martedì 10 novembre 2009

"Queste elezioni non sono del popolo, sono del padrone"


I lavoratori dello Stbys disconoscono le elezioni

La Candidatura Indipendente Popolare si ritira del processo elettorale

Di fronte a centinaia di persone riunite nella sede dello storico Sindacato dei lavoratori dell'industria delle bevande e simili, Stibys, la Candidatura Indipendente Popolare ha deciso di ritirarsi dall’appuntamento elettorale del prossimo 29 novembre, considerandolo illegittimo, spurio e con un forte rischio di brogli da parte del regime di fatto, che continua a non volere repristinare l’ordine costituzionale in Honduras.

Il candidato presidenziale per la Candidatura Indipendente Popolare, nonché presidente dello Stibys e membro del Comitato Esecutivo Mondiale della Uita, Carlos Humberto Reyes, e suoi tre candidati alla vicepresidenza, Bertha Cáceres, Carlos Amaya e Maribel Hernández, hanno annunciato questa importante e definitiva decisione alla fine di una lunga serie di assemblee popolari che si sono svolte in tutto il paese, durante le quali sono state raccolte più di 11 mila schede compilate dai partecipanti in cui si chiedeva di esprimersi con un voto sulla decisione di partecipare o no alle elezioni.

La risposta è stata quasi unanime: più del 95 per cento delle persone che sostenevano la candidatura di Carlos H. Reyes hanno espresso la volontà di ritirarsi ed il candidato ha rispettato la volontà popolare.

Stiamo vivendo un momento storico ed oggi, 8 novembre, prenderemo una decisione che è il risultato delle varie assemblee realizzate in tutto il paese – ha detto Carlos Amaya di fronte a centinaia di persone che hanno riempito il salone dello Stibys -.

Storicamente l’Honduras è stato utilizzato dall'imperialismo nordamericano per frenare i processi rivoluzionari in America Centrale e per favorire gli interessi delle sue multinazionali e delle elite politiche ed economiche locali.

Ci hanno venduto la falsa idea di una democrazia che non è mai esistita – ha continuato Amaya – e che questa democrazia ci avrebbe protetti in questo periodo di crisi economica. Il risultato è che più di un milione e mezzo di honduregni hanno dovuto abbandonare il paese per problemi economici.

Abbiamo visto come tutte le istituzioni dello Stato e l'imperialismo nordamericano si sono tolte finalmente la maschera ed hanno sostenuto il colpo di Stato contro un popolo che però si è svegliato. Ed è proprio questo ciò che temono i golpisti.

A meno di venti giorni dalle elezioni – ha continuato il candidato alla vicepresidenza –continua vigente la dittatura che ha represso ed assassinato la popolazione e queste elezioni servono solamente per legittimare e dare continuità al colpo di Stato. Recuperiamo la nostra memoria storica e continuiamo la lotta. Oramai il tempo si è esaurito”.

Dopo una profonda e dettagliata esposizione di Bertha Cáceres, membro della Direzione del Consiglio civico delle organizzazioni popolari ed indigene dell’Honduras, Copinh, su vari temi come la militarizzazione della regione, il processo di saccheggio e privatizzazione delle risorse naturali a favore delle multinazionali nordamericane ed europee, e la necessità di sviluppare un profondo lavoro di coscientizzazione e formazione della popolazione per combattere le politiche che puntano a frenare il processo emancipativo del popolo honduregno, ha preso la parola Carlos Humberto Reyes.

Oramai sono cadute molte maschere, tra cui quella degli Stati Uniti. Ci hanno voluto ingannare dicendo che il dialogo avrebbe risolto il problema della costituzionalità nel paese. Hanno parlato di un giorno, poi di due, di tre e non è successo nulla.

Non possiamo continuare con questa farsa, il tempo è ormai finito. E più del 95 per cento delle persone consultate nelle assemblee ha detto che non dobbiamo partecipare al processo elettorale. Cosicché abbiamo deciso di ritirarci”, ha informato Reyes.

Parafrasando il conosciuto cantautore honduregno Mario di Mezapa, il candidato presidenziale ha aggiunto che “queste elezioni non sono nostre, non sono del popolo, bensì del padrone, e quindi ci ritiriamo dal processo elettorale, ma non dalla politica e nemmeno dalla resistenza e dalla lotta.

Con questa decisione non abbiamo perso niente – ha continuato – piuttosto sono loro quelli che perdono qualcosa e per continuare a governare hanno dovuto usare la baionetta. L'esperienza della Candidatura Indipendente è molto preziosa e ci insegna che la gente dei quartieri poveri, i maestri, gli operai, i contadini, le donne ed i giovani possono finalmente scegliere e lanciare i propri candidati, la propria gente.

Da queste elezioni uscirà un governo spurio e senza l'avallo popolare. Non potrà governare e dobbiamo sfruttare questa debolezza per farlo cadere e iniziare il percorso verso un'Assemblea Costituente”.

Carlos H. Reyes ha inoltre ricordato che per la popolazione è giunto il momento di iniziare a fare politica, di approfondire la propria organizzazione e di prendere veramente coscienza della storia e del futuro del paese, per continuare la resistenza contro il colpo di Stato ordito dall'impero contro i cambiamenti che stanno avvenendo in America Latina.

