mercoledì 15 luglio 2009

Israele intensifica le azioni razziste nella Palestina occupata.

Riceviamo dal Palestinian Return Center e pubblichiamo.



Comunicato Stampa

Il Palestinian Return Center ha espresso profonda preoccupazione per le pratiche israeliane nei Territori Palestinesi occupati. Le leggi internazionali, le risoluzioni ONU, la Corte internazionale di giustizia, la Quarta convenzione di Ginevra e molte altre carte vengono ripetutamente e palesemente violate da Israele, cosa che viene accolta con un riprovevole silenzio sia dalla comunità internazionale che dal mondo arabo e musulmano.
Con l’arrivo del neo-eletto governo israeliano, un numero ancora maggiore di pratiche razziste viene portato avanti ai danni dei palestinesi. Giudaizzare Gerusalemme tramite la pulizia etnica e l’espulsione forzata di cittadini di etnia araba è d’abitudine. Inoltre, in uno sforzo fatto per negare la cultura e la storia dei palestinesi, è stata varata ieri dal governo israeliano la vergognosa legge che porterà all'ebraicizzazione dei nomi delle città arabe.
Dal momento in cui il governo di Netanyahu è salito in carica, a Gerusalemme sono stati emanati più di 1600 ordini di demolizione. Centinaia di questi sono stati attuati, risultando nello sfratto di migliaia di palestinesi. Dettaglio disgustoso: alcuni imprenditori israeliani offrono servizi di alloggio nei terreni delle case demolite, con prezzi ridotti per i soli ebrei.
Fonti palestinesi a Gerusalemme riferiscono che più di 80 case hanno ricevuto avvisi di demolizione nel quartiere di al-Bustan, un’area che si progetta di trasformare interamente in giardini per gli israeliani.
La delibera emanata ieri dal ministro israeliano dei Trasporti Yisrael Katz è la dimostrazione chiara dell’impegno israeliano nei confronti dello “stato ebraico”. La decisione punta a convertire in ebraico i nomi delle città arabe, noti come tali da migliaia di anni. Il Cpr la considera una mossa in direzione dello sradicamento dell’identità palestinese.
In Cisgiordania, la costruzione d’insediamenti illegali, la confisca delle terre e la costruzione del Muro dell’Apartheid non hanno fine.
Il Centro d’informazione israeliano per i diritti umani nei Territori Occupati, B’Tselem, riporta che il numero di coloni in Cisgiordania è cresciuto a 289.600 nonostante Israele abbia accettato il piano di pace della Road Map, che chiede il congelamento di qualsiasi forma di colonizzazione. Nei prossimi sei anni è previsto un aumento del 37% del numero di coloni insediati nella regione.
Secondo la legge internazionale, quegli insediamenti sono illegali, poiché si sono stabiliti sui territori occupati nel 1967. In contrasto con le posizioni ufficiali americane ed europee, il governo israeliano non ha chiarito le proprie, e ha tuttavia proseguito l’espansione delle colonie con il pretesto di dover seguire la crescita naturale della loro popolazione.
Oltre a ciò, il Muro dell’Apartheid non smette d’invadere e sottrarre sempre più terreni di proprietà palestinese in Cisgiordania, nonostante anch’esso sia illegale, secondo la Corte internazionale di giustizia. Il fatto che i governi israeliani successivi abbiano proseguito nella sua costruzione sfidando l’opinione pubblica mondiale evidenzia che non si tratta di una questione di politica interna tra estremisti e moderati, bensì di una politica di base che dimostra il fanatismo della Knesset.
Date le oppressioni e le sofferenze abitualmente inflitte ai palestinesi sotto occupazione, è evidente che esista una politica dell’apartheid praticata da Israele. Il Prc chiede che si eserciti una pressione reale a livello internazionale per porre fine alle pratiche quotidiane di violenza e intimidazione e costringere Israele a trasformarsi da stato-furfante a stato che rispetta le basilari leggi internazionali.

