole. Affrontarlo e fare giustizia. Qualcuno o qualcosa che paghi, che risponda per questo dolore che ci lascia soli, sole, solei. Che ci mette all'angolo su di un’isola sempre più piccola, così piccola che rimane solo l’io di ognuno.

E anche lì, sulla piccola isola, lontana da tutto e tutti, ci obbligano a essere altro, a non essere ciò che siamo. La nostra storia individuale che fa parte della storia collettiva: una camera, una casa, un quartiere, una comunità, una geografia, una causa che deve essere cambiata e tradita per essere parte di altro.

Una donna che piaccia all'uomo. Unoa altroa che sia accettata da un etero. Una gioventù soddisfacente per i più maturi. Una vecchiaia tollerata dalla gioventù. Un’infanzia in disputa con giovani, adulti, anziani. Una forza di lavoro efficiente e docile per il caposquadra. Un caposquadra su misura del Padrone.

E questa pressione per trasformarci in quello che non siamo ha la forma della violenza.

Ed è strutturale. L’intero sistema è costruito per imporre lo stampo della normalità.

Se siamo donne, dobbiamo esserlo secondo il modello degli uomini.

Se siamo altrei, dobbiamo esserlo secondo il modello dell’eterosessuale.

Per esempio, potete notare che esistono già delle cliniche per “correggere” la differenza sessuale.

Bene, quindi il sistema è una gigantesca e brutale clinica che “cura” l’“anormalità”. Una macchina che attacca, isola e liquida l’altro, il differente.

Insomma è così che ci trattano, giorno e notte, volendoci domare, cercando di addomesticarci.

E noi, ben resistendo. La vita intera e generazioni intere resistendo, ribellandosi. Dicendo “no” all'imposizione. Gridando “si” alla vita.

Non è una novità, è certo. Potremmo ritornare indietro di 5 secoli e sarebbe la stessa storia.

E il ridicolo di tutto questo è che, chi ci opprime adesso, pretende di giocare il ruolo di nostro “liberatore”.

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Senza dubbio, qualcosa è differente. E allora anche il dolore della terra, della natura, si è unito al nostro.

E su questo possiamo essere d’accordo o no. Possiamo dire che non è vero, che le pandemie termineranno, che le catastrofi cesseranno, che il mondo, che la nostra vita al mondo, tornerà a essere come prima. Anche se questo “prima” era ed è fatto di dolore, distruzione e ingiustizia.

Noi, i popoli zapatisti, crediamo che non sia così. Che non solo non sarà mai come prima. Che andrà sempre peggio.

Noi le comunità zapatiste nominiamo il responsabile di questi male e lo chiamiamo “capitalismo”.

E diciamo anche che solamente con la distruzione totale di questo sistema sarà possibile che ognuno, con i suoi modi, secondo il suo calendario e la sua geografia, dovrà mettere su qualcos’altro.

Non perfetto, ma comunque migliore.

E a ciò che si costruirà, a queste nuove relazioni tra esseri umani e tra gli esseri umani e la natura, si darà il nome che ognuno vorrà.

E sappiamo che non sarà facile. Già non lo è adesso.

E sappiamo bene che da soli non potremo, ognuno combattendo nel proprio pezzetto di terra contro la testa dell’idra subisce, mentre il cuore del mostro si rigenera e cresce sempre di più.

E soprattutto sappiamo che non dovremo guardare a quel domani dove, alla fine, la bestia arda e si consumi fino a che di questa non rimanga che un cattivo ricordo.

Ma sappiamo anche che faremo la nostra parte, anche se piccola, anche se le generazioni future la dimenticheranno.

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Come comunità zapatiste che siamo, vediamo dei segnali.

Però magari ci sbagliamo come popoli che siamo.

Già potete vedere che dicono che siamo ignoranti, arretrati, conservatori, nemici del progresso, pre moderni, barbari, incivili, inopportuni e sconvenienti.

Forse è così.

Forse siamo arretrati perché come donne che siamo o come altrei, possiamo uscire a passeggiare senza il timore che ci attacchino, che ci violino, che ci facciano a pezzi, che ci facciano scomparire.

Forse siamo contro il progresso perché ci opponiamo ai mega progetti che distruggono la natura e ci distruggono come popoli, e che ereditano morte per le generazioni a venire.

Forse siamo contro la modernità perché ci opponiamo a un treno, a un’autostrada, a una diga, a una centrale termoelettrica, a un centro commerciale, a un aeroporto, a una miniera, a un deposito di materiale tossico, alla distruzione di un bosco, all'inquinamento di fiumi e lagune, e al culto dei combustibili fossili.

