martedì 24 febbraio 2009

Gli effetti della crisi in Russia colpiscono gli estremi della scala sociale


Intervista ad Astrit Dakli

D: Parliamo molto in questo periodo degli effetti di quella che viene definita "crisi globale", una crisi che naturalmente colpisce anche la stessa Russia. Quali sono gli effetti di questa crisi?

R: La Russia sta vivendo molto male questa crisi globale, molto male perchè è un risveglio particolarmente brusco e sgradevole. Fino a pochi mesi fa i cittadini russi e lo stesso governo erano convinti di vivere in una situazione di grande forza, di progresso e di crescita molto rapida. Il paese era considerato ed era, una delle economie a più rapido sviluppo accompagnata poi al fatto di essere una tradizionale potenza militare e di avere una grande ricchezza di risorse. Insomma tutto faceva della Russia un paese molto potente e in grande crescita. Ora la crisi è venuta a colpire in maniera drammatica questa crescita e a far precipitare di colpo invece, in una situazione, non di povertà perché non è così, ma di grave freno su tutto quanto per vari motivi.In primo luogo perché con la crisi è crollato il prezzo del petrolio. Essendo in crisi l’economia mondiale le previsioni sul consumo di carburanti sono diminuite moltissimo ed è crollata la principale fonte di entrate del commercio estero di questo paese: carburanti, combustibili e gas. Contemporaneamente una delle voci maggiori di sviluppo interno era data dall’edilizia ed anche qui con la crisi finanziaria, la crisi delle banche, la difficoltà di credito che sono globali, nei posti in cui c’è uno sviluppo edilizio particolarmente intenso questo effetto è stato molto più grave perché questo sviluppo viene bruscamente fermato dalla mancanza di credito. Il risultato è che quasi tutti i cantieri, ed erano tanti i cantieri in un paese come la Russia, si sono fermati. Solo a Mosca c’erano migliaia di grandi cantieri. Questo stop improvviso al settore immobiliare e al settore petrolifero sono stati un shock fortissimo. Per ora questa crisi viene pagata soprattutto ai due estremi della scala sociale. I miliardari che avevano fortissimi investimenti di tipo finanziario si sono visti tagliare il proprio patrimonio in maniera impressionante. Ci sono dei dati che drammatici, personaggi che avevano patrimoni stimati in 20/30 miliardi di dollari se li sono visti ridurre a 5 o 6, perdite quasi inconcepibili nella loro dimensione. All’altro estremo della scala sociale i più colpiti sono stati i milioni di immigrati che arrivano in Russia e vivono in maniera semi-clandestina in condizioni tremende e lavorano proprio nell’edilizia nella stragrande maggioranza. Si sono trovati di colpo senza lavoro, senza nessun tipo di prospettiva, senza nessuna legalità di vita.


D: Da questa immagine dei due estremi della scala sociale che sono i primi ad essere toccati dalla gravità della crisi viene fuori anche un’immagine di una società che, come tutte le società a livello globale, si confronterà con temi come quello del protezionismo. Anche in Russia si sta assistendo a queste forme di neo-protezionismo che immagino sia soprattutto nei confronti degli immigrati?

R: Certo gli immigrati sono i primi a pagare in quanto sono una presenza semi-legale o del tutto illegale anche se ben accettata in quanto manodopera sotto pagata. Scontato più di tutti perché perdono sostanzialmente tutto ciò che hanno e non possono nemmeno tornare in patria perché nei loro paesi di origine, che sono soprattutto l’Asia centrale, il Caucaso, la situazione è ancora peggiore quindi non ci sarebbe posto per riaccoglierli. Ma al di là di questa stretta sul lavoro che viene dall’esterno è in corso una drammatica stretta protezionista sul commercio.Il governo ha deciso di imporre molte tasse aggiuntive, dei dazi in pratica, sulle importazioni. La cosa che ha fatto più discutere, che ha provocato anche un’ondata di proteste perfino di manifestazioni di piazza, addirittura violente, è stata la tassa sulle importazioni di auto dall’estero, per cercare di proteggere l’industria dell’auto nazionale. Ma il governo non ha tenuto conto che in alcune parti di questo immenso paese, soprattutto nell’estremo oriente, è molto più conveniente acquistare un’auto, anche usata, all’estero, soprattutto dal Giappone o dalla Corea, piuttosto che far venire un’auto di produzione nazionale.Il risultato è che c’era un’intera economia locale in queste aree dell’estremo oriente che si basava proprio sul commercio, la vendita, la manutenzione, i ricambi, legate a queste auto straniere di importazione. Con queste nuove tasse questo settore è andato in crisi di colpo e ha provocato una vera e propria crisi sociale, con migliaia e migliaia di disoccupati. Quindi invece di proteggere l’occupazione nazionale, alla fine queste misure hanno finito per danneggiarla. Questo naturalmente è solo un esempio, la tendenza spontanea del governo russo in questo periodo è decisamente protezionistica però si scontra con moltissimi problemi nella sua attuazione concreta.


D: In assoluto c’è qualcosa che, anche in maniera sotterranea, allude, come qui in Italia, a questo slogan “La crisi è vostra non la paghiano noi” o dal punto di vista sociale la cosa è molto compressa?

