La recente decisione dell'EZLN e del CNI, comunicata al termine del Quinto Congresso Nazionale Indigeno, è stata una sorpresa: si avvia una consultazione tra i popoli, nazioni e tribù per approvare l'ipotesi di una candidata indigena alle elezioni presidenziali del 2018. Una sorpresa, ma non rispetto alla lunga storia degli zapatisti che hanno visto sfilare, dall'anno dell'insurrezione, già cinque presidenti che non hanno potuto cancellarne la lotta né la sperimentazione dell'autonomia indigena. Vale la pena di ritornare col pensiero alle precedenti fasi elettorali e ricordare come si è modificata di volta in volta l'azione zapatista, sempre disturbante rispetto al sano alternarsi dei criminali in doppiopetto, espressione delle classi dirigenti messicane. Perdonate le approssimazioni.
Nel 1994, anno dell'insurrezione, l'EZLN resistette a Salinas de Gortari e si rivolse al neoeletto Zedillo Ponce de León con queste parole: "benvenuto nell'incubo". A testimonianza della guerra sporca di quel periodo, la lettera del Subcomandante Insurgente Marcos terminava così: finché non ci sarà risposta alle domande di democrazia, libertà e giustizia, in queste terre ci sarà guerra.
Nel 2000, la stagione di lotta promossa dall'EZLN propiziò la caduta dell'apparentemente imperituro regime del Partito Rivoluzionario Istituzionale. Il neopresidente di destra, Fox Quesada, dovette tollerare il lungo snodarsi della Marcha del Color de la Tierra: nel marzo 2001 gli zapatisti e la società civile invasero lo zócalo di Città del Messico. Il 28 marzo la Comandante Esther pronunciò uno storico discorso al parlamento messicano, dimostrando disponibilità al dialogo e alla distensione ma chiedendo il rilascio di tutti i prigionieri politici zapatisti e il riconoscimento costituzionale per diritti e cultura indigeni.