Sono molti anni che sento parlare di
zapatismo e conoscere da vicino il movimento è un’opportunità che non voglio
perdere. Eppure durante il tragitto notturno da Città del Messico a San
Cristobal qualche dubbio mi viene.
È il mio primo viaggio in Messico, sono in
vacanza, non sono mai stato un attivista, non ho particolarmente voglia di
sentire sermoni politici; questi pochi giorni di Chiapas potrei spenderli
visitando siti archeologici Maya e farmi qualche giorno di mare. Alla fine
decido di non cambiare i miei programmi, mi sono iscritto al secondo turno della
Escuelita da più di un mese e dare buca agli zapatisti non mi sembra
carino.
Giunto a San Cristobal raggiungo il
luogo del ritrovo. Troviamo un grande viavai. Gli altri partecipanti
all’escuelita sono ragazzi più o meno giovani, qualche adulto; messicani
soprattutto, ma anche argentini, statunitensi, qualche spagnolo, pochissimi
italiani, una coppia musulmana, un cinese. E ovviamente ci sono gli zapatisti
che verificano le iscrizioni ed organizzano i minibus verso i vari
caracoles.
Questo primo impatto con il mondo degli zapatisti è
emozionante, penso di essere nel posto giusto. Il passamontagna che tutti
indossano nasconde un mondo tutto da scoprire, gli sguardi lasciano immaginare
volti umili e decisi, il pensiero esatto che mi passa per la testa è ‘qui
fanno davvero sul serio’.