mercoledì 27 maggio 2009

Gaza: sopravvivere al fosforo bianco.

Di Eman Mohammed, Live from Palestine, 25 Maggio 2009[1]
L'agonia della famiglia di Abu Halima è iniziata quando i suoi componenti hanno cercato riparo dai missili israeliani nell'atrio della loro casa a due piani, nell'area di Jabaliya, zona nord della Striscia di Gaza, l'11 gennaio scorso: sono stati raggiunti da due bombe al fosforo bianco. Il padre della famiglia, Saad Ala Abu Halima, è rimasto ucciso all'istante insieme ai suoi tre figli - Abed Raheem (14 anni), Zaid (10) e Hamza (8) - e alla sua unica figlia Shahed, di un anno. La moglie di Saad, Umm Muhammad, insieme alla nuora ventenne, Ghada, sono rimaste gravemente ustionate - impossibilitate a fuggire o a chiedere aiuto. Nel frattempo, Farah (2 anni), figlia di Ghada e Ali (4 anni), il figlio più piccolo di Umm Muhammad, sono rimasti feriti e hanno visto morire nell'orrore i propri familiari.Quando il marito di Ghada è arrivato a casa, suo fratello Ahmad e qualche parente erano già accorsi qualche minuto prima, portando via i figli morti e il padre con un carretto, in cerca di un'ambulanza. Ahmad (figlio di Umm Muhammad) ha detto: "Quando abbiamo sentito lo scoppio, i miei parenti ed io abbiamo messo mio padre e i nostri fratelli su un carretto, pensando di poterli salvare. Non sapevo che quando siamo arrivati erano tutti [già] morti! Abbiamo cercato un'ambulanza ma un tank israeliano è comparso di fronte a noi; il soldato israeliano che ne è uscito ci ha ordinato di abbandonare i corpi e di scappare. mentre correvo via mi sono voltato e ho visto che gettava della sabbia su di loro".Dopo una breve pausa ha aggiunto: "Sono tornato a casa per vedere mia nipote Farah, Ali, mia madre e mia cognata Ghada, tutti ustionati e portati all'ospedale dai vicini. Ancora non mi sembra vero. Ogni mattina vorrei poter dare tutto per riavere indietro la mia famiglia. Ma Dio conosce le cose meglio di me".Umm Muhammad confortava Ali dicendo: "Si sono presi la mia bambina Shahed ma ho ancora Farah e Ali; forse è così che doveva andare"."Ho vissuto la mia vita. Non m'importa di pagare il prezzo della guerra, ma perché questa piccola bambina deve soffrire? E' questo che non capisco! Siamo riusciti a tornare a casa dopo la sciagura ma i muri neri continuano a ricordarcela ogni minuto delle nostre vite, o quello che questa faccenda ci ha portato via", ha aggiunto Umm Muhammad.La madre di Farah, e nuora di Umm Muhhammad, Ghada, è andata in Egitto con Farah per curare le sue gravi ustioni, ma Ghada è morta in Egitto e solo Farah è tornata a Gaza, venti giorni dopo.Umm Muhammad dice che il suo unico figlio sopravvissuto agli attacchi era, ironicamente, il più vicino all'impatto del missile. Quando Ali chiede alla propria cuginetta più giovane dei membri scomparsi della propria famiglia, Farah indica il cielo, come sua nonna le ha insegnato.Lo zio di Farah, anch'egli di nome Ahmad, ha detto: "Vedo che Farah, Ali e mia madre stanno sempre male, nonostante le cure. I dottori qui sono impotenti, e scommetto che è così in ogni altro paese. Solo gli israeliani possono fornirci il rimedio, perché sono loro che hanno causato il male".Mentre il tempo passa, le dimensioni devastanti delle ferite esteriori, come di quelle interiori, di questa famiglia palestinese saranno sempre più evidenti.
[1] Traduzione di Andrea Carancini.