Forse siamo arretrati perché onoriamo la terra anziché il denaro.

Forse siamo barbari perché coltiviamo i nostri alimenti. Perché lavoriamo per vivere e non per guadagnare una paga.

Forse siamo inopportuni e sconvenienti perché ci governiamo da noi, come popoli che siamo. Perché consideriamo il lavoro del governo come un lavoro in più tra i lavori comunitari che dobbiamo portare a termine.

Forse siamo ribelli perché non ci vendiamo, perché non ci arrendiamo, perché non tentenniamo.

Forse siamo tutto ciò che dicono di noi.

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Ma qualcosa lo vediamo, qualcosa lo sentiamo, qualcosa sappiamo che sta succedendo e che succederà.

E per questo abbiamo intrapreso questo viaggio. Perché pensiamo e sappiamo che non siamo gli unici che lottano, che non siamo gli unici che vediamo ciò che sta succedendo e ciò che succederà.

Il nostro angolo del mondo è una piccola geografia in lotta per la vita.

Stiamo cercando altri angoli, e vogliamo imparare da loro.

Per questo siamo arrivati fin qua, non per porgervi rimproveri, reclami, pagamenti per debiti insoluti.

Anche se questo fosse di moda e anche se qualcuno dicesse di sì, che abbiamo ragione con queste richieste o che, in realtà, noi non sappiamo ciò che dobbiamo fare e loro, i mal governi, lo faranno per noi.

E va di moda che questi mal governi si nascondano dietro nazionalismi di cartone.

E che, sotto la bandiera del nazionalismo, ci copriamo noi e si copre anche chi ci opprime, chi ci perseguita, chi ci assassina, chi ci divide e ci affronta.

No. Non veniamo per questo.

Dietro i nazionalismi si nascondono non solo le differenze, ma anche e soprattutto i crimini. Sotto lo stesso nazionalismo si proteggono il maschio violento e la donna aggredita, l’intolleranza eterosessuale e l’alterità perseguitata, la civilizzazione depredatrice e il popolo originario annichilito, il capitale sfruttatore ed i lavoratori soggiogati, i ricchi e i poveri.

Le bandiere nazionali nascondono più di ciò che mostrano, molto di più.

Poiché la pensiamo così, il nostro impegno per la vita è mondiale. Non riconosce frontiere, lingue, colori, razze, ideologie, religioni, sessi, età, dimensioni, bandiere.

Per questo la nostra è una Traversata per la Vita

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Questa è una delle poche volte che faremo uso della parola in un evento dove pochi parlano e molti ascoltano.

E ne approfittiamo per farvi una richiesta rispettosa.

Raccontateci la vostra storia. Non importa se sia grande o piccola.

Raccontateci la vostra storia di resistenza, di ribellione. I vostri dolori, le vostre rabbie, i vostri “no” e i vostri “si”.

Perché noi comunità zapatiste veniamo ad ascoltare e imparare la storia che esiste in ogni stanza, in ogni casa, in ogni quartiere, in ogni comunità, in ogni lingua, in ogni modo e in ogni nessun modo.

Perché, dopo tanti anni, abbiamo imparato che in ogni dissidenza, in ogni ribellione, in ogni resistenza, esiste un grido per la vita.

E, secondo noi popoli zapatisti, tutto consiste in questo: nella vita.

E, quando un giorno qualsiasi, qualcuno vi domandi “Perché sono venuti gli zapatisti?”, insieme potremo rispondere, senza pena per voi e senza vergogna per noi, “sono venuti ad imparare”.

500 anni dopo, le comunità zapatiste sono venute ad ascoltarci.

 

Da Madrid, dalla geografia chiamata Spagna,
su questa terra e sotto questo cielo rinominati come
SLUMIL K’AJXEMK’OP, o “Terra Indomita”.

A nome delle comunità zapatiste.

Lo Squadrone Marittimo Zapatista, chiamato “Squadrone 421”.
Pianeta Terra. 13 di agosto, giusto 500 anni dopo.


sabato 17 luglio 2021

Messico - Europa - La Estemporanea e una Iniziativa Nazionale

 

La Estemporanea e una Iniziativa Nazionale

COMMISSIONE SEXTA ZAPATISTA

Messico.

