giovedì 4 giugno 2009

Ambiente vs. lavoro. Il caso Baikal

La fabbrica di cellulosa di Baikalsk

Il terremoto socio-politico messo in moto in Russia dalla crisi globale sta producendo ripercussioni di ogni genere. Non bastava il “caso” di Pikalyovo, ora - e forse non per caso con un protagonista comune - si sta aprendo il “caso” Baikal. Baikal, il celebre lago della Siberia orientale considerato una delle meraviglie naturali del pianeta; e Baikalsk tselluloznij i bumashnij kombinat (BTsBK), la fabbrica di carta e cellulosa che sulle rive dello stesso lago da decenni costituisce un insulto e una gravissima minaccia all’ambiente. Da un paio di giorni 43 operai della fabbrica hanno iniziato uno sciopero della fame per protestare contro la chiusura della fabbrica - e contro il fatto che la stessa non ha pagato gli stipendi.
E’ una storia emblematica e drammatica. La BTsBK, aperta nel 1966 - nonostante le proteste che già allora furono clamorose, e videro tra i protagonisti lo scrittore Valentin Rasputin, dava lavoro a duemila persone nella cittadina di Baikalsk, che conta quindicimila abitanti e che quindi dipendeva in larga misura dalla fabbrica per la sua sopravvivenza. In compenso, scaricava nelle acque del lago, considerate tra le più pure del mondo (è perfettamente potabile) una gran quantità di cloro usato per sbiancare la carta. Per quarant’anni la produzione (200.000 tonnellate annue di cellulosa) è andata avanti inquinando il lago, che non è morto solo per le sue straordinarie dimensioni che hanno consentito di “assorbire” in parte il carico di veleni; ma alla fine le proteste generali hanno avuto il sopravvento e l’anno scorso il governo federale, tramite l’agenzia per la tutela dell’ambiente, ha ordinato all’azienda che possiede gli impianti - guardacaso: la stessa BasEl, facente capo al super-oligarca Oleg Deripaska, che ha chiuso il suo cementificio a Pikalyovo - di introdurre il ciclo chiuso dell’acqua per la lavorazione (cioè di non scaricare più nel lago). Dato che con il ciclo chiuso, e con la crisi generale, i margini di profitto si sarebbero ridotti troppo, BasEl ha deciso in settembre di chiudere baracca, annunciando qualche giorno fa che la chiusura era definitiva. Senza pagare gli stipendi arretrati e lasciando la città di Baikalsk a terra. Va notato che la BTsBK è per il 51% di BasEl ma per il 49% appartiene allo Stato: il quale, per ora, non ha mosso un dito per salvare la situazione.
Di qui la disperazione e il furore degli operai della fabbrica nonché di tutti gli abitanti di Baikalsk. Allo sciopero della fame, che vede impegnata per ora solo una piccola parte dei lavoratori, si aggiungerà presto l’assedio del municipio locale e soprattutto - seguendo l’esempio tracciato da Pikalyovo - il blocco delle due arterie vitali per l’intera Siberia orientale: l’autostrada M53 e la ferrovia Transiberiana. E adesso la palla passa nuovamente a Mosca: per tener fede all’impegno ambientalista preso l’anno scorso, il governo federale dovrà trovare il modo di far sopravvivere la città di Baikalsk e dar lavoro a duemila persone (senza contare il vasto indotto che la fabbrica produceva) in una regione dove le possibilità sono davvero pochissime; oppure seguire la strada, che già molti suggeriscono, di nazionalizzare l’azienda e rimetterla in funzione, mandando al diavolo l’ambiente.
di Astrit Dakli

Quando la lotta paga. Il caso Pikalyovo

Il blocco stradale di ieri a Pikalyovo
La lotta aperta condotta dai ventunmila abitanti di Pikalyovo, la cittadina del settentrione russo di cui abbiamo parlato il 20 maggio scorso in questa rubrica, sta incominciando a pagare: sul “caso Pikalyovo” si stanno muovendo il governo regionale, il parlamento federale e lo stesso premier Vladimir Putin. Ricordiamo che la città ha visto chiudere negli ultimi mesi tutte e tre le grosse aziende che vi avevano sede, il che ha provocato non solo la perdita di lavoro e salari per oltre metà degli abitanti, ma anche il taglio delle forniture di gas, acqua calda e riscaldamento, che erano “coperte” da una delle tre aziende. Esasperati per la situazione, gli abitanti il 20 maggio hanno occupato per qualche ora il municipio, poi hanno scritto una lettera al presidente Medvedev e infine ieri, mentre era in corso il forum dell’economia a San Pietroburgo (capoluogo della regione di Pikalyovo) hanno bloccato per tutto il giorno l’autostrada A114, provocando una coda di auto e camion lunga oltre 400 chilometri.Per togliere il blocco, mantenuto con estrema durezza e determinazione nonostante i tentativi fatti da vari rappresentanti delle autorità per convincerli, gli abitanti hanno chiesto che il premier Putin in persona, durante la sua permanenza a San Pietroburgo, venga a trovarli per rendersi conto della situazione. E Putin - dicono fonti vicine al governo - avrebbe accettato di andare a Pikalyovo stasera o domani.
Ma se la visita di Putin ha un valore politico, certamente grandissimo, altre cose più concrete bollono comunque in pentola, a significare che la vicenda di Pikalyovo è vista con estremo allarme nelle alte sfere moscovite. Le autorità regionali di San Pietroburgo hanno comunque incominciato a stanziare una piccola somma - circa 250.000 dollari - per aiutare le famiglie disoccupate; altri soldi potrebbero venire dal governo federale, e intanto un gruppo di deputati alla Duma per Russia Unita (il partito del potere) sta elaborando un progetto per nazionalizzare almeno una - la più grossa - delle tre aziende che avevano uno stabilimento a Pikalyovo, la BasElZement, o addirittura tutte e tre. Se si procedesse su questa strada, sarebbe una fortissima indicazione di nuovo percorso per l’intera economia russa, visto che in tutto il paese le aziende che per via della crisi stanno chiudendo i loro stabilimenti periferici (e non solo quelli) sono tantissime, e di casi come quello di Pikalyovo se ne potranno presto contare decine se non centinaia.
di Astrit Dakli

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!