Un’intervista con Renata Pepicelli
Quello che segue – è bene sottolinearlo – non è un articolo di apologia del fenomeno che viene raccontato attraverso un’approfondita intervista a un’interessante studiosa. Si è scelto di approcciare il femminismo islamico come uno dei segni della complessità di questo tempo, in cui le religioni stanno invadendo la sfera pubblica di gran parte degli scenari politici mondiali, e i tentativi di opporsi all’islamizzazione come forma di teocrazia sembrano, specie nell’ultimo decennio, sortire effetti del tutto opposti agli obiettivi perseguiti.
È un dato di fatto che gran parte delle manifestazioni di codificata e formalizzata oppressione femminile nel mondo abbiano cause in qualche modo connesse alla religione. Un altro dato di fatto è che una parte non minoritaria del mondo islamico (e quindi della maggioranza dei credenti della terra) affermi l’esistenza di una profonda disuguaglianza tra uomo e donna, e di una necessaria subordinazione di quest’ultima.
È un dato di fatto che gran parte delle manifestazioni di codificata e formalizzata oppressione femminile nel mondo abbiano cause in qualche modo connesse alla religione. Un altro dato di fatto è che una parte non minoritaria del mondo islamico (e quindi della maggioranza dei credenti della terra) affermi l’esistenza di una profonda disuguaglianza tra uomo e donna, e di una necessaria subordinazione di quest’ultima.