Luglio 2021

A le/gli aderenti alla Dichiarazione per la Vita:

All'Europa in basso e a sinistra:

Alla Sexta Nazionale e Internazionale:
Al Congresso Nazionale Indigeno-Consiglio Indigeno di Governo:
Alle Reti in Resistenza e Ribellione:
Al Collettivo "Llegó la Hora de los Pueblos":

Da: Subcomandante Insurgente Moisés.

Compagne, compañeroas, compagni:

Sorelle, hermanoas, e fratelli:

Vi saluto a nome dei bambini, delle donne, otroas, anziani e uomini delle comunità zapatiste, e vi comunico quanto segue:

Primo.- Abbiamo pronta una compagnia aerea zapatista forte di 177 zapatisti. È composta interamente da originari di radice maya di lingua cho'ol, tzotzil, tzeltal, tojolabal e castigliano. Siamo nati nella geografia che chiamano Messico. I nostri antenati sono nati e sono morti in queste terre. Poiché lo Stato Messicano non riconosce la nostra identità e origine, e ci dice che siamo “estemporanei” (come dice il Ministero degli Affari Esteri, che siamo messicani “estemporanei”), abbiamo deciso di battezzare questa unità di Escucha y Palabra come “La Extemporanea”.

Come abbiamo visto nei dizionari, "estemporaneo" significa "che è inopportuno, sconveniente", oppure "che è inappropriato per il tempo in cui accade". Quindi siamo inopportuni, sconvenienti e inappropriati.

Mai prima d'ora siamo stati così adeguatamente definiti. Siamo lieti che lo Stato Messicano riconosca finalmente che è così che considera i popoli originari di questa geografia chiamata Messico. Penso che sia così che si rammarica di non averci annientati... non ancora; e che la nostra esistenza contraddica il discorso ufficiale sulla "conquista". Ora si capisce che la richiesta del governo del Messico a quello della Spagna, di chiedere perdono, è per non averci sterminati.

De@ 177 delegat@, 62 di noi non hanno ancora il passaporto. Il Ministero degli Esteri è pressato dalla "sconvenienza" che rappresentiamo. Nonostante abbiamo dimostrato identità e origine, continua a richiedere sempre più documenti. Manca solo che chieda ai governi dell'America Centrale di dire che non siamo cittadini di quei paesi.

2.- La compagnia aerea "La Extemporánea", con me al timone, si sta preparando da ottobre 2020 e siamo in quarantena da quasi un mese. È composta da:

.- Diversi gruppi di "Escucha y Palabra". Zapatisti indigeni la cui esistenza e memoria copre la storia della nostra lotta dagli anni prima della sollevazione fino all'inizio del Viaggio per la Vita.

.- Una squadra di calcio femminile. È composta da 36 miliziane (che sono anche "Escucha y Palabra") che hanno preso il nome e l'esempio dalla compianta Comandanta Ramona, la prima zapatista a lasciare il Chiapas, e si identificano come "Ixchel Ramona" e così usciranno sui campi sportivi d'Europa.

.- Il cosiddetto "Comando Palomitas". Ci sono 6 ragazze e ragazzi che fanno parte del gruppo "Juego y Travesura" [Gioco e Marachella]. Come tutt@ noi, si sono preparati.

.- Il gruppo di coordinamento dell'invasione. Sono coloro che avranno il compito di organizzare e, nel caso, rafforzare i gruppi “Escucha y Palabra” che si distribuiranno nelle 5 zone in cui abbiamo diviso il continente Europeo. Inoltre presenzieranno ai media gratuiti e prezzolati, parteciperanno a tavole rotonde, conferenze ed eventi pubblici; e valuteranno lo sviluppo dell'invasione.

Con lo Squadrone 421 completeremo la prima ondata zapatista e inizieremo le visite a coloro che ci hanno invitato e, con attenzione e rispetto, li ascolteremo. Se lo chiederanno, racconteremo loro la nostra piccola storia di resistenza e ribellione.

3.- Con noi viaggerà una delegazione del Congresso Nazionale Indigeno-CIG, forte di 10 indigeni di lingua: Maya originaria, Popoluca, Binizá, Purhépecha, Raramuri, Otomí, Naayeri/Wixarika e Nahua; così come 3 fratelli e sorelle del Fronte dei Popoli in Difesa della Terra e dell'Acqua di Tlaxcala, Puebla e Morelos. In totale 13.

