Anche la capitale della Moldavia Chișinău ha un proprio centro di
accoglienza per migranti, ma al momento è quasi deserto. Lo abbiamo
visitato, cercando di capire da vicino la frontiera orientale delle
politiche securitarie europee, mirate a respingere i migranti prima che
arrivino nell'Unione
Tutto è tranquillo al Centro di accoglienza temporanea per migranti
nella periferia di Chișinău. Qualcuno sta riordinando lentamente gli
spazi esterni. Alcuni migranti gettano sguardi veloci fuori dal campo di
pallavolo, oltre le reti e i cancelli, mentre sono impegnati in una
pigra partita che coinvolge anche un paio di poliziotti.
Il Centro è il primo e l’unico di questo tipo in Moldavia. È stato inaugurato il 4 aprile 2008 grazie a un finanziamento dell’Unione europea e al sostegno dell’Organizzazione mondiale per la migrazione (International Organization for Migration, IOM). La legislazione moldava l’aveva già previsto quattro anni prima (decisione governativa n. 71 del 30.01.2004), ma il governo non aveva le risorse per costruirlo. L’intero complesso in realtà è entrato in funzione dal 2011, nel 2008 ne è stata inaugurata solo una parte. “Per applicare la legge il governo moldavo a volte usava sistemi non pertinenti, come il carcere” mette in luce Simion Terzioglo dell’Iom “per fortuna adesso c’è questo centro”. Nei tre edifici principali le targhe ricordano tra i donatori anche la cooperazione italiana, finlandese e tedesca.
I migranti provengono per lo più dalla Federazione russa, dall’Ucraina e dalla Turchia e qualcuno dai paesi del Medio Oriente. “C’è stato qualche cittadino dell’UE, ma sono casi rari” spiega Olga Poalelungi, capo dell’Ufficio migrazione e asilo in Moldavia. Tra i 375 migranti passati di qua dal 2009, i cittadini UE o statunitensi sono casi isolati, legati per lo più alla Romania e a permessi di soggiorno scaduti, come nel caso di un ungherese o di due statunitensi, di cui uno nato in Unione sovietica, poi spostatosi in Moldavia dagli Stati Uniti e rimasto senza i documenti necessari. “I 6 mesi di massima permanenza possibile vengono raggiunti raramente, la media è 2-3 mesi” continua Poalelungi “al momento abbiamo anche raggiunto 14 accordi bilaterali con singoli paesi e sono in corso negoziati con altri 27, tra cui la Russia”.
Per i numeri attuali, il Centro è ben tenuto, con ampi spazi per
attività comuni e due luoghi di preghiera, uno cristiano ortodosso e uno
musulmano. I migranti hanno a disposizione assistenza legale,
psicologica, sociale e medica. “Molti arrivano in condizioni di salute
precaria” spiega il medico del Centro “non sono rari casi di
congelamento, scabbia e tubercolosi”. Per i primi tre anni, alcune Ong
hanno gestito anche progetti con attività sociali all’interno del
Centro. Ora non c’è nulla di tutto questo, oltre i pasti c’è solo “tempo
libero”.
“Bisognerà vedere cosa cambierà quando la Romania entrerà in Schengen” ragiona Simion Terzioglo “probabilmente il numero di immigrati illegali aumenterà notevolmente. Il governo moldavo fa grandi sforzi per sostenerne le spese di gestione, però se i costi aumenteranno sarà difficile, dovrà aumentare anche il personale”. Il Centro può ospitare 120 persone secondo i dati ufficiali, 200 secondo Terzioglo, persona esperta e navigata. Le camere sono spaziose e, solo alcune peculiarità – come le sbarre alle finestre, i cancelli, le sedie e i tavoli murati – ricordano un carcere. Pensare però a 200 migranti in questi spazi lascia intravedere scenari nei quali sarà difficile mantenere un pieno rispetto della loro dignità.
“È senza documenti, come la maggior parte degli ospiti. La settimana scorsa è venuto anche il console francese, ma non l’ha identificato come francese” nota poco dopo il responsabile. Cosa fare in questi casi? “Se nel corso di 6 mesi non ne viene identificata la nazionalità, ricevono un Foglio di tolleranza per 6 mesi, entro i quali devono lasciare il paese. Di solito, dopo poco sono già in Romania”.
Cosa servono allora centri di “accoglienza” come questi? La maggior parte delle persone sono rinchiuse per mesi e poi rimesse in strada nel paese, e probabilmente riprendono il loro percorso da dove l’avevano lasciato. Altre, a cui è scaduto il permesso di soggiorno, probabilmente sarebbero gestite più agilmente senza essere rinchiuse in una struttura. Ma in questa fase, la Moldavia, come altri stati dell’Europa orientale, fa propria questa logica securitaria e accetta di pagarne il conto.
Tratto da Osservatorio Balcani e Caucaso
Il Centro è il primo e l’unico di questo tipo in Moldavia. È stato inaugurato il 4 aprile 2008 grazie a un finanziamento dell’Unione europea e al sostegno dell’Organizzazione mondiale per la migrazione (International Organization for Migration, IOM). La legislazione moldava l’aveva già previsto quattro anni prima (decisione governativa n. 71 del 30.01.2004), ma il governo non aveva le risorse per costruirlo. L’intero complesso in realtà è entrato in funzione dal 2011, nel 2008 ne è stata inaugurata solo una parte. “Per applicare la legge il governo moldavo a volte usava sistemi non pertinenti, come il carcere” mette in luce Simion Terzioglo dell’Iom “per fortuna adesso c’è questo centro”. Nei tre edifici principali le targhe ricordano tra i donatori anche la cooperazione italiana, finlandese e tedesca.
