venerdì 7 febbraio 2014

Brasile - Scontri a Rio durante la protesta contro l’aumento dei prezzi dei mezzi pubblici

Almeno sette persone sono rimaste ferite, una in modo in grave, la sera del 6 febbraio negli scontri tra i manifestanti e la polizia a Rio de Janeiro, in Brasile. Le violenze sono avvenute durante una protesta contro l’aumento dei prezzi del trasporto pubblico alla stazione centrale.
Gli scontri sono avvenuti alle 18 (ora locale) e sono rimasti coinvolti anche diversi pendolari. Gli agenti hanno lanciato gas lacrimogeni, mentre gli attivisti hanno tirato pietre e bombe molotov.
La persona ferita gravemente è un cameraman della televisione brasiliana Band. L’uomo, colpito alla testa da un ordigno esplosivo, si trova attualmente in ospedale. Almeno ventotto manifestanti sono stati arrestati, scrive la Folha de São Paulo.

Alcune immagini girate sul posto dal sito A Nova Democracia.



Da più di un anno in Brasile sono in corso manifestazioni contro la corruzione e le spese eccessive del governo per organizzare i mondiali di calcio del 2014, in programma dal prossimo 12 giugno.
Una protesta simile a quella di Rio era scoppiata alla fine di maggio a São Paulo, quando i politici locali hanno annunciato l’aumento delle tariffe dei mezzi pubblici. Dopo settimane di proteste, l’aumento è stato cancellato.
La settimana scorsa il sindaco di Rio, Eduardo da Costa Paes, ha annunciato l’aumento del 9 per cento dei biglietti dell’autobus, che entra in vigore il 7 febbraio. A quel punto è stata organizzata una protesta di Passe livre, un movimento a favore del trasporto pubblico gratuito, di fronte alla chiesa di Candelária.

La manifestazione inizialmente è stata pacifica. Poi il corteo si è spostato verso la stazione centrale, dove sono cominciati gli scontri.

tratto da Internazionale

Bosnia-Erzegovina - Le proteste più importanti dalla fine della guerra nei Balcani

Decine di persone sono rimaste ferite negli scontri tra polizia e manifestanti in diverse città della Bosnia Erzegovina durante le proteste che vanno avanti da tre giorni contro l’immobilismo del governo e la mancanza di lavoro.
Il 7 febbraio a Tuzla, una città nel nord del paese, la sede del governo locale è stata presa d’assalto da migliaia di manifestanti che hanno rotto vetri e provato a incendiarla. A Sarajevo ci sono stati scontri tra forze dell’ordine e i manifestanti: la polizia ha usato gas lacrimogeni e proiettili di gomma per disperdere i cortei. Ci sono stati disordini in almeno 20 città.

Un video girato a Sarajevo:



Le proteste, che sono le più importanti dalla fine della guerra dei Balcani, vanno avanti da tre giorni. I manifestanti chiedono misure urgenti contro la disoccupazione.
A Zenica, un’altra città della Bosnia, i manifestanti hanno dato alle fiamme l’edificio del governo locale.
I feriti a Sarajevo sono almeno 80, a Zenica 10.
Le proteste sono cominciate a Tuzla il 5 febbraio, dopo che 200 operai sono stati licenziati. Nella città nel giro di poco tempo quattro aziende hanno dichiarato fallimento e in città la disoccupazione è al 40 per cento.
Il 5 febbraio a Tuzla negli scontri tra polizia e operai ci sono stati almeno 130 feriti, molti causati dai gas lacrimogeni.
Nelle quattro fabbriche, che un tempo erano di proprietà dello stato e che poi sono state privatizzate dopo la guerra, lavorava la maggior parte della popolazione della città. Ma le quattro aziende sono fallite, i proprietari hanno venduto gli asset e gli operai non sono stati pagati o sono stati licenziati.

Dopo la fine della guerra nei Balcani molte aziende sono state privatizzate, ma una classe politica poco preparata e un alto tasso di corruzione hanno impedito all’economia bosniaca di decollare. Nel paese la disoccupazione è al 27 per cento: si tratta del tasso più alto di tutta l’area balcanica. 

tratto da Internazionale

martedì 4 febbraio 2014

Messico - Suore di Altamirano aggredite nell’attacco contro l’ejido 10 de Abril per impedire di soccorrere i feriti


A seguire articolo di Hermann Bellinghausen. Enviado. San Cristóbal de las Casas, Chis.,
  
Durante l’attacco di coloni dell’ejido 20 de Noviembre (Las Margaritas) all' ejido 10 de Abril, municipio autonomo zapatista 17 de Noviembre, il 30 gennaio scorso, denunciato ieri dalla giunta di buon governo (JBG) del Caracol di Morelia, non solo sono stati gravemente feriti tre basi di appoggio dell’EZLN, ma è stato anche aggredito il personale dell’ospedale San Carlos, di Altamirano, e impedito loro di soccorrere i feriti.