Razzismo e politica in Australia



di Piergiorgio Moro

Quest'autunno il tema del razzismo è ritornato nuovamente al centro della politica australiana scuotendo la tranquillità degli ultimi tempi.
Negli ultimi due anni, specialmente nella città meridionale di Melbourne, sono stati registrati numerosi casi di aggressione contro studenti indiani. Avendo constatato che la polizia non era molto interessata ad investigare questi crimini, le organizzazioni studentesche indiane hanno dato vita ad una serie di azioni che hanno portato il problema in prima pagina.
In risposta, innumerevoli ‘esperti’ si sono fatti vivi nello spiegare che questi incidenti erano solo casi sfortunati di vita metropolitana, e gli studenti Indiani erano stati attaccati non per ragioni di razzismo ma perchè visti come vittime facili. Per i politici era essenziale minimizzare la possibilità che il razzismo fosse visto come una delle ragioni di questi attacchi.
L’importanza di questo dibattito non era solo di come venisse vista l’Australia all’estero, ma di fare in modo che queste aggressioni non diventassero un problema anche economico . La verità è che gli studenti Indiani che studiano nelle Università Australiane sono oramai diventati una fonte enorme di reddito per l’economia Australiana, dato che pagano migliaia di dollari per corso per studiare alle varie università.
Non sorprende che numerose delegazioni di politici e imprenditori sono partiti per l’India per rassicurare le famiglie Indiane che l’Australia è un paese sicuro, non razzista, e possono continuare a mandare i loro figli a studiare tranquillamente. Al momento essendo aumentata la consapevolezza ma anche l'auto-organizzazione degli studenti stessi, le aggressioni contro gli indiani sono diminuite.
La questione però, non èrisolta, come si è visto la domenica 12 di luglio a Melbourne, dove il governo statale aveva sponsorizzato una ‘camminata’ per promovuore la tolleranza e per far vedere quanto era serio nel combattere ogni forma di razzismo. Qualche migliaio di persone hanno partecipato a questo evento, incluso tante comunità estere che hanno dato colore con la loro musica e costumi tradizionali.
Assenti però erano tutte le organizzazioni studentesche indiane. Il loro boicottaggio era dovuto al fatto che il governo non gli aveva concesso il diritto di parlare dal palco e concederli la possibilità di esporre la loro situazione. Il governo era cosi spaventato dalla possibilità di politicizzare la situazione che sul palco c’erano solamente musicisti e nessun discorso....
Un recente aumento nel numero di imbarcazioni contenenti persone in cerca di asilo politico nelle acque australiane, ha riacceso il dibattito su come accogliere queste persone. Questo tema era stato usato, ed abusato, dal governo precedente per trasformare l’Australia in uno dei paesi del mondo con leggi tra le più severe nei confronti dei rifugiati che tentavano di approdare via mare.
Il nuovo governo laburista ha rilassato parzialmente queste leggi e migliorato alcuni dei diritti per queste persone. I cambiamenti includono l’abolizione del debito che i rifugiati dovevano pagare per il loro periodo di incarcerazione, più diritti nel ricevere assistenza sociale, più opportunità di lavorare legalmente, e agevolazione nelle pratiche per richiedere asilo politico.
Allo stesso tempo però, hanno continuato a giocare la carta della xenofobia continuando a demonizzare i rifugiati, rassicurando la popolazione australiana che con i laburisti le frontiere sono più sicure. Cosi, i laburisti hanno ampliato il centro di detenzione sull’isola di Christmas (nel mezzo dell’oceano Indiano), hanno aumentato il budget per la marina militare per pattugliare il mare al nord dell’Australia, ed intensificato gli accordi con i governi Indonesiano e Malese per far in modo che blocchino i rifugiati in quei paesi.
Nonostante questi avvenimenti, un tema costante della situazione sociale australiana è la situazione disastrosa in cui si ritrovano gli Aborigeni. Le statistiche sono molto chiare. Gli Aborigeni soffrono di malattie da Terzo Mondo, hanno un tasso di povertà molto più elevato di qualsiasi altro gruppo, e hanno un’aspettativa media di vita molto al di sotto del resto degli Australiani.
Sia il governo laburista che l’opposizione liberale si pronunciano continuamente scandalizzati da questa situazione e regolarmente annunciano nuove iniziative. Attualmente, da due anni, le comunità Aborigene nello stato del Northern Australia sono sotto controllo di leggi d’emergenza dove il governo federale ha preso il controllo dei loro affari politici, sociali ed economici, mentre la polizia e i militari hanno mano libera per ‘proteggere’ le comunità.
Si parla molto di questa iniziativa, o ‘intervention’ in Inglese, ma le voci delle numerose comunità che sono opposte a questa ‘intervention’ stentano a farsi sentire al di sopra delle proclamazioni dei politici di aver finalmente intrapreso la strada giusta per risolvere il ‘problema’ Aborigeno.
La verità è che le soluzioni ci sarebbero. Tante commissioni d’inchiesta nel passato hanno già espresso l’opinione che il primo passo per migliorare le condizioni di vita degli Aborigeni è di dare più controllo alle stesse comunità /organizzazioni Aborigene. Questo gli darebbe la possibilità di decidere se stessi su come organizzarsi e risolvere questi problemi.
Ma questo significherebbe dare più potere agli Aborigeni - e questo è tabù per le classi politiche Australiane. Lo era 200 anni fà, e lo è ancora.....
Le comunitàAborigene però non hanno rinunciato alla loro cultura, alla loro terra, ai loro diritti, e la lotta continua.
Melbourne - Luglio 2009

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!