Universitari, indigeni e indignati condividono le esperienze con i portavoce della resistenza. Prevalgono le coincidenze nella condanna del sistema capitalista dominazione
di Hermann Bellinghausen.
La presenza dei movimenti antisistema e di organizzazioni molto coinvolte nell’attuale processo continentale di resistenza, durante le sessioni del Seminario Internazionale di Riflessione ed Analisi che si è svolto qui, ha permesso di capire, come ha riassunto Víctor Hugo López, direttore del Frayba e moderatore di uno dei tavoli, “che il problema che tutti affrontiamo è sistemico”, per questo tutti i movimenti devono essere contro questo sistema.
Universitari di Cile e Cuba, leader indigeni di Bolivia ed Ecuador, rappresentanti di Occupy Wall Street, hanno condiviso esperienze insieme ai portavoce della resistenza purépecha di Cherán e della difesa wirrárika del deserto di Wirikuta, a San Luis Potosí. L’espressione culturale di zapotecos, maya peninsulari, tzeltales e tzotziles, ed il dibattito tra le diverse correnti del femminismo si sono incontrati qui dove sono prevalse le coincidenze, la chiarezza delle istanze antisistema e la condanna dei partiti quali monopolizzatori della politica e delle decisioni di governo.
“La lotta è di lungo respiro”, ha osservato Daniela Carrasco, del collettivo cileno Tendencia Estudiantil Revolucionaria, raccontando come il movimento studentesco del 2011 “ha cacciato la destra ed i partiti” nelle rappresentanze studentesche. “Non siamo un movimento apolitico, ma apartitico”, perché “non crediamo più nei personalismi né nei partiti; per questo si parla della crisi della democrazia rappresentativa cilena”, sostiene.