mercoledì 18 novembre 2009

I militari entrano nei villaggi del Chiapas quando le donne sono sole


da La Jornada – Martedì 17 novembre 2009 articolo di Hermann Bellinghausen

I militari entrano nei villaggi del Chiapas quando le donne sono sole

Malgrado il governo statale abbia firmato con decine di organizzazioni altrettanti “accordi di governabilità” (che includono la consegna di risorse economiche e l’impegno di non realizzare azioni di protesta né presentare istanze agrarie), continuano le perquisizioni, i pattugliamenti, le minacce armate e l’ammassamento di truppe federali nei villaggi di Las Margaritas, Comitán, Socoltenango, Venustiano Carranza, Frontera Comalapa, La Trinitaria, Amatenango del Valle e Nicolás Ruiz. È significativo quanto accade alla Organización Proletaria Emiliano Zapata (OPEZ), cosiddetta “storica”, sempre molto docile nei riguardi del governo statale. Il fine settimana scorso l’organizzazione ha chiesto il ritiro dell’Esercito dalle sue comunità. Solo nel mese di novembre le truppe hanno realizzato perquisizioni delle case e si sono addirittura installati in alcuni villaggi. L’occupazione militare viene giustificata, come in altre aree della frontiera e del centro dello stato, con l’ambigua combinazione di “lotta alla criminalità organizzata” e caccia ai “sovversivi”. Rubén Méndez Méndez, dirigente della OPEZ, ha denunciato perquisizioni, posti di blocco e ammassamenti di soldati a La Trinitaria, Frontera Comalapa e Comitán. I militari della Settima Regione Militare, con sede nella base di Copalar, entrano nelle comunità “quando le donne sono sole con i bambini”, sostenendo di cercare armi, droga o narcotrafficanti. Lo stesso è accaduto a Nuevo Villaflores, dove i soldati hanno perquisito diverse case “davanti a donne e bambini spaventati”. Ed ancora, durante un corso per donne nello stabilimento balneare Uninajab, decine di militari hanno fatto irruzione “saltando fuori dai cespugli” e provocando “molto spavento”, come testimonia Reina Santiago Guadalupe, della stessa organizzazione. Méndez si è detto sorpreso di fronte a questa persecuzione, poiché la OPEZ realizza solo “azioni pacifiche” e non è mai successo che i suoi soci, indigeni e contadini, siano stati coinvolti nella sovversione o nella delinquenza. Ha annunciato che l’organizzazione prossimamente deciderà azioni contro la presenza dei soldati “che si trovano nelle comunità da un paio di settimane”. Intanto, centinaia di cattolici questa domenica a Comitán hanno chiesto la sospensione delle “calunnie contro sacerdoti ed agenti di pastorali della diocesi di San Cristóbal”, e si sono pronunciati in favore dei sacerdoti Jesús Landín (Venustiano Carranza) e Juan Manuel Hurtado (della diocesi di Ocosingo ed Altamirano), così come dei vescovi Felipe Arizmendi Esquivel ed Enrique Díaz Díaz. Hanno protestato contro l’attività militare anche nelle comunità di Frontera Comalapa, La Trinitaria ed in altri municipi, chiedendo di interrompere lo sfruttamento minerario nelle regioni sul confine e sulla Sierra. In questo contesto restano in carcere tre dirigenti dell’Organizzazione Campesina Emiliano Zapata (OCEZ-regione Carranza) ed altri oceístas si sono rifugiati negli uffici delle Nazioni Unite a San Cristóbal per chiedere la sospensione della persecuzione nelle loro comunità e per evitare di essere catturati. Luis Manuel Hernández ha comunicato che María Elena Meneses, inviata del governo statale e dirigente de El Barzón, ha fatto visita a suo padre, José Manuel Hernández Martínez, Chema, rinchiuso nel carcere di Nayarit, accompagnata dal dirigente perredista Alejandro Gamboa, e gli ha consigliato di “convincere” la OCEZ a negoziare, “altrimenti la situazione si aggraverà con le ‘azioni programmate per il 20 novembre’, poiché il governo ha ricevuto informazioni secondo le quali ci sarà una mobilitazione (di presunti gruppi guerriglieri) che si chiama ‘20 y 10′ “.

