Salvador López Arnal intervista Vicent Boix Bornay, autore del "Parque de las hamacas"
Alcuni mesi fa è stato pubblicato un libro molto prezioso frutto di anni di lavoro non solo teorico. Si tratta del "Parco delle amache: il chimico che ha colpito i poveri". Il suo autore è l’attivista sociale Vicent Boix Bornay, il quale a partire dal suo primo viaggio in Nicaragua nel 2001 ha seguito molto da vicino gli effetti, molte volte negativi, dei prodotti chimici utilizzati nella produzione di frutta nella regione centroamericana. Per decadi, compagnie multinazionali dalle quali si riforniscono le attività commerciali che ci circondano, hanno sfruttato, schiavizzato ed avvelenato, in molte occasioni impunemente, i lavoratori e le lavoratrici dell’America Latina.
I temi denunciati nel "Parque de las hamacas" -http://www.elparquedelashamacas.org- ed altri attinenti ad essi sono stati gli argomenti centrali della nostra conversazione.
-Possiamo iniziare parlando di parole e libri. Da dove ha preso il titolo del suo più recente libro? Di che parco si tratta?
Il parco in questione è quello ubicato di fronte alla Asamblea Nacional del Nicaragua. Anni fa, le persone ammalate a causa dell’agrochimico Dbcp hanno fatto alcune marce di protesta partendo dalle loro case -situate nella maggior parte dei casi nel dipartimento di Chinandega- fino alla capitale Managua. Dopo aver percorso circa 150 km si sono sistemati in questo parco dove hanno costruito le loro tende ed hanno appeso le loro amache. Cercavano in questo modo di far pressione sulla classe politica locale, mettendosi davanti ai loro nasi, con l’obiettivo di ottenere risposte per ciò che chiedevano. La permanenza durava settimane e di fronte alla forza di volontà degli ammalati, le autorità dovevano reagire. In numerose occasioni, questo peculiare accampamento ha permesso sostanziali passi in avanti, riuscendo ad affrontare a viso aperto le multinazionali che hanno fabbricato ed usato questo prodotto. Per me, "Il parco delle amache", è l’icona internazionale della lotta dei lavoratori affetti dalle malattie causate dall’agrochimico Dbcp. Per questo il titolo è un omaggio a tutti loro e si riferisce ad un posto dove confluisce la tragedia del passato, la lotta del presente e la speranza del futuro.
-Il sottotitolo parla di un chimico che ha colpito i poveri. Di che prodotto chimico si tratta? Perché limita i suoi effetti solo alle persone povere? Lei dice che si tratta della cronaca di una tragedia annunciata. Annunciata da chi?
Il prodotto si chiama Dibromo Cloropropano (DBCP). Combatteva parassiti chiamati nematodi che colpivano molte coltivazioni. Dalle stesse prove di laboratorio sono stati scoperti i suoi effetti tossici, ma nonostante ciò è stato approvato negli Stati Uniti e le multinazionali l’hanno prodotto ed utilizzato. Per questo motivo parlo di una tragedia annunciata, benché taciuta. È stato usato in circa 15 paesi, principalmente del Sud, ma anche in nazioni del nord come gli Usa e la Spagna (Isole Canarie). Fondamentalmente è stato applicato nelle coltivazioni di banane e come regola generale, chi ci lavorava erano persone di scarse risorse economiche, sottomesse a condizioni lavorative penose.
-Nei ringraziamenti sorprende il fatto che da una parte esprime riconoscimento per quelle imprese implicate nel caso che gentilmente hanno dato la loro versione dei fatti, mentre dall’altra fa notare la mancanza di collaborazione di persone legate a questa lotta, includendo anche altrimondisti e politici imborghesiti nelle loro poltrone. A che cosa si riferisce concretamente? Sono stati davvero così gentili con lei? E quando parla degli altrimondisti, di che cosa si lamenta concretamente? Non ha ricevuto il loro sostegno, le hanno negato informazioni, non l’hanno presa in considerazione?