Il testo originale è disponibile
all'indirizzo: http://electronicintifada.net/v2/article10548.shtml
(http://andreacarancini.blogspot.com/2009/05/gaza-sopravvivere-al- fosforo-bianco.html)

La via d’uscita alle dismissioni: licenziare il padrone!

di Naomi Klein e Avi Lewis

Nel 2004, abbiamo realizzato un documentario "The Take - La presa" sul movimento argentino delle fabbriche occupate e autogestite dai lavoratori. D’un tratto, nel 2001, l’Argentina si risvegliò nel pieno di un drammatico disastro economico e migliaia di lavoratori entrarono nelle fabbriche abbandonate e le rimisero in funzione organizzandosi in cooperative. Abbandonati da padroni e politici, gli operai riuscirono allora a recuperare stipendi non retribuiti e liquidazioni. E insieme, nel rivendicare i propri diritti, non hanno mai smesso di pretendere il proprio posto di lavoro.
Nel promuovere il nostro lavoro in Europa e in Nord America, ogni dibattito terminava con la domanda: «tutto quello che è successo in Argentina, come potrebbe mai accadere qui?»
Oggi che l’economica mondiale assomiglia incredibilmente a quella argentina del 2001 (e molte delle cause sono le medesime) tra i lavoratori dei paesi ricchi si sta sviluppando una nuova ondata di mobilitazione. E di nuovo le cooperative diventano una concreta alternativa ai continui licenziamenti. I lavoratori statunitensi e europei iniziano a porsi la stessa domanda che si sono posti i colleghi latino-americani: «perché ci devono licenziare? Perché non possiamo noi licenziare i padroni? Perché le banche possono mandare in fallimento la nostra azienda pur prendendosi milioni di dollari che sono di fatto soldi nostri?».
Domani notte (il 15 maggio) alla Cooper Union di New York parteciperemo a un confronto pubblico - «Licenziare il padrone: il controllo dei lavoratori come soluzione da Buenos Aires a Chicago» - che affronta questo fenomeno.
Con noi ci saranno esponenti del movimento argentino e lavoratori in lotta della Republic Window and Doors di Chicago (il 4 dicembre 2008 l’azienda produttrice di porte e finestre più importante degli Usa ha annunciato che in 3 giorni avrebbe lasciato a casa 300 dipendenti, i lavoratori hanno occupato la fabbrica, ndt).
Dar voce a quanti cercano di ricostruire economie dal basso, e che hanno bisogno di sostegno pubblico, politico e governativo, è secondo noi il modo migliore per affrontare la questione. Per chi non riuscisse a esserci domani, qui di seguito una sintesi degli sviluppi in mondo di questo fenomeno, ossia dei lavoratori che riprendono il controllo della situazione.
Argentina:In Argentina, prima fonte di ispirazione per molte azioni attuali dei lavoratori, ci sono state più occupazioni negli ultimi quattro mesi che nei precedenti quattro anni. Un esempio:Arrufat, ditta produttrice di cioccolato con 50 anni di storia, è stata chiusa senza preavviso alla fine dell’anno scorso. Trenta operai hanno occupato la fabbrica e nonostante una quantità enorme di debiti contratta dalla proprietà sono riusciti a produrre cioccolatini alla luce del giorno usando generatori.
Con un prestito inferiore ai 5 mila dollari elargito da The Working World, una ong che si occupa di finanziamenti creata da un ammiratore di The Take, gli operai sono riusciti a produrre 17 mila uova pasquali. Hanno guadagnato 75 mila dollari, di cui mille sono andati a ciascun lavoratore e il rimanente è stato messo da parte per le produzioni future.
Gran Bretagna:Visteon è una fabbrica manifatturiera che produce ricambi d’auto e che è stata tagliata fuori dalla Ford nel 2000. Nell’aprile 2009, a centinaia di lavoratori è stato comunicato il licenziamento con decorrenza immediata. E duecento di loro a Belfast sono saliti sul tetto della fabbrica, altri duecento a Enfield (Londra) li hanno seguiti il giorno seguente.Nelle settimane successive Visteon ha aumentato il fondo di liquidazione di dieci volte dall’offerta iniziale, ma l’impresa si rifiuta di depositare il denaro nel conti correnti degli operai fintanto che la vertenza continua. Ma i lavoratori non mollano.
