L’indigena Teresa Castellanos ha dedicato gli ultimi sei anni della sua vita a difendere la terra della sua gente. È portavoce dell’Assemblea Permanente dei Popoli di Morelos (APPM). Coordina il comitato Huexca in resistenza che difende le vittime del Progetto Integrale Morelos (PIM) e della centrale termoelettrica.
In riconoscimento al suo lavoro le è stato conferito questo anno il premio di diritti umani Sergio Méndez Arceo. Nel 2018, insieme ad Aurora Valdepeña, ha ottenuto il premio alla Creatività 2018 della Donna della Fondazione dal Forum Mondiale delle Donne. Nel 2015 è stata finalista per il Premio Internazionale dei Diritti Umani Front Line Defenders. A causa delle minacce subite, lei e le sue due figlie sono state incluse nel Meccanismo di Protezione per Giornalisti e Difensori de Diritti Umani.
La sua lotta poggia sulla tradizione zapatista ed il movimento jaramillista, profondamente radicati nell'immaginario popolare di questa regione. Da un Emiliano Zapata che poco ha a che vedere con le cerimonie ufficiali in suo onore o con la narrazione di storiografi accademici. Si tratta di uno zapatismo che ha resistito sia alla strumentalizzazione dell’agrarismo delle centrali sindacali campesine, sia ai tentativi dei diversi governi di presentarsi come la sua incarnazione.
Teresa è l’espressione dello zapatismo in carne ed ossa, lontano da quello di carta dei biglietti della Lotteria Nazionale. Intervistata dalla giornalista Daliri Oropeza, ha spiegato le radici e le ragioni della sua lotta. "È l’ideale che ci si porta dentro. L’essere nata in terra zapatista è un orgoglio. Ma non solo per avere sangue zapatista, ma per portarne gli ideali. Sapere che ci sono state tante persone che hanno lottato per il bene delle comunità, come il generale Zapata, per terra, acqua, monti, per la libertà. A 100 anni dal suo assassinio, il suo ideale qui è ancora vivo. Continuiamo a resistere. Si è resistito per tutti questi 100 anni", ha detto. Ed ha aggiunto:"Ho ammirato moltissimo il generale Emiliano Zapata. Per tutta la mia vita, da quando andavo alle medie, ho ricordato e letto del generale Emiliano Zapata" .(https://bit.ly/2IfIRAU).
È questo lascito quello che ha fatto dire a Teresa nell’evento di Chinameca, il 10 aprile scorso, dove centinaia di contadini e indigeni hanno commemorato, al margine del governo federale, il 100° anniversario luttuoso dell’assassinio di Emiliano Zapata:"Siamo contro AMLO perché lui è contro di noi. Volevamo parlare con lui. Lui si è rifiutato".
La durezza delle sue parole (condivise dai partecipanti all’evento) ha una storia dietro. A maggio del 2014, a Yecapixtla, Morelos, López Obrador durante un incontro disse: "Non vogliamo la costruzione del gasdotto o della centrale termoelettrica o le miniere, perché distruggono il territorio ed inquinano le acque. Ed aggiunse:"Il Messico non è territorio di conquista, né perché vengono gli stranieri ad appropriarsi di tutto. Pensate che vogliono costruire una centrale termoelettrica ad Anenecuilco, la terra dove è nato il migliore dirigente sociale che ci sia mai stato nella storia del Messico, Emiliano Zapata. È come se andassero a Gerusalemme e costruissero una discarica di rifiuti tossici o una centrale nucleare".
Tuttavia, le parole di López Obrador sono svanite quando è entrato nel Palazzo Nazionale. Il 10 febbraio a Cuautla, il Presidente ha ritrattato la sua parola. Gli oppositori al PIM gli hanno risposto gridando: “Agua sì, termos no!”.
López Obrador si è rivolto a loro dicendo:"Sentite, radicali di sinistra, per me non sono altro che conservatori", ed ha annunciato la realizzazione di una consultazione, impugnata dalle comunità indigene.
Dieci giorni dopo, l’attivista Samir Flores, figura chiave nella lotta contro la termoelettrica e nell’organizzazione delle comunità di Morelos, viene assassinato a colpi d’arma da fuoco sulla porta di casa. Il mandatario, invece di sospendere la consultazione, è andato avanti.
“L’assassinio del generale fu molto doloroso per tutti, come lo è ora l’omicidio del compagno Samir Flores – ha detto Teresa a Daliri Oropeza – non so se sia un caso, ma a 100 anni dall’assassinio del generale Emiliano Zapata uccidono un compagno che aveva lo stesso ideale. Anche se non aveva il sangue del generale, né fosse suo parente, egli portava avanti lo stesso ideale e pensava e parlava come lui, e lottava per la libertà dei popoli, e perché questo cambiasse”.
L’11 febbraio, un giorno dopo averli accusati di essere conservatori, la APPM ha inviato una lettera al Presidente in cui gli ha detto:"Lei ci ha offeso, ha dedicato gran parte del suo discorso democratico a lanciarci epiteti senza conoscerci o conoscendoci, non sappiamo. Ed ha dichiarato: se non si cancella la centrale termoelettrica a Morelos, non ci saranno omaggi ufficiali a Zapata da parte del governo.
Da Zapata a Zapata. Quasi due mesi dopo la missiva, le cronache giornalistiche riferivano che, a Chinameca, mentre centinaia di contadini ricordavano il generalissimo protestando contro il PIM, il palco ufficiale dell’evento per i 100 anni dal suo crimine era vuoto. Andrés Manuel López Obrador ha dovuto realizzare l’evento a Cuernavaca, a 86 chilometri di distanza da dove fu assassinato il Caudillo del Sud.
Traduzione “Maribel” – Bergamo
Testo originale: https://www.jornada.com.mx/2019/04/16/opinion/018a2pol