Alcune multinazionali, non tutte, mi hanno dato la loro versione dei fatti. Tuttavia, ho cercato di contattare persone collegate ai gruppi di ammalati, formazioni politiche di sinistra ed organizzazioni sociali di diversa indole, che avrebbero potuto arricchire l’indagine, ma non mi hanno nemmeno risposto o in alcuni casi il contatto è stato improduttivo. Non conviene comunque generalizzare, poiché questi casi sono stati pochi, mentre in generale le risposte avute sono state positive.
Parliamo un po’ del Dbcp. Quando si è saputo che il contatto con l’essere umano produceva gravi danni alla salute?
Già nel 1958 durante esami di laboratorio fatti dalle multinazionali si menzionavano effetti negativi sulle cavie. Nel 1961 si è pubblicato il primo studio in una rivista scientifica che venne firmato da alcuni autori che avevano realizzato le prove per conto delle imprese produttrici (Shell e Dow Chemical). Fu uno studio molto discusso in quanto le concentrazioni massime di esposizione raccomandate dagli scienziati, con gli anni, risultarono essere molto alte e pericolose per l’umano. Cioè, è esistita una certa arbitrarietà. Dopo una serie di discussioni tra le multinazionali e le autorità nordamericane, il Dbcp venne approvato nel 1964. Nonostante ciò, nel 1977 esplose lo scandalo e negli Stati Uniti si scoprì che decine di persone erano rimaste sterili dopo essere venute in contatto con l’agrotossico nelle fabbriche chimiche.
-E si smise di produrlo e di distribuirlo, come segnalano alcune delle imprese implicate, nel momento in cui si venne a conoscenza degli effetti?
Curiosamente, tra lo scandalo del 1977 e la proibizione totale passarono due anni. Il prodotto chimico si continuò ad utilizzare mentre si realizzavano ulteriori esami di laboratorio ed indagini. In quello periodo, fino al 1979, alcune imprese chimiche annunciarono la sospensione della produzione benché continuassero a vendere lo stock, ed altre, al contrario, decisero di continuare la fabbricazione del prodotto. Per quello che riguarda le multinazionali agroesportatrici, esistono prove documentate che dimostrano come almeno la Dole Food continuò ad essere molto interessata al Dbcp dopo lo scandalo del 1977, tanto che lo continuò a usare nei paesi del sud. E se facciamo riferimento ai documenti giornalistici che ho potuto trovare, il Dbcp venne applicato nel sud durante il 1980, 1983, 1986, 1991, fino al 1997.
-Quando si è proibito nei paesi centroamericani? Non è stato poco dopo aver saputo dei suoi effetti nocivi?
Dipende dagli Stati. Il Costa Rica scoprì il problema quasi in contemporanea con gli Usa e lo proibì nel 1979 dopo aver scoperto un alto grado di sterilità tra i lavoratori delle bananeras. Il Nicaragua lo fece ad esempio nel 1993 e Panama nel 1997. Purtroppo ancora oggi si applicano prodotti chimici in certi posti, mentre sono proibiti nei paesi dove vengono prodotti. Si vede che non interessa che certa informazione fluisca e quando si riesce a diffonderla esistono altri meccanismi per tollerare l’uso di certi prodotti. Gli interessi economici di alcuni vengono prima di tutto. Questo fatto si estende ad altri ambiti: per esempio in Spagna si tollera la coltivazione del mais transgenico MON-810, mentre in Francia è completamente proibita a causa dei rischi.
-Inoltre non sembra che qui vigesse il principio di precauzione. Come è possibile che nell’agroindustria si usi massicciamente un prodotto chimico senza conoscere bene gli effetti sui lavoratori?
