Seminario in Chiapas sui parametri imposti dal potere. Il progresso: falsa promessa dei ricchi per rubare ai poveri
Dopo 18 anni le comunità indigene ancora devono far fronte alla guerra
di Hermann Bellinghausen.
Con la sfida di affrontare il concetto innovativo della “potenza dei poveri“, che l’intellettuale tzeltal Xuno López ha definito “provocatorio”, a mezzogiorno è iniziato il secondo Seminario Internazionale di Riflessione ed Analisi, nella Cideci-Università della Terra, in questa città. Ha dato avvio al dibattito la presentazione del libro-conversazione dei pensatori Jean Robert e Majid Rahnema, che ha proprio questo titolo. Come intendere da lì lo sviluppo, il progresso ed in generale i parametri imposti dal potere?di Hermann Bellinghausen.
Convocato alla vigilia del diciottesimo anniversario dell’insurrezione dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, nella sessione del mattino il seminario ha anche dato luogo ad una precisa effemeride dell’antropologa Mercedes Olivera, sulla ribellione zapatista e la guerra occulta, economica e paramilitare che ancora devono affrontare le comunità indigene del Chiapas dalla resistenza e l’autonomia, dalle quali emana la loro forza. Sarebbe questa la “potenza” cui allude l’opera di Rahnema e Robert.
Lo stesso Robert, durante la prima sessione, ha enunciato l’opposizione tra “la povertà come sintomo della ricchezza” e “la ricchezza come sintomo della povertà”. Da dove guardare? O come López ha sottolineato: “i poveri, lo sono secondo chi?”, cercando di trovare una traduzione nella sua lingua, oppure in tzotzil, di quel concetto generalizzato dal sistema di dominazione. Poi, Rafael Landerreche, educatore e collaboratore di Las Abejas di Acteal, ha fornito una caratterizzazione di questo “dogma” imposto dall’educazione e dall’ideologia, citando l’infallibile scrittore inglese Chesterton, che diceva che il progresso è la storia che i ricchi raccontano ai poveri ogni volta che i ricchi li vogliono derubare di qualcosa.