Irlanda:Una fabbrica dove si producono i leggendari cristalli Waterfront è stata a inizio anno occupata per sette settimane. A scatenare l’occupazione, l’amministrazione straordinaria per liquidazione attività della casa madre Waterfront Wedgewood, dopo l’acquisizione da parte di un’impresa statunitense.I compratori americani oggi hanno trasferito 10 milioni di euro in un fondo di liquidazione e le trattative per mantenere alcuni posti di lavoro proseguono.
Canada:Dal fallimento dell’azienda d’automobili Big Three ci sono state quattro occupazioni. Gli operai canadesi dall’inizio del 2009 si sono mobilitati contro la chiusura e la perdita dei propri diritti acquisiti. Sono entrati in occupazione per evitare che i macchinari fossero portati via e hanno usato questo mezzo per obbligare l’impresa a sedersi attorno a un tavolo a trattare. Che poi è quello che hanno fatto i lavoratori in Argentina.
Francia:In Francia c’è stata un’ondata di «sequestri di padroni» quest’anno. I lavoratori arrabbiati hanno trattenuto i padroni nelle fabbriche a rischio chiusura. E’ successo alla Caterpilla, alla 3M, alla Sony e alla Hewlett Packard.
Ai dirigenti di 3M gli operai hanno offerto un pasto di cozze e patatine fritte (specialità belga, ndt) durante la loro permanenza notturna.
In Francia poi un film satirico, «Louise-Michel», ha avuto grande risonanza mediatica e di pubblico. Nella commedia un gruppo di lavoratrice assume un killer per uccidere il proprio padrone perché ha chiuso la fabbrica senza preavviso.
Un sindacalista a marzo ha quindi dichiarato, «chi semina misera raccoglie furia. Violenti sono quelli che taglia posti di lavoro, non chi li difendono».
Questa settimana, mille metalmeccanici hanno interrotto i lavori societari della ArcelorMittal, la più grande produttrice d’acciaio nel mondo. Hanno invaso il quartier generale della società nel Lussemburgo, sfondando cancelli, rompendo finestre e scontrandosi con la polizia.
Polonia:Sempre questa settimana, nel sud della Polonia, migliaia di lavoratori si sono barricati negli uffici amministrativi della più importante compagnia carbonifera europea in protesta contro i tagli negli stipendi.
Usa:Qui c’è la storia ormai leggendaria della Republic Windows and Doors. Duecentosessanta lavoratori hanno occupato la fabbrica per sei giorni che hanno scosso Chigaco a dicembre. Con una sagace campagna contro il maggior creditore dell’azienda, niente po’ po’ di meno della Banca d’America («A voi hanno aiutato, voi ci mettete in vendita!», il loro slogan) e con un’incredibile solidarietà internazionale, i lavoratori hanno ottenuto la liquidazione che spettava loro. E c’è di più: la fabbrica ora riapre con nuovi proprietari e con la produzione di finestre eco-compatibili tutti i lavoratori sono stati riassunti allo stesso salario.
Questa stessa settimana, l’esperienza di Republic sta facendo scuola. Hartmax è un’impresa con 122 anni di storia nella realizzazione di vestiti da uomo, compresi lo spezzato blu che Barack Obama aveva addosso la sera della sua elezione e lo smoking e il soprabito della sua serata inaugurale.
L’impresa è in bancarotta. Il suo maggior creditore è Wells Fargo, la quarta banca d’America che ha ottenuto un finanziamento pubblico di 25 miliardi di dollari per il suo salvataggio. E mentre ci sono due offerte per rilevare la società e mantenere le produzioni, la Wells Fargo la vuole liquidare. Lunedì 650 lavoratori hanno votato per l’occupazione della fabbrica di Chicago in caso la banca non faccia dietrofront.
E non è che l’inizio...

Traduzione di Gloria Bertasi.
Articolo pubblicato sul sito http://www.naomiklein.org/articles/2009/05/cure-layoffs-fire-boss In spagnolo su http://www.rebelion.org/noticia.php?id=85958

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!