C’è chiaramente collusione della classe politica che permette che le imprese presentino i loro studi. Come è logico, una compagnia non investe capitale in studi per progettare un prodotto che dopo può essere proibito. Questo è quello che è successo col Dbcp e disgraziatamente succede ancora oggi. In alcune interviste e presentazioni ho risaltato che in questo senso non abbiamo imparato nulla dalla storia del Dbcp. Non si applica il principio di precauzione. Anche oggi continuano ad essere le imprese che presentano le loro monografie sui rischi di un prodotto, sulla tecnologia, sull’industria, etc. Evidentemente sono favorevoli ai loro interessi, benché debbano nascondere prove e tergiversare la realtà, come qualche volta è stato denunciato. Chiaro, i politici sono consenzienti e per quanto protesti non si ottiene niente. Ci sono molti casi. Viviamo con decine di migliaia di prodotti chimici dei quali non si conoscono con certezza gli effetti. Tecnologie come la telefonia mobile o i transgenici sono ampiamente estese nonostante si ignorino i loro rischi a lungo termine. In Spagna ci sono molte infrastrutture o industrie inquinanti che vengono permesse in base ad uno Studio di Impatto Ambientale che è finanziato dalla stessa impresa. Io ho guardato alcuni di questi studi ed offrono tesi e dati surreali, vergognosi e manipolati. Tuttavia, per i politici questi studi sono sacri ed i meccanismi di partecipazione pubblica stipulati sono ossidati e sterili. A questo bisogna aggiungere il ruolo di alcuni scienziati e centri di investigazione che sono sovvenzionati dall’impresa privata. Che cosa ci possiamo aspettare? Nel caso Dbcp, lo studio del 1961 venne finanziato dall’impresa Shell. Non è strano che successivamente sono stati scoperti dati arbitrari?
-Per caso non conta la salute della gente nei conti che fanno le imprese? In quali paesi si sono diffuse le malattie? Ci sono cifre concrete? Può descriverci qualche caso concreto che conosce per sapere di che cosa stiamo parlando esattamente? Evidentemente per loro la salute delle persone è un tema secondario. Pensano solo al verde dei dollari. Il Dbcp è stato applicato in circa 15 paesi, soprattutto in America Centrale e nei Caraibi, benché si conoscono casi anche in Africa ed Asia. Se guardiamo i dati presentati di organizzazioni sociali e la stampa locale, la cifra di ammalati potrebbe essere di circa 60 mila in tutto il mondo. Negli Usa si utilizzò in più di 35 tipi diversi di coltivazioni, ma nel resto dei paesi venne applicato nelle bananeras. Esistono le prove che venne usato nelle Isole Canarie, ma non si trovano informazioni. Tenendo conto dei problemi causati in America Centrale, le autorità, i sindacati, i gruppi ecologista ed altri collettivi sociali delle Canarie dovrebbero intraprendere un’ampia investigazione per determinare se ci sono ammalati e se ci sono ancora tracce dei Dbcp. Come mi ha detto una volta un avvocato statunitense che segue il caso, se nelle Canarie si è fumigato il Dbcp a vasta scala, è molto probabile che esistano ammalati. Io ho conosciuto molti ammalati in Nicaragua. Per il momento, sugli umani, la scienza riconosce solo che il Dbcp causa la sterilità ed agisce sul DNA. Sugli animali la lista di malattie è interminabile; tra di esse, vari tipi di cancro. Come hanno affermato alcuni scienziati, è questione di tempo il poter vincolare il cancro nell’essere umano al Dbcp.
-Conosce qualche caso simile che riguarda altri prodotti chimici usati nell’agricoltura?
Ci sono molti agrochimici pericolosi che si usano in molti paesi. Come dicevo prima, in alcuni si proibisce, mentre in altri si usano. Poche volte gli ammalati si uniscono per intraprendere azioni di diversa indole. Tuttavia, in Nicaragua esiste un caso simile. Sono gli ammalati di Insufficienza Renale Cronaca, Irc, delle piantagioni di canna da zucchero della famiglia Pellas. In questo caso si registrano più di duemila morti e benché non si sappia con sicurezza, gli ammalati dicono che la Irc dipende dai prodotti chimici che utilizzano nelle piantagioni di canna. L’Argentina è il secondo paese al mondo per la coltivazione di transgenici. La metà della sua superficie coltivabile è seminata con soia transgenica RR, che richiede forti quantità di erbicida glifosato. Sono stati riscontrati casi di persone ammalate a causa di questo prodotto e recentemente un tribunale ha addirittura proibito la fumigazione nelle vicinanze di un quartiere della città di Cordoba, poiché c’era un’alta percentuale di persone ammalate.
