La megalopoli del Brasile diventa più pericolosa che
mai per la sua stessa popolazione. Ma a far salire il numero di omicidi sono le
stesse forze dell'ordine, spronate dal governatore Wilson Witzel - seguace
della prima ora del presidente Bolsonaro - che dà loro una sostanziale licenza
d'uccidere nelle favelas in nome di una supposta lotta alla criminalità
di
Luigi Spera
L’azione
di tiratori scelti impiegati per abbattere sommariamente “sospetti”
criminali nelle favelas è passata in pochissimi mesi da urlato
slogan elettorale a realtà di terrore per decine di comunità della città di Rio
de Janeiro. Il volo radente degli elicotteri da guerra della polizia con mitragliate nel mucchio
in direzione di abitazioni e vicoli delle favelas è una scena ricorrente per
centinaia di migliaia di cittadini delle aree carenti dello stato di Rio.
Sono
gli effetti della deriva autoritaria e militarista imposta alle forze
dell’ordine da parte del nuovo governatore dello Stato di Rio de Janeiro, Wilson
Witzel.
Rio de Janeiro: record di omicidi della polizia nelle
favelas
Wilson Witzel (sinistra) con il presidente del Brasile, Jair Bolsonaro (via Flickr) |
Il primo
trimestre del 2019, il primo al potere del nuovo governatore carioca, sostenitore
della prima ora del presidente Jair Bolsonaro e ora suo promesso
concorrente nella corsa presidenziale del 2022, segna il record assoluto di
assassinii commessi dalla polizia: 434.
In crescita del 17,9 per cento
rispetto al 2018. Mai se ne sono registrati tanti dall’inizio della serie
storica nel 1998, anno nel quale gli «omicidi conseguenti a intervento della
polizia» nel trimestre furono 73.
E la lista si allunga quotidianamente.
Solo nel
fine settimana tra venerdì 3 e lunedì 6 maggio sono state uccise 13 persone:
otto nel corso di un intervento della polizia con l’uso di elicotteri nella
favela di Maré, quattro nella favela di Borel. Le due più sanguinose
stragi dopo quella registrata all’inizio dello scorso febbraio nella favela
di Fallet-Fogueteiro, terminata con un bilancio di 13 morti.
In
un’intervista di poche settimane prima, il governatore, commentando i crescenti
indici di violenza della polizia, aveva affermato di avere «zero
preoccupazioni» rispetto all’inquietante aumento degli esiti fatali delle
azioni delle forze dell’ordine.
E sottolineando: «Mi fido della polizia»,
rivendicando quindi la scelta di aver dato maggiori poteri discrezionali ai
vertici militari.
«Quando ho
soppresso la Segreteria di Pubblica Sicurezza, l’obiettivo era esattamente
quello di dare alla polizia maggiore protagonismo e il potere decisionale».
La guerra al crimine di Witzel: Rio ora è più
pericolosa
La novità
della politica di «guerra al traffico di droga» basata sulla violenza
sommaria e caratterizzata dalla mancanza di indagini, è la sovraesposizione
mediatica del governatore. Wilson Witzel non si nasconde, non smentisce.
Non temendo ripercussioni o conseguenze per la sua condotta politica e
personale, il governatore non ha esitato, per esempio, ad ammettere in
pubblico di stare impiegando tiratori scelti contro i trafficanti in
maniera arbitraria e segreta, pur trattandosi di un impiego illegale.
Più volte si
è fatto riprendere mentre prende parte ad azioni goliardiche militaresche,
esercitazioni e azioni violente della polizia. L’ultima in ordine di tempo lo
scorso 4 maggio, quando Witzel ha condotto sul campo di un’operazione contro
il traffico di droga in una favela di Angra dos Reis in diretta
social. Nel video pubblicato su Twitter il governatore è ritratto mentre
sorvolando in un elicottero blindato della polizia una comunità annuncia un
blitz per «finirla con la criminalità» ad Angra dos Reis.
Governatore di Rio de Janeiro denunciato per
violazione dei diritti umani
Dopo cinque
mesi di interventi di questo genere, la commissione diritti umani dell’Assemblea legislativa dello
stato di Rio de Janeiro (Alerj) ha denunciato il governatore Wilson
Witzel all’Onu e all’Organizzazione
degli stati americani (Osa) per la sua politica di pubblica
sicurezza ascrivibile, secondo la commissione, ai reati di «tortura, crimini
contro l’umanità e imposizione arbitraria di pena di morte».
Nella sua
relazione, la deputata Renata Sousa del Partito socialismo e libertà
(Psol) definisce la politica di Witzel «genocida». «I discorsi del
governatore non sono solo controversi, sono irresponsabili. Witzel non si
presenta come uno statista, un mediatore di conflitti. Le sue dichiarazioni
mostrano che non esiste una politica pubblica a Rio per ridurre gli omicidi.
Promuove il contrario».
