Incontro con il centro anti-violenza di Beit Sour
Donne sotto l’assedio: potrebbe essere ribattezzata così questa seconda giornata della Carovana, caratterizzata dall’incontro con associazioni delle donne palestinesi, che intervengono su un territorio gravato non solo dall’oppressione del conflitto, ma anche da profonde limitazioni culturali, determinate da fondamentalismi religiosi, dinamiche patriarcali e legislazioni arcaiche che non tutelano le donne, ma anzi le penalizzano.
Primo appuntamento della giornata al “Mehawar Center”, nel villaggio di Beits Sour, il centro antiviolenza più grande della Palestina, fondato nel febbraio dello scorso anno, con lo scopo di proteggere donne vittime di violenza nei territori palestinesi. Supervisionato dall‘Autorità palestinese e dal Ministero degli Affari Sociali, è il frutto della sinergia di realtà locali ed internazionali, fra cui l’Ong “Palestinian Society of Women” e l’associazione italiana “Differenza Donna”. Situato in un luogo visibile e facilmente raggiungibile, non ha un indirizzo segreto, ma anzi si propone come punto d’incontro e di riferimento, per avvicinare quotidianamente le donne dei Territori Occupati, sensibilizzandole sulla tematica della violenza domestica e su quella di genere.
Gratuiti i servizi offerti dalla struttura: una casa rifugio in grado di ospitare fino a 35 donne con i loro bambini, per brevi o lunghi periodi, uno sportello di ascolto, di formazione educativa e professionale ed assistenza legale, sia individuale che all’intero nucleo famigliare. Il sostegno telefonico, inoltre, indirizza le donne di altre città a strutture di riferimento del loro distretto. A disposizione dell’intera comunità l’asilo nido, la palestra, il centro ricreativo. Campagne educative vengono portate avanti in scuole, villaggi, campi profughi. Si batte attivamente, insieme a diverse Ong, per migliorare e modificare le normative vigenti in tema di violenza, incentrate sul codice Giordano del ‘67, che nega diritti e lascia impuniti crimini perpetrati nei confronti delle donne. Tre i tipi di violenza su cui interviene il centro: fisica, psicologica, sessuale. Quella verbale non viene riconosciuta come tale perché comunemente accettata. I conflitti minori implicano il reintegro della donna nel nucleo d'origine. Quella sul posto di lavoro spesso non viene denunciata, motivo di vergogna soprattutto fra le mussulmane. Complesso l’intervento nei casi di abusi sessuali e violenza domestica. Fenomeno questo che aumenta sensibilmente nei periodi di conflitto, in seguito alla frustrazione generata da disoccupazione, inattività, limitazione della mobilità. Le vittime, spesso, per vergogna e paura tendono a chiudersi nel silenzio e quando riescono ad aprirsi non vengono credute, ritenute responsabili dell’accaduto, emarginate e in molti casi punite addirittura con la morte. Accade anche che persino le madri e le sorelle, per il timore di ritorsioni, non testimonino a favore.
Le vittime spesso ignorano che lo stupro possa comportare una gravidanza. Nonostante sia illegale, sono in molte a richiederne l’interruzione. Se per le mussulmane viene contemplata in alcuni casi limite, per le cattoliche è escluso. Ovviamente diffusa la pratica degli aborti clandestini. Sorseggiato dell'ottimo caffè al cardamomo offertoci dalle donne del Centro, abbiamo salutato con l'emozione nel cuore lo spezzone della carovana in partenza per Nablus. Di seguito il resto della giornata a Dheisheh.
Stay Tuned!!Free Palestine!!
Incontro con il Comitato di donne dell'Ibdaa
Nel primo pomeriggio, abbiamo finalmente conosciuto alcune delle donne del comitato Ibdaa, coinvolte in due dei progetti fondamentali nella vita del campo, come l'asilo nido e la sartoria, che hanno contributo al processo di emancipazione ed autonomia economica delle donne del campo, garantendo un servizo di cura e creando reddito e lavoro. Abbiamo incontrato due maestre della struttura, che accoglie 120 bambini dagli 8 ai 12 mesi, in classi di circa 25 piccoli. Oltre alle consuete attività, la scuola materna offre anche sostegno psicologico individuale e di gruppo ai bimbi, che spesso soffrono di traumi legati alla guerra ed alla vita stessa nel campo. In questo lavoro vengono coinvolte anche le madri e le famiglie.