-Augusta Zamora, l’ambasciatore, il colto ed ammirabile ambasciatore del Nicaragua in Spagna, afferma nel prologo del libro che le multinazionali svolgono sempre lo stesso ruolo e che per loro i lavoratori del cosiddetto Terzo Mondo sono poco più che carne da macello. Scimmie, dice, "addestrate per il lavoro che viene chiesto loro e senza nessun diritto". Non le sembra che esageri un po’ il signore ambasciatore? Creda anche lei che sia così?
Il Sig. Zamora ha ragione e non credo che esageri. Lo stesso caso del Dbcp mette a nudo la morale di queste imprese. Ce n’è stata una, la Occidental, che ha addirittura calcolato i possibili costi di una eventuale futura denuncia, per vedere se comunque sarebbe stata redditizia la vendita del Dbcp. Anche di questi tempi ci sono casi gravissimi. Senza uscire dal settore delle multinazionali agroesportatrici, alcuni mesi fa la Chiquita è stata condannata per la vendita di armi ai paramilitari di estrema destra colombiani Che cosa potranno mai pensare delle popolazioni questi dirigenti che prendono queste decisioni dai loro uffici?
-Parlando del Nicaragua, il paese sandinista è stato uno dei principali paesi colpiti dall’uso di questo prodotto. Qual è stato l’atteggiamento del primo governo sandinista? Qual è l’atteggiamento dell’attuale governo del Fsln? Hanno sostenuto le richieste dei lavoratori, li hanno aiutati nella loro lotta?
È un tema molto contraddittorio perché è stato politicizzato. In realtà, l’attualità politica in Nicaragua è molto tesa. Tutto sembra indicare che il Fsln sia vittima di un’operazione di destabilizzazione da parte degli Usa e dell’Ue che ha avuto il suo culmine durante le elezioni municipali di novembre. Dico questo perché purtroppo ci sono gruppi di ammalati sandinisti ed altri che non lo sono. Le notizie sul comportamento del governo del Fsln differiscono radicalmente secondo la tendenza politica della fonte. Il gruppo più forte degli ammalati, quello più numeroso, perspicace, rivendicativo e che è stato protagonista delle azioni più spettacolari in questa lotta; il gruppo che dà il nome al mio libro, si scontra da anni con il Fsln. Ora la sua forza si è sgonfiata e si sono perfino avvicinati sospettosamente ad una multinazionale. Tuttavia, negli anni di massima attività hanno accaparrato l’interesse della stampa ed hanno denunciato molte decisioni del Fsln. Per questo motivo il libro è critico col sandinismo ed effettivamente avrebbero potuto fare molte più cose, come ad esempio trasformare la questione del Dbcp in una causa nazionale e dare maggior sostegno agli ammalati. A suo favore posso dire che hanno contribuito a creare un clima di maggiore calma negli due ultimi anni e questo permette agli avvocati di lavorare con maggiore tranquillità. Con la destra al potere, l’ingerenza delle imprese è stata sfacciata e questo ha consumato energia e tempo alle associazioni degli ammalati ed ai loro avvocati.
-Lei attacca la rivoluzione verde, che sebbene afferma non sia il motivo principale della crisi mondiale dell’agricoltura tradizionale, contribuisce ad essa per aver "soggiogato ed ammanettato il contadino". Che tipo di agricoltura propugna? Che tipo di agricoltura tradizionale sarebbe per lei più ragionevole e desiderabile? Un’agricoltura che garantisca la sovranità e sicurezza alimentare. Che sia rispettosa dell’ambiente. Che dia vita alla campagna e che crei lavoro ed illusione. Che sia nelle mani dei contadini e che non sacrifichi la produzione di alimenti a favore degli agrocombustibili e delle altre coltivazioni per l’esportazione. Che non sia dominata, né maneggiata da speculatori, proprietari terrieri, supermercati, catene di distribuzione, aristocratici, monarchi, investitori, multinazionali, od altri approfittatori di questo genere.
-Sembra fidarsi poco dell’uso delle tecniche scientifiche nell’agricoltura. Pensa che la scienza, che a volte chiama "scienza privatizzata", sia un alleato del capitale e che si debba sperare poco in essa da parte dei contadini poveri e delle finalità ecologista?