Favelas a Rio de Janeiro – Foto: a l o b o s (via Flickr) |
Accanto ai
legislatori dell’assemblea di Rio, si sono schierati anche nove deputati
federali, che hanno firmato una dichiarazione durissima contro «la politica
omicida che è stata messa in pratica nello stato e divulgata con fervore
nelle reti sociali del governatore. Le persone coinvolte in reati devono essere
processate e punite in conformità con le leggi dello stato brasiliano. Il
governatore di Rio non può, arbitrariamente, istituire la pena di morte,
in diretto disprezzo della Costituzione brasiliana, o mettere in pericolo la
vita dei residenti delle comunità. La politica adottata da Witzel è
incostituzionale, è un crimine contro l’umanità e viola i trattati
internazionali firmati dal Brasile, tra i quali la Convenzione di Ginevra e
lo Statuto di Roma (istitutivo del Tribunale Penale Internazionale). Questa
politica banalizza la violenza e ufficializza la barbarie in uno stato
che già vive con un aumento allarmante delle morti derivanti dall’azione della
polizia».
Se le accuse
fossero accettate, il Brasile potrebbe rispondere delle morti nei tribunali
internazionali. Le denunce chiedono infatti all’Onu di raccomandare formalmente
allo stato brasiliano di ridurre la mortalità nelle azioni di polizia e di
valutare la condotta di Witzel, che incoraggerebbe la condotta degli
agenti di sicurezza.
Di fronte
all’ondata di polemiche, il governatore si è difeso affermando: «In
linea di principio, chiunque sia stato ucciso aveva un fucile a pompa e ha
sparato alla polizia».
Tuttavia, non ci sono prove che questo sia vero e, al
contrario le denunce di familiari e vittime della polizia raccontano un’altra
verità.
Cecchini contro la popolazione delle favelas: è un
«crimine contro l’umanità»
Uno dei
capitoli più controversi dell’attuale situazione della pubblica sicurezza di
Witzel è l’utilizzo di tiratori scelti per abbattere presunti criminali
nelle favelas. Dopo averlo annunciato e proposto, ipotizzando una modifica
legislativa, il governatore ha disposto l’impiego degli snipers (cecchini)
in maniera arbitraria e in aperta violazione della legge. Le prime morti
sospette risalgono allo scorso settembre, quando alcune persone sono state
colpite in momenti di assenza di conflitto tra polizia e trafficanti di droga
in favela, centrate con colpi singoli di arma da fuoco. Proiettili arrivati dal
nulla, apparentemente da lunga distanza e senza essere accompagnati da alcun
rumore o da presenza inusuale di polizia.
La prima
volta che i residenti hanno usato apertamente la parola “cecchino” è stato
tuttavia in occasione della morte di Rômulo Oliveira da Silva, 37 anni,
ucciso il 29 gennaio del 2018 mentre rientrava a casa da alcune commissioni
nella favela di Manguinhos. Secondo l’autopsia l’uomo è stato centrato
al cuore da una singola pallottola arrivata dall’alto.
Lo stesso
giorno, poche ore prima, un giovane muratore di 22 anni era stato ammazzato
da una pallottola che lo aveva colpito alla schiena mentre comprava acqua di
cocco per il figlio di 3 mesi.
«Il colpo è arrivato dalla torre della
cittadella della polizia», aveva affermato senza esitazioni la vittima. Da mesi,
infatti, i residenti hanno identificato il luogo dove si appostano i “cecchini
di stato”: una torre bianca nella cittadella della polizia civile dello
stato di Rio, a 250 metri dalla favela di Manguinhos.
Simulazione del gruppo d’intervento tattico nella metro di Rio de Janeiro (via Wikipedia) |
Denunce politiche e magistratura: la reazione delle
istituzioni in Brasile
Secondo
un’indagine del Nucleo diritti umani
dell’ufficio di difesa pubblica dello stato di Rio e della federazione, gli
spari arrivano dal deposito prove della cittadella della polizia. «Sul muro ci
sono delle feritoie usate dai poliziotti per sparare», affermano. I testimoni
sentiti mettono in relazione le uccisioni sospette con la campagna elettorale,
quando l’allora candidato, poi eletto governatore, Wilson Witzel, annunciò per
la prima volta l’uso di cecchini: «La cosa più
giusta è uccidere i banditi che usano armi. La polizia farà la cosa giusta:
mirare alla testa e fare fuoco».
Il totale
senso di impunità del governatore lo ha spinto ad ammettere come normale la
misura che la deputata Renata Sousa, in una denuncia alla procura della
repubblica, ha definito crimine contro l’umanità.
«I cecchini
sono usati in assoluta segretezza. Li stiamo impiegando ma senza divulgarlo. Chi
valuta se sparare alla testa o qualsiasi altra parte del corpo è l’ufficiale
di polizia. Il protocollo è chiaro: se qualcuno usa con il fucile, deve
essere immediatamente neutralizzato in modo letale». Tuttavia, nella mancanza
di divulgazione non è possibile verificare chi viene ucciso dai cecchini e
perché.
Subito dopo
l’intervista, lo scorso 1° aprile, la deputata dello stato di Rio de Janeiro, Renata
Souza, ha inviato alla procura dello stato e a quella federale una
richiesta chiedendo maggiori indagini sul modo nel quale i tiratori
scelti sono impiegati dalle azioni della polizia di Rio de Janeiro, quando sono
stati impiegati, quante volte, in quali operazioni e quanti morti hanno già
causato.
I magistrati
del pool di sicurezza pubblica (Gaesp) della procura di Rio (Mprj), hanno inoltrato
una richiesta di informazioni al governatore Witzel e ai segretari
della polizia civile, Marcus Vinícius Braga, e della polizia militare, Rogério
Figueiredo Lacerda. Al momento nessuna informazione è stata recapitata alla
giustizia.
tratto da Osservatorio Diritti