R: Certo che la "compressione" dal punto di vista dell’autorità, quindi repressione, presenza di polizia, difficoltà di fare materialmente queste proteste c’è, ma è del tutto evidente che anche le proteste ci sono. Ormai tutti i weekend da un mese a questa parte centinaia di città russe sono percorse da manifestazioni, certo non oceaniche, si tratta di poche centinaia di persone, però sono manifestazioni che vengono indette, si svolgono, tutti le vedono. Insomma la protesta c’è eccome e gli attori principali sono una parte dei sindacati e per altro verso molto spesso comitati spontanei di cittadini che si formano per protestare magari su una questione molto particolare come quella dell’auto e poi estendono la loro azione anche ad altre cose.Ci sono state proteste molto forti contro l’aumento delle tariffe pubbliche nei trasporti. Piano piano le proteste crescono, sono molto visibili e preoccupano sicuramente il governo.

La tigre celtica non ruggisce più


In 120mila in piazza a Dublino contro le misure economiche del governo
Intervista alla giornalista Orsola Casagrande

Crisi economica e grandi mobilitazioni in Irlanda, paese che ha vissuto uno straordinario sviluppo economico negli anni ’90 grazie soprattutto ai cospicui contributi economici dell’Unione Europea, ad una politica di deregolamentazione del mercato del lavoro e a una politica fiscale che ha incoraggiato gli investimenti esteri tanto che l’Irlanda è stata definita la "tigra celtica". Sabato 22 febbraio una manifestazione oceanica contro le misure anticrisi prese dal governo ha paralizzato Dublino. La giornalista Orsola Casagrande ci offre in questa intervista un quadro della situazione irlandese dentro la crisi globale.

Sabato scorso c’è stata questa enorme manifestazione convocata dai sindacati a Dublino e la partecipazione è stata bel al di là delle aspettative degli stessi sindacati (di 100/120mila persone parlava addirittura la polizia). Una folla mai vista da anni in Irlanda per una manifestazione sindacale che riporta in primo piano tutta la questione dell’economia irlandese, questa "tigre celtica" che da anni non ruggisce più e che forse in realtà, come cominciano a dire anche alcuni commentatori, non ha mai ruggito così tanto come si voleva far credere. Il boom economico degli anni ’90 in Irlanda è stato sicuramente accompagnato da un aumento dei prezzi spaventoso, soprattutto nel mercato immobiliare, ma non solo. A questo boom però non è coincisa una migliore qualità della vita per i tanti lavoratori irlandesi. Le ultime analisi confermano che il boom economico fosse da attribuire soprattutto a quella sorta di "paradiso fiscale" per chi andava a investire nell’isola di smeraldo, soprattutto investitori americani e di alcuni paesi europei. Ben presto però gli investitori americani se ne sono andati per spostarsi verso altri lidi, come l’India o altri paesi dell’Est europeo, portando con sé anche la manodopera con una ricaduta occupazionale sulla popolazione irlandese che non è stata al livello di quello che erano state le aspettative. Oggi si vorrebbe che a pagare la crisi fossero proprio i lavoratori ed é questo che è stato contestato in maniera massiccia dalla manifestazione di sabato scorso a Dublino. Peraltro c’è da ricordare che in Irlanda come in Inghilterra la legislazione in materia sindacale è molto più rigida rispetto a quella italiana ed è molto più complicato sia proclamare uno sciopero che essere presente come sindacato all’interno delle aziende, quindi è stato un doppio successo per il movimento sindacale. I sindacati tramite l’Irish Congress hanno presentato una piattaforma al governo per affrontare i nodi della crisi in maniera “negoziata” e, forti del successo di sabato, hanno scaldato i motori convocando già per giovedì prossimo una manifestazione del pubblico impiego. Sul piede di guerra anche il sindacato dei trasporti e quello del settore privato. In questa situazione potrebbero ritrovare un’unità che non hanno da anni, i lavoratori del settore privato e quelli del settore pubblico che in Irlanda sono sempre stati molto divisi.

Una tigre, dicevamo, che non ruggisce più da tempo e non solo a causa degli effetti di crisi strutturale che sta colpendo tutti. Qual’è la situazione economica dell’Irlanda?
I meccanismi per cui molte delle imprese che hanno poi investito in Irlanda in questi anni, gli americani soprattutto, si sono portati dal proprio paese i lavoratori e la manodopera specializzata hanno prodotto il fatto che i lavori rimasti agli "irlandesi" erano i quelli meno pagati e più precari. Anche qui come in Inghilterra grande flessibilità, grandi spostamenti e cambiamenti di lavoro e pochissima sicurezza anche dal punto di vista sociale e materiale. Tutto questo a fronte di una popolazione che vive per oltre due terzi a Dublino (l’Irlanda ha 3.5 milioni di abitanti e quasi 2 milioni vivono nella capitale) con aeree e interi quartieri molto poveri e aree rurali non floride. A questo si aggiunge un aumento dei prezzi veramente spaventoso e l’arrivo massiccio di immigrati che da un lato hanno iniziato a svolgere dei lavori sottopagati e dall’altro hanno portato ad una serie di situazioni di forte disagio in aeree in cui il disagio era già forte. Anche il governo irlandese, come molti altri a livello europeo, ha una legislazione sull’immigrazione molto rigida che ha creato notevoli problemi per gli immigrati che arrivano su quest’isola.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

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