La scienza ha ottenuto ed otterrà progressi vitali, di utilità pubblica e sostenibili. Sono a favore di questa scienza. Ma non di quella che lavora per il capitale, con l’obiettivo di ottenere grandi guadagni senza prendere in considerazione altri fattori. Dal punto di vista dei contadini, la scienza ha poco da offrire per superare l’attuale agonia in cui versano. C’è bisogno di altre misure (...).
-(...) Mi lasci fare un po’ l’avvocato dal diavolo. Lei segnala che "il mercato determina se un’applicazione tecnologica è o non è appropriata, indipendentemente dalla sua importanza e dalle sue conseguenze per la società e l’ambiente". Lei quindi parla contro il mercato, ma non contro la scienza, né il sapere scientifico-tecnologico.
È così. I progressi scientifici sono e sono stati molto importanti. Il problema è che la scienza, sempre di più, resta in mani private e molte tecnologie servono a perpetuare modelli che beneficiano solo poche persone. Dei transgenici, per esempio, anni fa si diceva che potevano essere la soluzione di fronte all’agonia economica del piccolo agricoltore. È una bugia enorme. Il problema dell’agricoltura deriva dall’applicazione dei postulati neoliberisti. Parliamo dunque di fattori economici, politici e commerciali. Pertanto, le soluzioni devono essere strutturali e la scienza in questo caso ha poco da dire.
-Per concludere, che lezioni dobbiamo trarre da questa storia che racconta?
Ogni lettore potrà trarre varie conclusioni in base ai suoi interessi e conoscenze. Il Dbcp è come un manuale, una specie di guida per altre lotte che sono sparse in tutto il mondo. Durante l’era del "repubblicanismo bananiero", le imprese agroesportatrici hanno configurato i paesi a loro piacimento. Ora, alcune decadi dopo, sei operai delle loro vecchie piantagioni hanno vinto un processo a casa loro. Qualcosa sta cambiando. Il libro vuole anche mostrare quali sono state e continuano ad essere le relazioni nord-sud. C’è chi crede che le multinazionali ed i loro investimenti creino lavoro e futuro. Molte volte è falso ed il caso del Dbcp è un esempio tra i molti che ci sono. Per esempio, attualmente imprese spagnole come Unión Fenosa, Repsol, Endesa, etc. sono state segnalate molte volte per i loro reati commessi in Stati dell’America Latina. "Il parco delle amache" è una critica all’attuale modello agroesportatore che si basa sul neoliberismo. Attraverso la truculenta storia del Dbcp, il lettore potrà apprezzare la mancanza di protezione nei confronti della cittadinanza. Mancanza che è esistita ed esiste tutt’ora quando ci sono prodotti e tecnologie pericolose in mano a grandi interessi economici.
-Le imprese hanno dimostrato l’intenzione di voler riparare il danno commesso? Le imprese non hanno mostrato nessun interesse per i lavoratori, né hanno dimostrato la volontà di porre rimedio al danno commesso. Al contrario, hanno prolungato i processi cercando di mantenere l’impunità. In numerose occasioni hanno dato dei bugiardi agli ammalati ed hanno addirittura negato i rischi che la scienza attribuisce al Dbcp. Credo che questo atteggiamento ostile dipenda dalla gran quantità di ammalati che esistono. Una risposta positiva delle compagnie spingerebbe altre migliaia di persone a chiedere giustizia. A livello di immagine, un accordo giusto ed amichevole coi lavoratori sarebbe come riconoscere la torbidezza dei loro affari e una cattiva gestione a livello sociale ed ambientale. Più in generale, una multinazionale di questo tipo non può dare segnali di resa o mostrare sentimenti nei confronti di un collettivo umano. Deve mantenere quell’immagine potente, distante, crudele, intoccabile ed invincibile, che faccia capire a tutti che una lotta contro di lei sarebbe lunga, dura e piena di ostacoli spiacevoli per l’audace o gli audaci che volessero iniziarla.
© (Traduzione Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua www.itanica.org )