(Traduzione “Maribel” – Bergamo)

JONE GOIRIZELAIA PRESENTA A VENEZIA LA PROPOSTA DI PACE DELLA SINISTRA INDIPENDENTISTA BASCA

Jone Goirizelaia from talking peace on Vimeo.



1.La volontà popolare espressa attraverso vie pacifiche e democratiche, diviene l’unico riferimento del processo di soluzione democratica, sia per sancirne la sua messa in moto che il suo migliore sviluppo cosi come per raggiungere gli accordi che dovranno essere condivisi dai cittadini e cittadine. La Sinistra abertzale, come dovrebbero fare il resto degli attori politici, si impegna solennemente a rispettare ogni fase del processo decisionale che liberamente, pacificamente e democraticamente adotteranno i cittadini e le cittadine basche.

2. L’ordinamento giuridico-politico risultante, in ogni fase deve essere conseguenza della volontà popolare e deve garantire i diritti di tutti i cittadini e cittadine. Le cornici legali vigenti in ogni fase, non possono essere freno o ostacolo alla libera volontà popolare democraticamente espressa, ma devono essere bensì garanzia del suo esercizio.

3. Gli accordi da raggiungere nello sviluppo democratico dovranno rispettare e regolare i diritti riconosciuti tanto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, come nel Patto Internazionale dei Diritti Economici, Sociali e Culturali e il Patto Internazionali dei Diritti Civili e Politici, cosi come altre normative internazionali concernenti i Diritti Umani, siano essi individuali che collettivi.

4. Il dialogo politico inclusivo, a parità di condizioni, diviene il principale strumento per raggiungere accordi tra le differenti sensibilità politiche del paese. La sinistra abertzale dichiara la sua totale volontà di essere parte di questo dialogo.

5. Nel quadro del processo democratico il dialogo tra le forze politiche deve avere come obiettivo un Accordo Politico risolutivo, che dovrà essere approvato dalla cittadinanza. L’accordo risultante dovrà garantire che tutti i progetti politici possano non solo essere difesi in condizioni di pari opportunità ed in assenza di qualsiasi forma di coercizione o ingerenza ma che possano materializzarsi se questo è il desiderio maggioritario della cittadinanza basca espresso attraverso i procedimenti legali idonei.

6. Il processo democratico deve svilupparsi in assenza totale di violenza e senza ingerenze, mediante l’utilizzazione di vie e mezzi esclusivamente politici e democratici. Partiamo dal convincimento che questa strategia politica renderà possibili i progressi in un Processo Democratico. Sud Africa e Irlanda sono, in tal senso, l’esempio.

7. Rinnoviamo il nostro impegno con la proposta di Anoeta. In linea con essa, si devono stabilire un processo di dialogo ed accordo multipartitico a parità di condizioni tra l’insieme delle forze del paese, che favorisca la creazione di un quadro democratico con il quale la cittadinanza possa decidere liberamente e democraticamente rispetto al suo futuro come deciso dalla volontà popolare. Questo processo, deve basarsi sui principi del senatore Mitchell. Dichiariamo di assumere questi principi. D’altro canto, deve stabilirsi un processo di negoziazione tra ETA e lo Stato spagnolo che contempli la smilitarizzazione del paese, liberazione di prigionieri e prigioniere politiche basche, ritorno di esiliati ed esiliate e un trattamento giusto ed equo alle delle vittime del conflitto.

Per tutto questo, riaffermiamo la nostra posizione senza riserve rispetto ad un processo politico pacifico e democratico per raggiungere una democrazia inclusiva dove il popolo basco, libero e senza intimidazione di alcun tipo, determini liberamente il suo futuro.
Euskal Herria, 14 novembre 2009

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!