Si parla poi del laboratorio di sartoria di Ibdaa a gestione femminile, che attualmente dà un reddito a circa 100 donne. Spesso questa risulta essere l'unica e fondamentale entrata che sostiene la famiglia. Il progetto ha anche un risvolto culturale, essendo la sartoria parte della tradizione del popolo palestinese. E' stato fondato nel 1999 da 15 donne, ed è cresciuto nel tempo, anche con la collaborazione dell'associazione giapponese “Pace sulla Terra”.
Tuttora sono le madri quelle che tramandano i racconti sulla cultura e le tradizioni di allora. Ed anche a noi hanno ricordato la nascita del campo, quando nel '48 le donne si sono dovute accollare il sostentamento materiale e morale della comunità , a causa dell'assenza degli uomini, lontani per lavoro, esilio o prigionia, nei casi piu' "fortunati".
Prima di allora, la loro vita era incentrata sulla famiglia, sulla comunità. Si occupavano anche di agricoltura e piccolo artigianato. “E' negli anni '80, con la Prima Intifada, essendo parte attiva negli scontri, che hanno dimostrato di avere un ruolo nella difesa del territorio e delle loro case.”
Ci raccontano poi di come una debolezza della donna nel mondo islamico stia nella questione dell'onore, e di come questo sia diventato un'arma nella strategia di guerra israeliana: una donna stuprata non solo è oggetto di disonore, ma anche di emarginazione dalla propria comunità. Questo ha condizionato il ritiro di molte dalla lotta. La diffusione dei matrimoni combinati e dei matrimoni in età giovanile è inversamente proporzionale al livello d'istruzione: lo stato di guerra influisce negativamente su questo, perchè le famiglie non hanno più la disponibilità economica di far studiare le ragazze.
Nel Codice Giordano, tuttora in vigore, il delitto d'onore è ancora presente, ed è punito con una pena detentiva non superiore a tre mesi...
Primo giorno di laboratori
Con un pò di ritardo, visti gli appuntamenti intensi della mattinata, a Dheiesheh sono partiti i primi workshops. Il laboratorio fotografico e l'animazione per i più piccoli, e il laboratorio musicale con gli adolescenti.
martedì 7 aprile 2009
Ucciso un ragazzo palestinese a Gerusalemme
Oggi, la polizia israeliana ha ucciso il giovane Mohammad Basem ‘Omaira (20 anni), mentre stava guidando la sua macchina a Sur Baher, vicino Gerusalemme.
La polizia dell’occupazione sostiene di aver sparato contro il giovane dopo che questi aveva tentato d’investire i soldati israeliani che si trovavano nella cittadina, ferendone tre in maniera leggera.
La cittadina sta vivendo dalle prime ore di questa mattina una massiccia presenza di poliziotti, giunti per demolire la casa del defunto Husam Dwayat, che nel luglio 2008 attaccò con il suo bulldozer alcune vetture nella città di Gerusalemme, uccidendo e ferendo diversi israeliani.
Secondo quanto riferito dal padre di Husam, le ruspe dell’occupazione israeliana avrebbero già iniziato a demolire la casa di Dwayat, impedendo ai cittadini di avvicinarsi ai lavori.
La polizia dell’occupazione sostiene di aver sparato contro il giovane dopo che questi aveva tentato d’investire i soldati israeliani che si trovavano nella cittadina, ferendone tre in maniera leggera.
La cittadina sta vivendo dalle prime ore di questa mattina una massiccia presenza di poliziotti, giunti per demolire la casa del defunto Husam Dwayat, che nel luglio 2008 attaccò con il suo bulldozer alcune vetture nella città di Gerusalemme, uccidendo e ferendo diversi israeliani.
Secondo quanto riferito dal padre di Husam, le ruspe dell’occupazione israeliana avrebbero già iniziato a demolire la casa di Dwayat, impedendo ai cittadini di avvicinarsi ai lavori.
da Infopal
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ALLERTA ROSSA E CHIUSURA CARACOLES
BOICOTTA TURCHIA
Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!