Lo scorso mercoledì 7 dicembre, una delegazione italiana formata da una  trentina di persone formata da volontari, aderenti ad associazioni  umanitarie ed a sindacati (Europa Levante, Progetto Diritti, Verso il  Kurdistan, Cgil, Cobas), di cui facevo parte, ha visitato l’antica città  curda di Van, in Turchia, colpita da un terribile terremoto il 23  ottobre ed il 9 novembre scorso.
Avevamo con noi del vestiario e delle coperte, assai preziosi per  combattere il rigido inverno anatolico, e del denaro che avevamo  raccolto in Italia. Abbiamo consegnato di persona il tutto al sindaco  della città, eletto nelle fila del partito curdo BTP, Avv. Bakir Kaya,  che ci ha informato sulla situazione e sulle difficilissime condizioni  di vita degli abitanti di Van. 
Ebbene, il terremoto, che ha fatto 640 vittime e decine di migliaia di  feriti, ha distrutto molte abitazioni ed ha reso inagibili il 95% degli  alloggi della città, costringendo la popolazione alla fuga verso altre  destinazioni od alla vita nelle tende; di 400.000 abitanti, ca. 250.000,  quelli che avevano maggiori disponibilità economiche, sono riusciti a  lasciare la città, magari ospiti di parenti o di amici, altri 150.000, i  più poveri, sono accampati nelle varie tendopoli presenti in città. E’  inutile dire che le attività economiche, le piccole industrie,  l’artigianato, sono praticamente distrutti. 
Le scuole sono chiuse, anche perchè almeno 65 maestri sono morti nel  terremoto di ottobre e non si sa quando potranno riaprire, nonostante  gli annunci dei ministri turchi, puntualmente disattesi. L’unico  ospedale della città è inagibile. 
Il sindaco ci ha riferito di una situazione paradossale creatasi con la  Prefettura di Van, che per la legge turca gestisce l’emergenza del  terremoto e la ripartizione degli aiuti che da tutto il mondo sono in un  primo tempo arrivati (prima rifiutati, poi, lasciati marcire per molti  giorni alle frontiere). Ebbene, nonostante le richieste dell’  Amministrazione comunale di Van, non v’è nessuna comunicazione o  informazione della Prefettura sui piani di distribuzione degli aiuti,  sul programma di ricostruzione, sulla situazione scolastica e sanitaria.  Insomma, come se non esistesse. 
Eppure, l’amministrazione comunale di Van, grazie all’aiuto delle altre  municipalità curde ed ai pochi aiuti internazionali che direttamente  gestisce è in grado di assicurare 30.000 pasti caldi al giorno e  distribuirli in quindici tendopoli ove ha attrezzato delle lavanderie  comuni e dei piccoli ospedali da campo. Noi stessi abbiamo visitato le  grandi cucine ed una delle tendopoli, dove decine e decine di bambini,  nonostante il freddo pungente, giocavano per strada accanto ad una tenda  votata ad infermieria ove due medici e due infermieri, tutti volontari  facenti parte di un sindacato di ispirazione socialista, lavoravano in  difficili condizioni ambientali.
Siamo andati via con una sensazione di grande tristezza, amplificata dal  fatto che i pochi aiuti finora arrivati rischiano di scemare, finito  l’effetto del clamore massmediatico creatosi nei giorni successive al  terremoto, come anche teme il sindaco Bakir Kaya.
Scrivo queste poche note per stimolaree chi voglia farlo ad aiutare  questa magnifica città ed i suoi abitanti a superare questa terribile  prova cui sono sottoposti. Servono medicine, medici, personale  infermieristico, vestiario, coperte, denaro, e servono presto.
Roma, 9 dicembre 2011
Avv. Mario Antonio Angelelli (Associazione Progetto Diritti)