Udienza del 6.12. 2011
Alla 28^ udienza del processo che si tiene al Tribunale Penale di Diarbakyr sono presenti solamente sei imputati.
Alla 19^ udienza la Corte ha deciso di non far partecipare i 151 imputati, ma solamente sei per volta.
L’odierna udienza inizia con la comunicazione della Corte di voler spostare il processo in altra città per motivi di sicurezza. Gli avvoati si sono opposti sottolineando: che gli imputati sono da 32 mesi detenuti, che in 28 udienze non sono stati sentiti, che alla 19^ udienza, senza giusta motivazione, è stata disposta la comparizione solamente di sei imputati per volta. Tutto ciò è una grave violazione dei diritti umani.
La motivazione addotta di non voler far stancare gli imputati è risibile, loro hanno diritto di essere presenti in aula, hanno diritto di parlare la loro lingua, per 27 udienze la Corte ripete le stesse motivazioni come un clichè.
La modalita stessa in cui si svolge il processo è già una punizione per gli imputati, la Corte ha denunciato 100 avvocati ed il Baro di Diarbakyr.
L’avvocato presidente del Baro di Diarbakyr esordisce: “Siamo qui per svolgere la nostra difesa o solamente per formalità? Così si viola non solo la legge ma anche il ruolo degli avvocati, ruolo riconosciuto dall’ONU, dobbiamo quì difendere anche i principi del processo, ogni imputato ha diritto di scegliere il proprio avvocato, voi avete violato anche questo principio denunciando 150 avvocati ed imponendo ali imputati avvocati da voi scelti. Gli avvocati difendono i diritti umani, vogliamo fare il processo liberamente, abbiamo diritto di incontrare i nostri assistiti, questo processo è anche contro i principi forensi e deve svolgersi regolarmente. ”La difesa si oppone allo spostamento del processo in altra sede insistendo sulla mancanza dei motivi di sicurezza, la responsabilità della lunghezza del processo non è da addebitarsi agli avvocati e agli imputati: essi non temono di andare in altro tribunale ma la cosa e’ palesemente illogica.
Per molte udienze gli avvocati per protestare contro la decisione di far comparire solamente 6 imputati alla volta non sono andati in udienza, ma oggi c’erano tutti ed hanno presentato delle difese scritte.
Il tribunale ha deciso di passare alla fase istruttoria, di leggere le intercettazioni telefoniche in aula, ma gli avvocati pretendono che , come previsto dal codice, prima si debbano interrogare gli imputati, ma questi ultimi parlano in kurdo.
La corte riunita in camera di consiglio ha deciso di mantenere il processo a Diarbakyr, il processo va avanti per ore senza che nulla cambi: gli imputati vogliono e tentano di parlare in kurdo, il Giudice li mette a tacere, gli avvocati insistono nel pretendere la presenza in aula di tutti gli imputati e che siano prima sentiti, e poi passare alle prove. Dopo l’interruzione per il pranzo, il processo riprende.
I giudici decidono che alla fine dell’udienza diranno se gli imputati potranno essere presenti in aula, tutti contemporaneamente. E’, infatti, per decisione della Corte che gli imputati non vengono tradotti dal carcere per partecipare al processo.
Viene letta una deposizione fatta da un imputato dinanzi al Pubblico Ministero dopo l’arresto; è stata scritta in turco e in curdo, ma i giudici leggono solo la traduzione in turco, a causa della questione che è centrale per il processo. Gli imputati chiedono insistentemente di poter difendersi nella loro lingua madre. Ma i giudici non lo consento ed hanno deciso di andare avanti con il processo, omettendo di interrogare gli imputati. Questo è stato un altro punto di scontro con i difensori che hanno chiesto ancora una volta di esaudire la richiesta degli imputati.
L’imputato di cui stanno leggendo la deposizione, lamenta, anche, che sono state estratte alcune frasi dalle intercettazioni e sono usate dall’accusa, senza considerarne il contesto. Inoltre le traduzioni non sono fatte da un interprete ufficiale, bensì dalla Polizia, che ha interpretato le telefonate, in lingua Kurda, arbitrariamente, senza trascrivere la versione in lingua originale. Pertanto viene rifiutata l’accusa e gli avvocati insistono per una traduzione con interprete.
I giudici continuano a leggere le deposizioni e le traduzioni delle intercettazioni, senza dar conto delle richieste dei difensori e degli imputati. Uno degli avvocati, rivolgendosi ai giudici, ricorda loro che il governo turco, a distanza di oltre 70 anni ha dovuto chiedere scusa per il genocidio di un popolo (gli Armeni) e che il loro atteggiamento rischia di dover far chiedere ancora scusa, forse tra 50 anni, per quanto accade oggi, anche in queste aule.
Alle proteste di un altro imputato, che vuole parlare in Curdo, i giudici confermano la loro volontà di proseguire solo in lingua turca, né valgono le proteste quando gli imputati riferiscono che il testo in turco non corrisponde a quello in curdo.
Il Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Diyarbakir, Emin Aktar, interviene a più riprese in nome di tutto il collegio di avvocati per ribadire che l’azione dei giudici è illegittima, contraria a quanto disposto dal Codice di procedura penale e che, sicuramente, il loro comportamento e quanto decideranno al di fuori della legalità, un giorno sarà annullato da altri giudici come loro.
Il problema principale, inoltre, è quello che, mentre i giudici conducono il processo ignorando le richieste della difesa, gli imputati sono in carcere da 32 udienze a causa di accuse non provate e che oggi vengono ancora una volta assunte illegittimamente, come le deposizioni che continuano ad essere lette nonostante gli imputati ne rifiutino la paternità
Il presidente della Corte si cimenta anche in battute spiritose, nonostante la drammaticità delle circostanze: in aula sono presenti i familiari dei detenuti e le delegazioni di Paesi europei, quali due deputati Baschi, due deputati svedesi e numerosi avvocati, dall’Italia e dall’Olanda.
Il giudice fa anche riferimento alla numerosa delegazione italiana, dicendo che anche lui non conosce l’italiano eppure li ha fatti essere presenti, riferendosi ai curdi che negano di potersi difendere in lingua turca (sic!).
L’udienza si avvia al termine verso le 18, quando gli avvocati chiedono di decidere sull’introduzione, negli atti del processo, delle deposizioni in lingua curda e, invece, i giudici, con un’Ordinanza, decidono di non accettare la richiesta, riservandosi di decidere sulla traduzione delle stesse.
I giudici continuano ad ignorare le richieste degli imputati e continuano con la lettura di intercettazioni tradotte illegittimamente, come quelle tra un imputato e il proprio fratello o la moglie, non tralasciando anche “messaggini” telefonici che un imputato non riconosce come propri.
Viene, poi, letta una petizione degli imputati detenuti e non portati in udienza, che chiedono di presenziare al processo e un’altra di detenuti trasferiti a Bingol che chiedono di essere riportati a Diyarbakir.
Gli avvocati insistono nella richiesta di rendere liberi i detenuti, essendo passati 24 mesi dall’inizio del processo, senza che si sia andati avanti e dichiarano che considerano manovre dilatorie quelle dei giudici che non decidono sulle richieste e sulle istanze degli imputati.
Ma oggi la giornata si conclude con due vittorie, poiché alla decisione di non spostare il processo in un’altra città, si aggiunge quella della fine del processo, quando i giudici decidono che alla prossima udienza del 12 dicembre concederanno a tutti gli imputati di essere presenti. Una buona, anche se faticosa giornata, che soddisfa le richieste degli avvocati, degli imputati e anche delle delegazioni presenti!