Terra di transito (occasionale)
Attualmente nel Centro si trovano 14 persone, tra le quali tre donne. Uno dei tre edifici che compone la struttura è totalmente vuoto. È destinato a donne con bambini, ma questi spazi, comprensivi di giochi all’aperto circondati da reti e filo spinato, sono serviti solo una volta, quando è stata alloggiata una madre con i suoi due figli.I migranti provengono per lo più dalla Federazione russa, dall’Ucraina e dalla Turchia e qualcuno dai paesi del Medio Oriente. “C’è stato qualche cittadino dell’UE, ma sono casi rari” spiega Olga Poalelungi, capo dell’Ufficio migrazione e asilo in Moldavia. Tra i 375 migranti passati di qua dal 2009, i cittadini UE o statunitensi sono casi isolati, legati per lo più alla Romania e a permessi di soggiorno scaduti, come nel caso di un ungherese o di due statunitensi, di cui uno nato in Unione sovietica, poi spostatosi in Moldavia dagli Stati Uniti e rimasto senza i documenti necessari. “I 6 mesi di massima permanenza possibile vengono raggiunti raramente, la media è 2-3 mesi” continua Poalelungi “al momento abbiamo anche raggiunto 14 accordi bilaterali con singoli paesi e sono in corso negoziati con altri 27, tra cui la Russia”.
Perché in Moldavia?
Ma perché queste persone emigrano in Moldavia, notoriamente una delle economie più deboli del continente europeo? “Quasi tutti sono di transito verso l’UE, la Moldavia spesso non è la loro destinazione finale” sostiene Terzioglo “molti scelgono direttamente la rotta dall’Ucraina verso la Romania, ma alcuni preferiscono passare di qui, a volte è più facile per evitare i controlli o per la conformazione meno impervia del territorio”.Futuro di tenebra
“Bisognerà vedere cosa cambierà quando la Romania entrerà in Schengen” ragiona Simion Terzioglo “probabilmente il numero di immigrati illegali aumenterà notevolmente. Il governo moldavo fa grandi sforzi per sostenerne le spese di gestione, però se i costi aumenteranno sarà difficile, dovrà aumentare anche il personale”. Il Centro può ospitare 120 persone secondo i dati ufficiali, 200 secondo Terzioglo, persona esperta e navigata. Le camere sono spaziose e, solo alcune peculiarità – come le sbarre alle finestre, i cancelli, le sedie e i tavoli murati – ricordano un carcere. Pensare però a 200 migranti in questi spazi lascia intravedere scenari nei quali sarà difficile mantenere un pieno rispetto della loro dignità.
L’Europa securitaria
Il Centro in Moldavia non è un caso isolato. Fa parte di una politica migratoria europea che coinvolge tutti i paesi del vicinato. Anche l’autoritaria Bielorussia ha accettato questa logica da vari anni. L’UE punta a un’“esternalizzazione delle frontiere” che anticipi e respinga i migranti “illegali” prima che arrivino all’interno dell’Unione. Il Centro di accoglienza temporanea in Moldavia rientra in questo quadro. E, come paese a bassa attrazione di migranti, mostra a chiare lettere un ulteriore aspetto: la costruzione di un discorso securitario sull’immigrazione ancor prima di un presunto bisogno di tali politiche all’interno del paese. Si prepara così a “difendere” l’Unione per quando il confine di Schengen sarà lungo il Prut. E, se magari un giorno farà parte dell’UE, avrà già un suo primo “Centro di identificazione ed espulsione” funzionante.Serve davvero?
Tra gli ospiti attuali, M. è un'eccezione, proviene dal Ghana. “Ma lui dice di essere francese” precisa il responsabile del Centro. “Ho vissuto dal 2003 nell’UE: Francia, Italia, Danimarca” racconta M. “sono originario del Ghana, vorrei tornarci, la mia casa è là” aggiunge senza timori. M. racconta anche della cordialità moldava, dei suoi documenti falsificati, dei modi rispettosi che hanno la maggior parte dei poliziotti del Centro. Racconta anche di migranti che vengono rimandati nel loro paese, ma senza nessun soldo in tasca e in una città che è molto lontana dalla loro di origine.“È senza documenti, come la maggior parte degli ospiti. La settimana scorsa è venuto anche il console francese, ma non l’ha identificato come francese” nota poco dopo il responsabile. Cosa fare in questi casi? “Se nel corso di 6 mesi non ne viene identificata la nazionalità, ricevono un Foglio di tolleranza per 6 mesi, entro i quali devono lasciare il paese. Di solito, dopo poco sono già in Romania”.
Cosa servono allora centri di “accoglienza” come questi? La maggior parte delle persone sono rinchiuse per mesi e poi rimesse in strada nel paese, e probabilmente riprendono il loro percorso da dove l’avevano lasciato. Altre, a cui è scaduto il permesso di soggiorno, probabilmente sarebbero gestite più agilmente senza essere rinchiuse in una struttura. Ma in questa fase, la Moldavia, come altri stati dell’Europa orientale, fa propria questa logica securitaria e accetta di pagarne il conto.
Tratto da Osservatorio Balcani e Caucaso