REPORTAGE DAL CANADA, DOVE LA NAZIONE INDIGENA RESISTE ALL’OBLIO, TRA BATTAGLIE AMBIENTALI E TRADIZIONI MILLENARIE
di Francesco Martone *
E’ un giorno d’agosto di pioggia intensa, battente. A Montreal si teneva il Forum Sociale Mondiale, il primo mai fatto in un paese del cosiddetto “Nord” del mondo, come se una categoria geografica ormai consunta possa esaurire la portata di dinamiche e i meccanismi di inclusione, ed esclusione, di sfruttamento e invasione che caratterizzano ormai l’assalto ai “commons” ed ai diritti dei popoli in ogni parte del mondo.
Nella città francofona i movimenti studenteschi fecero la storia, quando – sulla scia di “Occupy” e dei movimenti degli Indignados e delle Primavere Arabe – lanciarono la loro di primavera dell’”acero”, la Maple Spring che portò decine di migliaia di persone in piazza.
Una rivolta nel nord algido del Canada, paese che oggi ci vorrebbe agganciati attraverso un accordo commerciale quale il CETA, e che proprio a Montreal vede il fulcro delle attività ed il cervello pensante delle strategie delle principali multinazionali del settore petrolifero mondiale.
UN’ENORME AUDITORIUM ED UN PARCO A TEMA AMBIENTALISTA SPONSORIZZATO DALLA RIO TINTO ZINC CE LO RICORDANO. UN SUD DI DECINE E DECINE DI “HOMELESS”, DISTRUTTI DALL’ALCOL, CHE VENGONO DALLA GELIDA NUNAVUT, IL PAESE DEGLI ESCHIMESI, GLI INUIT. E POI LORO, I MOHAWK, DISCENDENTI DI UN POPOLO GUERRIERO, SPESSO E VOLENTIERI SUL PIEDE DI GUERRA PER DIFENDERE LE LORO TERRE.
Ieri da un progetto di campo da golf, ieri l’altro per proteggere le acque del San Lorenzo dagli sversamenti tossici delle fogne di Montreal, oggi per interdire la strada ad un oleodotto.
A separare Montreal dalla comunità Mohawk di Kahnawake è un ponte eretto in ricordo del governatore del Quebec, Honoré Mercier. Opera di ingegneria che suggella la collaborazione tra i Mohawk e i costruttori canadesi. Un ponte che unisce, ma che può anche separare, quando viene occupato dalle comunità dell’altra sponda per far valere i propri diritti.
Attraversiamo il Mercier Bridge ed arriviamo dall’altra parte, una lingua di terra percorsa da un rettilineo lungo il quale si affacciano innumerevoli botteghe, le insegne fluorescenti di marche improbabili di sigarette. E’ la produzione di sigarette una delle principali fonti di entrate per la comunità, assieme al lavoro di manutenzione del ponte, essendo i Mohawk espertissimi ed abilissimi edili.
SI NARRA CHE POSSANO CAMMINARE SULLE TRAVI DI ACCIAIO SOSPESE NEL VUOTO SENZA SOFFRIRE DI VERTIGINI, APPOLLAIATI SU SCHELETRI DI GRATTACIELI CHE COSTELLANO LA “SKYLINE” DI MANHATTAN. LA STORIA DI KAHNAWAKE E DELLA COMUNITÀ “SORELLA” DI KAHNATASAKE AFFONDA LE RADICI NEL PASSATO COLONIALE, E SI RIPROPONE COME SEGNO TANGIBILE DI UNA LOTTA MILLENARIA PER L’AUTODETERMINAZIONE E LA DIGNITÀ.
Una schiera di villette smontate di sana pianta e ricostruite al di là della strada che al di qua i canadesi decisero di punto in bianco di cementificare la sponda del fiume, cacciando via chi da tempo immemorabile ci viveva e ne viveva. Poi gli edifici delle istituzioni di governo della comunità, quelle imposte dal governo canadese, fredde, e squadrate, senza anima, e la longhouse, di legno, quella che rappresenta la vera anima della comunità.