La religiosa Patricia Moysén Márquez, conosciuta da anni nella regione di Altamirano per il suo lavoro nell'ospedale San Carlos e la sua vicinanza con le comunità indigene, racconta quanto accaduto: "Intorno alle 7,30 abbiamo ricevuto una chiamata di soccorso in aiuto dei feriti nella comunità 10 de Abril. E’ subito partita l’ambulanza con l’autista, un medico e una sorella. L’ho seguita in un pick up, non sapendo il numero di possibili feriti. Al crocevia di San Miguel ci siamo imbattuti in moltissima gente di 20 de Noviembre armati di bastoni e machete. 
Un altro gruppo li ha intercettati più avanti.

“Suor Martha Rangel Martínez ed io viaggiavamo dietro l’ambulanza. Ci siamo identificate ed abbiamo detto che stavamo andando a soccorrere dei feriti. La loro risposta allora è stata che avrebbero bruciato l’auto perché eravamo del governo e così il problema si sarebbe risolto più rapidamente. Noi abbiamo ribattuto che non siamo governo ma apparteniamo alla Chiesa. 

Allora ci hanno detto che eravamo zapatisti che stavamo andando in aiuto del nostro gruppo. Noi abbiamo detto che stavamo andando a soccorrere dei feriti di qualunque religione o partito fossero. Il problema che avevano loro non era affare nostro, ma ci preoccupavamo solo dei feriti.”

venerdì 31 gennaio 2014

Kurdistan - Lettera di Öcalan al Popolo Armeno

Il giornale armeno Agos ha pubblicato il testo integrale della lettera che il leader del popolo kurdo Abdullah Ocalan ha recentemente scritto al popolo armeno.

Öcalan ha richiamato l’attenzione sull'interruzione delle relazioni sociali negli ultimi tre secoli tra gli antichi popoli della Mesopotamia e dell’Anatolia, e ha osservato che queste terre si sono trasformate in un cimitero di popoli e di culture a causa del veleno sparso dalla modernità capitalista e dagli stati nazionali con i loro progetti di creazione di stati monolitici, per cui predispongono una sotto struttura ideologica per un disastro e per la distruzione di popoli così come di decine di lingue e culture.
Öcalan ha osservato che le guerre e gli scontri nel corso della storia hanno raggiunto il massimo livello oggi più che mai, con lo scopo di distruggere l’umanità e la natura.

lunedì 27 gennaio 2014

Messico - EZLN: trent'anni del più sensato dei deliri

di Angel Luis Lara

Nel novembre 1983 un piccolo gruppo di uomini che si conta sulle dita di una mano atterrò nella fitta Selva Lacandona, nello stato messicano del Chiapas. Avevano deciso di chiamarsi in maniera roboante come Esercito Zapatista di Liberazione Nazioale (EZLN). La maggior parte, del tutto abituati alla realtà della città, portava nello zaino un proposito che risuonava nelle loro conversazioni come qualcosa di delirante: fare la rivoluzione. Senza dubbio, visto le condizioni di estrema povertà e emergenza sociale in Chiapas, tale delirio risultava certamente sensato. Inoltre, le montagne e le selve chiapaneche non solo ospitavano gente in resistenza da quasi 500 anni, ma anche alla fine del diciannovesimo secolo alcuni degli esuli protagonisti della Comune di Parigi avevano concluso la loro esistenza in Chiapas; in queste terre non avevano mai smesso di fiorire antagonismi e dissensi sotterranei.

Armato di linguaggi quadrati e triti artefatti ideologici, questo piccolo gruppo iniziale non ha tardato a scontrarsi con i sentimenti comuni dei popoli indigeni originari e che abitano questi territori.

Ed è stato allora che il Subcomandante Marcos, il più conosciuto partecipante di questa primigenia e delirante monade zapatista, ha deciso che le forze non gli bastavano per andare avanti e che era meglio scendere da questa barca beccheggiante e incerta. “Dov'è l'uscita?” chiese. “Non c'è uscita”, gli hanno risposto i popoli indigeni. “E allora? Che cosa facciamo?” rispose un'interdetto Marcos. “Restate e imparate”, dissero i popoli maya. E questo è quello che hanno fatto. Hanno ascoltato e imparato dai popoli indigeni fino al punto di diventare loro stessi indigeni. Una sorte di possessione a base di bevande di realismo magico che ha disarmato l'arroganza e i cliché tradizionali della sinistra, per attivare un meraviglioso ibrido rivoluzionario fatto di saperi e della cosmo visione indigena, capace di partorire un arte del cambiamento sociale rivoluzionario pieno di paradossi e di ponti verso fuori. Così, armati di domande, gli zapatisti sono nati come un ossimoro: il più sensato dei deliri.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!