4.- Poiché a me tocca il Viaggio per la Vita-Capitolo Europa, ho incaricato il Subcomandante Insurgente Galeano di assumere il comando in Messico e di avviare, quanto prima, contatti con il Congresso Nazionale Indigeno-CIG, con la Sexta Nazionale, con le Reti in Resistenza e Ribellione, con Organizzazioni Non Governative per la difesa dei Diritti Umani, con gruppi di Vittime di violenza, familiari di scomparsi e affini, nonché con artisti, scienziati e intellettuali, con l'obiettivo di far loro conoscere una nuova iniziativa nazionale e invitarli ad organizzarsi per questa. E aprire così un fronte di lotta per la Vita nel nostro Paese.

5.- Tra pochi giorni, che vi comunicheremo a tempo debito, inizieremo il nostro viaggio. Adesso stiamo provando a vaccinarci tutti per evitarvi problemi sanitari, e in attesa che la cosiddetta “terza ondata” di contagi in Messico si abbassi un po'.

Poi andremo nel caracol Jacinto Canek, a San Cristóbal de Las Casas, e lì ci concentreremo. Da lì ci sposteremo a Città del Messico dove le/i 177 delegat@ si recheranno negli uffici della SRE affinché ci dicano, in faccia e in pubblico, che non abbiamo diritti perché siamo "estemporanei", e che il loro "ambizionismo" li costringe a delegare la loro responsabilità a burocrati razzisti e ignoranti. Poi, forse, Parigi, Francia.

Le date precise le diremo più avanti, perché sembra che anche per il governo francese noi siamo importuni; in aggiunta, ovviamente, alla nuova ondata mondiale di COVID19. Niente da fare, deve essere la globalizzazione.

6.- Siamo un po' nervosi ma felici - non è la prima volta che faremo qualcosa senza sapere cosa aspettarci -. Fin da ora ringraziamo l'Europa del Basso, la Sexta Nazionale, le Reti in Resistenza e Ribellione, le ONG solidali di questa e dell'altra sponda dell'Oceano, e il collettivo "Llegó la Hora de los Pueblos" per il sostegno economico e in natura che consentirà il viaggio aereo. Il costo del viaggio in mare e dei passaporti (tra i 10mila e i 15mila pesos ciascuno, per i continui viaggi di andata e ritorno dai nostri villaggi per soddisfare le ridicole richieste dello Stato Messicano per essere "estemporanei"), è stato interamente coperto dall'EZLN e ci ha lasciati senza fondi di riserva. Ma non ha comportato alcuna spesa personale per nessun@ de@ delegat@.

7.- Per quanto riguarda l'iniziativa nazionale – di cui è incaricato il SupGaleano -, anticipo solo che partirà con il nostro appello a partecipare alla cosiddetta “Consulta Popular” del 1° agosto, e a rispondere “Sì” alla domanda se si deve o no fare qualcosa per rispettare il diritto alla verità e alla giustizia di coloro che sono stati vittime di azioni e omissioni dello Stato Messicano (che questo, e nient'altro, è la domanda che ha elaborato la Corte Suprema di Giustizia della Nazione del paese chiamato Messico). Chi in alto, tra i partiti di "opposizione", si oppone alla consultazione, non solo teme ciò che ne seguirà; ha pure il terrore che le vittime recuperino le loro istanze dall'uso vile e perverso che l'estrema destra fa del loro dolore. Perché il dolore non deve essere un affare elettorale, e tanto meno per scopi merdosi come che tornino al governo alcuni dei principali responsabili delle violenze e che prima si sono solo dedicati ad accumulare soldi e cinismo. Ecco perché l'INE, che considera noi indigeni "estemporanei" e ci nega i documenti, sta facendo tutto il possibile per far fallire la consultazione, perché sa che anche questo istituto ha la sua parte nel crimine a causa della sua politica esclusiva per la pelle chiara e urbana.

Bisogna entrarci, non guardando in alto, ma guardando le vittime. Bisogna trasformare la consultazione in una consulta "estemporanea". Questo al fine di avviare, indipendentemente da quelli in alto, una mobilitazione per una Commissione per la Verità e la Giustizia per le Vittime, o come si voglia chiamare. Perché non può esserci vita senza verità e giustizia.

Per ora è tutto.

Dalle Montagne del Sudest Messicano.

Per gli zapatisti estemporanei.

Subcomandante Insurgente Moisés.

Ancora in Messico, Luglio 2021

 

Traduzione “Maribel” - Bergamo

Testo originale: http://enlacezapatista.ezln.org.mx/2021/07/16/la-extemporanea-y-una-iniciativa-nacional/

 

https://vimeo.com/embed-redirect/575913768

“Bella Ciao” versione tromboni, Germán El Trombón & El Clan del Solar 

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!