di Luis Hernandez Navarro*
Questo 4 luglio, dopo più di otto ore di assemblea generale, il movimiento #YoSoy132 ha rifiutato all’unanimità il processo elettorale della scorsa domenica e il vincitore virtuale Enrique Peña Nieto.
La giornata elettorale, ha indicato il movimiento, non si è sviluppata in un ambiente di pubblica tranquillità e legalità. Domenica “hanno prevalso pratiche profondamente antidemocratiche, come la violenza di stato e l’acquisto e la costrizione al voto, lucrando sulla condizione in cui si trovano le nostre popolazioni e sulle loro necessità”.
Di fronte alle irregolarità, il movimento ha riconosciuto una mancanza di democrazia nel processo elettorale .
Ha segnalato che “l’imposizione di Enrique Peña Nieto è un processo architettato da diversi anni dai poteri de facto, nazionali e stranieri.”
Nella Quinta Assemblea Generale Interuniversitaria, gli studenti hanno denunciato la manipolazione dei mezzi di comunicazione e degli scrutinii dei voti, cosa che secondo loro ha alterato il voto libero e ragionato dei cittadini. “Non si accetta e non si accetterà” Enrique Peña Nieto come presidente, hanno dichiarato in un comunicato pubblico alla fine della giornata a cui hanno partecipato i rappresentanti di più di 120 università.
Il documento del movimiento dà voce anche al sentimento di molti messicani che non sono universitari.
Il primo luglio alle urne si sono fronteggiati due Messico. Uno, cittadino, critico, riflessivo, dalla parte di un paese differente, deciso ad appoggiare Andrés Manuel López Obrador. L’altro, clientelare, timoroso di un cambiamento, obbediente alle gerarchie politiche, consumatore passivo dei racconti della televisione, che ha votato a favore di Enrique Peña Nieto.
Un altro Messico, soprattutto indigeno, deluso dai partiti politici e dai suoi candidati, ha deciso di non partecipare, anche se non era stata lanciata apertamente una campagna per l’astensione o l’annullamento del voto.