martedì 13 ottobre 2015

Messico - Autonomia indigena e costruzione della pace

Messico violento: autonomia indigena e costruzione della pace

Uno sguardo sulle esperienze di organizzazione indigena che fronteggiano vecchie e nuove violenze, realtà di resistenza e speranza nel Messico dal basso.

  di Giovanna Gasparello


Il Messico è stato sempre terra di grandi contrasti: paese della diseguaglianza, come rilevava Alexander Von Humboldt già nel 1811, la sua storia è segnata dalla radicalità dei movimenti rivoluzionari e di protesta (1910, 1968, 1994), ma anche dall’elevata violenza che ha caratterizzato la società ed il comportamento dello Stato.

Oggi il Messico sta attraversando una vera e propria emergenza umanitaria legata alla guerra tra i cartelli del narcotraffico e lo Stato per il controllo del territorio e dell’economia illegale e legale, conflitto che in meno di dieci anni ha causato più di 100.000 morti; la disputa per il controllo territoriale comporta una crescente vulnerabilità sociale, economica e culturale della popolazione. Quella che viene chiamata “lotta alla delinquenza organizzata” appare sempre più chiaramente come una guerra di alcune strutture dello Stato e delle narcomafie contro l’intera società, in cui si sospendono i diritti fondamentali e si allargano gli “stati di eccezione”: le esecuzioni extra-giudiziarie, la tortura e la privazione illegale della libertà sono strumenti di uso comune tra polizia e forze armate.

La società messicana mostra risposte diverse a tale contesto. Da una parte, inserirsi nelle reti della delinquenza organizzata è l’opzione per coloro che hanno interiorizzato la violenza. D’altro canto, alcuni settori della società hanno cercato, in modo congiunturale e non sempre trasparente, di assumere il compito abbandonato dallo Stato di garantire la sicurezza dei cittadini, dando vita al fenomeno delle “autodifese”.
In  terzo  luogo, per  molti la  violenza ha un effetto paralizzante, dando  origine a  emergenze sociali come i profughi interni e l’aumento della migrazione.

Esistono poi molteplici risposte positive alla violenza, che cercano di disattivarla senza ricorrere ad una risposta ugualmente violenta, costruendo spazi alteri al potere corrotto dello Stato, rivitalizzando radici culturali che si basano sulla collettività e il consenso. Tali processi mirano a rafforzare i legami e le strutture sociali di solidarietà, mettendo in gioco la volontà affermativa che ha caratterizzato tanti momenti della storia messicana: la forza che Susana Devalle (2000) ha definito cultura della resistenza (in opposizione alla cultura dell’oppressione) e che è alla radice delle esperienze di autonomia indigena.

L’autonomia che resiste alla violenza ed al saccheggio

L’autonomia, vale a dire governarsi secondo norme proprie, è un diritto collettivo ed individuale che implica la libertà di azione -economica, politica, giuridica e sociale - della collettività all’interno dello Stato nazionale, ed i suoi diritti alla partecipazione ed alla rappresentazione politica. L’autonomia, come espressione interna dell’autodeterminazione, è un diritto riconosciuto alle popolazioni indigene dalla legislazione internazionale e nazionale; ma è anche, e soprattutto, una pratica quotidiana di organizzazione, un processo di resistenza, volto alla trasformazione delle relazioni sociali ed alla costruzione di un modello alternativo al sistema neoliberale. In tal modo, “le etnie o popoli sotterrati, negati o dimenticati rafforzano o recuperano la loro identità attraverso la rivendicazione della loro cultura, dei diritti e delle strutture politiche ed amministrative proprie” (López y Rivas 2010).

sabato 10 ottobre 2015

Turchia - Sangue elettorale

di Ivan Grozny

69 morti, più di 100 feriti. 

A poche settimane dalla tornata elettorale del 1 Novembre la situazione in Turchia è questa. Una campagna elettorale macchiata di sangue. 

In migliaia anche questa volta si sono dato appuntamento per manifestare un grande desiderio di pace, ad Ankara; si sono invece ritrovati in un inferno. 

Chi è sopravvissuto a questa mattanza racconta di scene drammatiche e di corpi sventrati dai due ordigni. Un terzo che è stato ritrovato non è fortunatamente esploso. 

La manifestazione era stata indetta dai sindacati di sinistra DISK e KESK, appoggiati da HDP. Hanno risposto all'appello persone da tutto il Paese provenienti da tante città. C’erano turchi e curdi insieme, com'è stato per Soruc a fine luglio.


L’obiettivo dei manifestanti che si sono dato appuntamento alle 10 in una delle piazze principali della città era proprio quello di chiedere al governo Erdogan di interrompere immediatamente il bombardamento delle città curde in Turchia. 

E proprio qualche giorno fa il KCK, partito di riferimento per i combattenti del PKK, dichiara il cessate il fuoco appellandosi ai militanti chiedendo loro di non attaccare a meno di non essere stati aggrediti. Quanto accaduto oggi potrebbe innescare pericolose ritorsioni ma immediatamente dopo l’attentato, lo stesso KCK ha fatto intendere che non cambia la sua posizione. Anche negli anni ottanta e novanta obiettivo di questi attentati erano i turchi che appoggiavano non solo i curdi ma un certo tipo di auspicato cambiamento nella politica e nella società turca.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!