Nel 2012 le esportazioni di petrolio hanno portato 94
miliardi di dollari mentre le importazioni (a livelli storicamente
elevati) sono state di soli 59,3 miliardi di dollari.
Le cronache giornalistiche internazionali descrivono un Venezuela
sul'orlo di una crisi politico istituzionale ed economica che potrebbe
trasformarsi in rivolta sociale contro la gestione del paese, contro
l'esperienza bolivarista.
La stessa autorizzazione
parlamentare concessa al presidente Maduro di avocare a se diverse
deleghe legislative - simili ai nostri decreti legge - è stata
illustrata come un grave sintomo di crisi e una svolta autoritaria
all'interno del paese.
Ci raccontano della mancanza di
derrate alimentare nei supermercati, dell'imposizione manu militare di
prezzi calmierati sui prodotti, quali frigoriferi, lavatrici, bianchi da
incasso, in alcune catene di distribuzione.
Così come ci
viene raccontato di una opposizione politica e sociale che si mobilita
nel paese muovendo grandi masse popolari che richiedono un cambiamento
radicale nella gestione delle risorse e nelle scelte dell'intervento
pubblico.
Proponiamo di seguito un'ampio stralcio dell'articolo di Ewa
Sapiezynska (dottoranda in Scienze Sociali presso l’Università del
Cile) e di Hassan Akram (laureato in Economia Politica presso la Cambridge
University, attualmente insegna presso la Facoltà di Economia e Scienze
Aziendali presso l’Università del Cile), tradotto da znetitaly.net.
In realtà queste
deleghe di legiferazione non sono nulla di nuovo in Venezuela. Poteri
simili sono stati assegnati a Hugo Chavez (nel corso dei suoi 13 anni al
potere gli sono stati assegnati quattro volte). Inoltre questo potere
decretale è stato concesso a presidenti venezuelani prima di Chavez. In
realtà le deleghe legislative sono state utilizzate sei volte prima che
egli salisse al potere nel 1999. E’ un’autorità costituzionale assegnata
dal parlamento eletto e può essere revocata da quello stesso
parlamento. E’ difficile criticare l’obiettivo di snellire procedure
amministrative su un problema importante come la corruzione; dichiarare
che una tale mossa mette a rischio la democrazia è chiaramente
un’esagerazione.
La stabile economia del Venezuela
Naturalmente la
richiesta di poteri di decretazione su temi economici è dovuta al
riconoscimento che il Venezuela sta affrontando problemi in quest’area.
Ma, contrariamente al mito spacciato dai media e da molti analisti,
specialmente quelli vicini al governo statunitense, il Venezuela non si
sta approssimando al collasso economico. L’economia, com’è sempre stato,
è in larga misura dominata dall’estrazione di petrolio che il paese
utilizza per acquistare cibo e beni di consumo. Il ricavato dalle
esportazioni di petrolio è confortevolmente superiore alla spesa per
importazioni, dunque il Venezuela non sta affrontando nulla di simile a
una crisi del debito.
Di fatto nel 2012
le esportazioni di petrolio hanno portato 94 miliardi di dollari mentre
le importazioni (a livelli storicamente elevati) sono state di soli
59,3 miliardi di dollari. Oggi ci sono circa 22 miliardi di dollari di
riserve presso la Banca Centrale del Venezuela. C’è anche un surplus di
parte corrente che è attualmente al 2,9 per cento del PIL. Considerati
questi indicatori molto positivi, l’economista residente negli USA Mark
Weisbrot
è decisamente certo che il Venezuela non affronterà una futura crisi
della bilancia dei pagamenti (del debito). La sua fiducia è condivisa
dalla multinazionale bancaria statunitense Wells Fargo
che ha recentemente elaborato un rapporto in cui dichiara il Venezuela
una delle economie emergenti più protette contro la possibilità di una
crisi finanziaria e dalla Bank of America Merrill Lynch, che ha
raccomandato agli investitori di acquistare titoli del tesoro
venezuelano.
giovedì 5 dicembre 2013
lunedì 2 dicembre 2013
Cina, Giappone, Usa - Disputa finale?
di Angela Pascucci
Mai risolta, la disputa fra Cina e
Giappone sulle isole Diaoyu/Senkako nel mar della Cina orientale si
riaccende periodicamente, ogni volta più infiammata a causa delle
crescenti rigidità e intransigenze dei contendenti. Stavolta il gong
del nuovo round è stato suonato dalla Cina quando, il 23 novembre
scorso, ha annunciato l’istituzione di una nuova zona di difesa del
proprio spazio aereo (Adiz, Air Defence Identification Zone), che
include le isole contese e si sovrappone alla zona di controllo
giapponese e, sia pur in misura minore, quella sud coreana. Con
questa decisione Pechino impone a chiunque sorvoli l’area di
identificarsi e fornire i propri piani di volo all’aviazione
cinese, che in caso di inadempienza attuerà “misure difensive di
emergenza”.
Ne è seguita una serie di scaramucce
a jet sfoderati, aperta dagli indimenticabili B52 americani, due
esemplari dei quali, decollati da Guam, sono stati spediti subito da
Washington con un duplice scopo: far capire da che parte della
contesa si colloca, in nome dei trattati di sicurezza sottoscritti
con Tokyo, e sfidare la reazione cinese, che in questo caso si è
limitata a “sorvegliare” l’azione (dichiarando che il sorvolo
americano è avvenuto ai limiti dell’area) .
Attraverso la breccia
aperta dagli Usa (che formalmente hanno dichiarato trattarsi di
“regolari esercizi” da loro normalmente condotti nell’area) si
sono precipitati poi i jet militari giapponesi e anche quelli sud
coreani. La Cina ha deciso in tutti questi casi di far decollare a
mo’ di controllo un paio di velivoli della propria contraerea ma
non ha ancora agito per imporre il rispetto delle nuove regole di
identificazione, platealmente e volontariamente violate (anche se gli
Usa hanno consigliato alle loro compagnie aeree civili di ottemperare
alle richieste cinesi).
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Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
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