In una breve dichiarazione a Sirel ed alla Lista Informativa “Nicaragua y más”, il candidato presidenziale e leader operaio ha dichiarato che è necessario approfittare dell’attuale congiuntura e della lotta di resistenza che si è sviluppata in questi mesi “per iniziare a costruire una nuova forza politica, che sappia affrontare le sfide future a partire dalla presa di coscienza della gente su queste elezioni ed agendo di conseguenza.

Il ritiro della Candidatura Indipendente non è la fine di qualcosa, bensì l'inizio di una nuova tappa, di un nuovo modo di fare politica, dove i candidati sono designati direttamente dalla popolazione e non dai soliti giochi politici dei partiti tradizionali che generano corruzione. Uno strumento politico elettorale per le organizzazioni popolari.

Approfitto dell'occasione – ha concluso Reyes – per sottolineare l’importanza del lavoro svolto dalla Uita e dai mezzi di comunicazione indipendenti internazionali in Honduras. Se non fosse stato per le denunce che abbiamo potuto far circolare a livello mondiale per mezzo della stampa internazionale, questi golpisti ci avrebbero già annientati.

Ringraziamo per il coraggio dimostrato da tutte queste persone, ringraziamo la Uita ed i vari compagni e compagne dei movimenti sindacali e popolari che ci hanno dato il loro sostegno in tutto il mondo.

Il governo di fatto – ha spiegato – vuole ora introdurre un decreto per stabilire e legalizzare il lavoro precario e terzerizzato. Con questa misura vogliono violare i principali contenuti del Codice del Lavoro, cioè vogliono trasformare l’Honduras in un paradiso fiscale e lavorativo per i padroni.

Anche per questo continuiamo a lottare ed a resistere. Chiediamo quindi a tutte le organizzazioni ed alle persone che fino ad oggi ci hanno appoggiato di continuare a farlo per vincere questa battaglia”, ha concluso.

© (Testo e foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua)

Corrispondenza audio da Tegucigalpa

lunedì 9 novembre 2009

The dreamers

Lo spettro di una nuova bolla

Il diario di bordo di Paolo Do - Hong Kong (Cina)

«Il sogno di una crescita globale senza fine guidata oggi da Cina e dagli altri mercati emergenti, è una fantasia che è dura a morire», queste le parole di Ruchir Sharma riportate da Jerry Guo nel numero di questa settimana di Newsweek.

In America il mercato immobiliare è cresciuto del 5% da Aprile ad Agosto. Ad Hong Kong l'ultimo appartamento venduto ha toccato i 59 milioni di dollari americani. Se si da un veloce sguardo ai principali indici di borsa è facile notare come non ci sia indice che non abbia segnato un valore positivo nell’ultimo trimestre: dal livello più basso toccato a marzo l'indice S&P è cresciuto del 58%, il NASDAQ fino al 67%. Gli indici dei paesi in via di sviluppo fino al 95%.

A questo si aggiunga anche l'aumento del prezzo del petrolio del 123% dal suo livello minimo di Febbraio 2009.

Il tutto mentre le prospettive occupazionali in Europa, America ed Asia sono tra le peggiori da generazioni, molti governi sono vicini alla bancarotta a causa del debito accumulato con gli stimoli anticrisi, e il livello dei consumi nei paesi ad economia avanzata sono al minimo storico. Ma a guardare i dati a disposizione di questo trimestre possiamo tuttavia affermare che questi sono ottimi segnali per investire!

Come è possibile che il prezzo delle abitazioni sia in aumento quando il tasso di disoccupazione non è mai stato tanto alto, quando non ci sono tracce di ripresa sostenibile e il debito pubblico sta raggiungendo in molti paesi livelli da record?

Se gli editorialisti del South China Morning Post da qualche settimana sono allarmati dalla possibilità di una possibile nuova bolla speculativa, gli fa eco la copertina del Newsweek che dedica il numero di questa settimana proprio a questo tema.

E non dimentichiamoci un altro segno "positivo": quel +3% del PIL americano, se non fosse che esso riflette solo fattori temporali e reversibili. I profitti fatti sono frutto non solo degli stimoli fiscali statali ma soprattutto dei tagli e delle vendita di assets da parte delle imprese che si sono ristrutturate per far fronte alla crisi. Si aggiunga che molti degli utili realizzati sono frutto delle pure speculazioni di coloro che stanno cercando di rifarsi (il prima possibile) delle recenti perdite prendendosi rischi ancora più alti che nel recente passato.

Il sogno duro a morire del capitalista ignora che il mercato del credito nel core dei mercati finanziari, ovvero gli US, non si è affatto ripreso, così come il suo settore privato che ha visto salire i propri profitti grazie a sovvenzionamenti e tagli piuttosto che nuove vendite.

Pur tuttavia la locomotiva dell'East Asia sembra trainare la recovery globale, dalle abitazioni della Florida al’export del Giappone.

Se siamo di fronte ad una nuova bolla speculativa, questa volta toccherà ai mercati emergenti essere le vittime. E se c'è un verità da imparare nelle bolle speculative, come Rogoff e Reinhart ci avvertono, è che "più velocemente si cresce, più duramente si cade".

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!