Settima strada dell'innovazione, seconda via della scienza, viale della tecnologia... Hanno nomi che rimandano a un orizzonte di progresso i percorsi del Parco industriale dell'alta tecnologia di Shenzhen, l'ex villaggio di pescatori che nel 1980 Deng Xiaoping trasformò nella prima zona economica speciale della Repubblica popolare, oggi scossa da una profonda trasformazione e dagli scioperi che attraversano l'intera regione del Guangdong. È nel distretto dove si progettano software, circuiti elettronici e biotecnologie che, alla fine della prima giornata in fabbrica dopo una protesta che li ha portati a incrociare le braccia contro i padroni della Hitachi dal 4 al 25 dicembre, incontriamo uno dei 23 «delegati» protagonisti di questa nuova stagione di lotte operaie in Cina.
Il rappresentante dei lavoratori - che ci chiede di rimanere anonimo - mostra il documento sul quale l'azienda si è infine dichiarata disponibile a trattare: aumenti salariali fino al 30%, prestiti agevolati per l'acquisto della casa, reintroduzione dei bonus cancellati dopo la crisi finanziaria del 2008. L'uomo, che come tutti i suoi compagni non è iscritto al Partito comunista (Pcc), racconta come è stata portata avanti la vertenza: «Una trentina di noi, i più anziani, hanno fatto volantinaggio, poi ci siamo riuniti in assemblea e alla fine ci siamo tirati dietro 3.500 dei 4.600 dipendenti» della Hailiang, che nel marzo prossimo passerà dal marchio hi-tech giapponese agli americani della Western digital. Le autorità - l'Assemblea dei lavoratori (l'organo del Pcc in fabbrica) e i funzionari provinciali - hanno svolto un ruolo di mediazione tra proprietà e maestranze.