In occasione della visita del Papa il Paese si ritrova con i riflettori internazionali puntati addosso. E scoppia il caos sicurezza, a cui si aggiunge la paura di manifestazioni e proteste che si traduce in controlli, divieti, repressione.
In Brasile è caos sicurezza.
All'indomani dell'arrivo del Papa a Rio e in preparazione della prima
messa pubblica che dovrebbe avere luogo oggi al santuario
dell'Aparecida le discussioni rimbalzano tra chi riporta e sottolinea
mancanze ed errori nell'imponente sistema di sicurezza messo in campo
per garantire l'incolumità del Pontefice, e chi cerca di placare gli
animi e tranquilizzare gli allarmisti in piena “psicosi sicurezza”.
Tutto ciò in uno scenario a tratti surreale in cui, in preda ad
un'agitazione dovuta in parte anche al timore di azioni e
manifestazioni come quella di ieri a Laranjeiras che potrebbero
inficiare la prestigiosa “facciata pubblica” costruita ad hoc, la
Policia Militar blinda luoghi di culto, passa allo scanner preti e
seminaristi, procedendo a registrazioni e controlli dei precedenti
penali dei dipendenti dei seminari, predispone più di 5000 uomini –
di cui 2200 dell'Esercito – a presidiare luoghi, strade, percorsi.
Durante le situazioni pubbliche
perquisizioni e controlli per essere sicuri che la visita del Papa
non venga turbata dalla vista di cartelli con slogan di protesta “che
possono recare offesa all'integrità del Pontefice e della Nazione”.
Minacce di “soffocare immediatamente” altre proteste e
manifestazioni. Il come lo possiamo ben immaginare, dato che tutti
noi abbiamo ancora davanti agli occhi le immagini della repressione
messa in atto nell'ultimo mese e, più recenti, degli scontri di ieri
davanti al palazzo del governo, gli arresti, le inquietanti voci
riguardo l'utilizzo di proiettili veri da parte della BOPE.
Ma non solo aumenti del personale di
polizia, rinforzi e controlli. È di ieri la comunicazione
ufficiale, pubblicata nel Diario Oficial, della costituzione da parte
del governatore dello Stato di Rio Sergio Cabral, di una Commissione
Speciale per le Indagini su Atti di Vandalismo compiuti durante
Manifestazioni Pubbliche (CEIV), composta da membri dell'Ufficio di
Sicurezza, della Policia Civil, della Policia Militar e del Pubblico
Ministero.
Inquietanti i poteri – da molti ritenuti illegali e incostituzionali – di cui questa commissione è rivestita: priorità assoluta alle richieste avanzate dal Commissario in ambito investigativo (quindi i “crimini” commessi durante le manifestazioni diventerebbero più importanti rispetto ad altri delitti, per esempio il reato di tortura, di traffico illecito, etc.), facoltà di richiedere ogni tipo di informazione riguardante le persone sospette alle compagnie telefoniche e di servizi internet (che sono obbligate a fornirle entro 24 ore) e di compiere “qualsiasi atto necessario per l'istruzione di procedimenti contro questo tipo di crimini con la finalità di punirli”.
Inquietanti i poteri – da molti ritenuti illegali e incostituzionali – di cui questa commissione è rivestita: priorità assoluta alle richieste avanzate dal Commissario in ambito investigativo (quindi i “crimini” commessi durante le manifestazioni diventerebbero più importanti rispetto ad altri delitti, per esempio il reato di tortura, di traffico illecito, etc.), facoltà di richiedere ogni tipo di informazione riguardante le persone sospette alle compagnie telefoniche e di servizi internet (che sono obbligate a fornirle entro 24 ore) e di compiere “qualsiasi atto necessario per l'istruzione di procedimenti contro questo tipo di crimini con la finalità di punirli”.
La creazione di questa commissione
viene giustificata, secondo il docente della Facoltà di
Giurisprduenza dell'Università di San Paolo Gustavo Justino de
Olivera, “dal suo carattere emergenziale e dalle circostanze create
dalle manifestazioni nella capitale dello Stato che hanno fatto sì
che l'Esecutivo ritenesse opportuno accellerare le indagini e le
conseguenti punizioni di chi si rende responsabile di atti di
vandalismo”. Tuttavia, ricorda, “ci sono dei limiti imposti dalla
riservatezza telefonica e dalla privacy. [...]”. “La riservatezza
dei dati privati è un diritto sancito dalla Costituzione Federale”
rincara la dose la professoressa Odette Medauar, titolare della
Facoltà di Giurisprduenza dell'Università di San Paolo.
La creazione di questa commissione, in
particolare dopo i fatti dell'altro ieri sera a Laranjeiras, quando
dopo una contestazione pacifica polizia e manifestanti si sono
scontrati, con arresti, feriti, lancio di lacrimogeni e proiettili di
gomma (se non addirittura di proiettili veri, secondo un'inquietante
voce che continua con insistenza a circolare), ha suscitato
perplessità e preoccupazione non solo negli attivisti e
manifestanti, ma anche in chi si occupa di giurisprudenza: “se da
un lato c'è la volontà di preservare il patrimonio pubblico e
privato dagli atti di vandalismo, dall'altro c'è il rischio di
limitare la libertà e i diritti di chi viene fermato in quanto
sospettato di aver compiuto questi atti. In questo caso lo Stato di
Rio ha dato più importanza alla conservazione del patrimonio. Si
tratta di una scelta politica. Ma all'interno di questa scelta non ci
devono essere dubbi riguardo la competenza e soprattutto i limiti che
questo tipo di azione deve avere. Se così non è, la tendenza delle
autorità brasiliane è storicamente quella di agire al di là dei
propri poteri legittimi, perpetrando eccessi e abusi”, afferma
Justino de Oliveira.
Ulteriore elemento di preoccupazione la
mancanza di un controllo sull'operato di questa commissione, dovuta
anche ad alcune ambiguità riguardo al ruolo che si troverebbe a
ricoprire il Pubblico Ministero all'interno questa commissione:
“quando il PM agisce fianco a fianco ad organismi di
amministrazione diretta, come in questo caso, sta di fatto
compromettendo le sue funzioni primarie. Se è parte integrante della
CEIV come si può credere che in caso di necessità ne denunci gli
abusi? È una situazione delicata....”.
Delicata, sicuramente. Soprattutto in
questo momento in cui il Brasile, e in particolare lo stato di Rio de
Janeiro, si trova con i riflettori internazionali puntati addosso,
così com'è stato durante le giornate della Confederation Cup. Se da
un lato questi riflettori costituiscono un megafono per le
rivendicazioni di quei tanti giovani che, invece di riempire la
spiaggia di Copacabana per un giorno per festeggiare l'arrivo del
Papa, è ormai più di un mese che riempiono le strade e le piazze,
dall'altro costituisce un momento in cui istituzioni, autorità
politiche e militari, forze di polizia etc. si stanno misurando con
il giudizio e le critiche mondiali, in una “prova di forza” che
non può che produrre i risultati inquietanti che abbiamo già visto,
caratterizzate da forme eccessive di controllo, repressione,
limitazione dei diritti e della libertà delle persone.