A Marrakesh continuano le iniziative dei movimenti per la giustizia sociale ed ambientale in occasione della Conferenza sul Clima dell’Onu, nel frattempo gli scienziati affermano che il 2016 sarà l’anno più caldo mai registrato.
Quanto influiranno le scelte del neo presidente americano Trump nel surriscaldare l’intero pianeta?
Ce lo spiega Naomi Klein , autrice di "Una rivoluzione ci salverà", in un suo articolo per The Nation
La presidenza di Donald Trump potrebbe significare letteralmente la fine del loro mondo
Le nazioni delle isole come Kiribati scompariranno se Trump andasse avanti con i suoi programmi di energia.
di Naomi Klein
Nel preciso momento in cui Donad Trump teneva il
suo discorso di accettazione, ero in una stanza gremita da un migliaio
di persone a Sidney, Australia, e stavo ascoltando Maria Tiimon
Chi-Fang, la massima attivista delle isole dello stato di Kiribati.
Avevo inviato tutto il giorno e-mail che avevano come oggetto “è la fine del mondo” ed improvvisamente mi sono sentita imbarazzata dal privilegio di questa iperbole.
Noi tutti abbiamo bisogno di prepararci a combattere
Se Trump facesse ciò che ha detto e facesse tornare indietro
l’insufficente progresso climatico, conquistato sotto Obama, ispirando
le altre nazioni a fare lo stesso, le nazioni e le culture di Chi-Fang
scomparirebbero quasi sicuramente sotto le onde. Letteralmente, la fine
del loro intero mondo.
Chi-Fang parla di come i negoziati di Parigi sul clima siano stati un
momento raro di speranza. Non era un testo perfetto, ma le nazioni
delle isole hanno combattuto e vinto, una coraggiosa battaglia per
includervi un linguaggio che rifletta il bisogno di mantenere il
riscaldamento globale al di sotto di 1.5 gradi centigradi. “Non abbiamo
dormito”, ha detto al pubblico.
L’obbiettivo dei 1.5 gradi ha dato a Kiribati e ad altre isole che
rischiano di andare sotto il livello del mare una possibilità concreta
di sopravvivenza. Però noi sappiamo che per raggiungere questo
obiettivo, o anche il più mite di 2 gradi, significherebbe che non
dobbiamo più sfruttare neanche un singolo pezzo delle nuove
infrastrutture per l’estrazione dei combustibili fossili. Siamo già
oltre il nostro budget di carbone, anche solo con i combustibili fossili
attualmente in produzione.
Donald Trump, nel suo piano “100 giorni per rendere l’America di
nuovo grande”, presentato alla fine di ottobre, ha chiarito che intende
afferrare il carbone nello stesso modo aggressivo con cui si vanta di
prendere le donne.
Ecco alcuni punti del suo piano immediato:
Consentire il proseguimento dell’oleodotto Keystone XL.
Togliere le restrizioni sulla produzione di combustibili fossili
Cancellare i "miliardi di dollari da pagare ai programmi di cambiamento climatico ONU
Questo significa: riscaldare il pianeta più velocemente possibile, e
bruciare l’insignificante giubbotto di salvataggio che è stato gettato
alle popolazioni che soffrono di più. Infine perchè non ci sia nessun
dubbio su cosa intendeTrump, ha già designato Myron Ebell, membro del Competitive Enterprise Istitute negazionista/climatico e anti-scienziato, come incaricato di trasformare l’Environmental Protection Agency (Agenzia di protezione ambientale).
Questo è solo una parte della posta in gioco se Trump farà ciò che ha promesso di fare.
Non possiamo lasciarlo fare.
Fuori dagli Stati Uniti, abbiamo bisogno di iniziare a chiedere
sanzioni economiche di fronte a questa illegalità nel non rispettare i
trattati. Nel Nord America, dove il carbone che Trump vuole liberare è
al momento sepolto, noi tutti abbiamo bisogno di essere pronti e se
volete sapere a cosa andremo incontro, date un’ occhiata ai fatti di
Standing Rock.
Tratto daThe Nation
giovedì 17 novembre 2016
domenica 13 novembre 2016
Messico - La nuova agenda degli zapatisti
La proposta del Congresso Nazionale Indigeno e dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale continua a far discutere con intensità. Era certamente questo uno dei primi obiettivi di chi l’ha formulata. Così come non poteva sorprendere l’Ezln il fatto che quella decisione sarebbe poi stata semplificata, strumentalizzata, ridotta alla sua parte sensazionalista: la candidatura di una donna indigena alle presidenziali del 2018, sminuendo, per esempio, il fatto che debba esser solo la portavoce di un Consiglio Indigeno di Governo non eletto nelle urne. S’è scritto, com’era facile prevedere, anche molto di più: l’idea che le conseguenze dell’arrivo della tormenta, segnalata dalla “sentinella” Galeano nell’aprile 2015, siano già tanto gravi da richiedere un “attacco” per rovesciare il potere dal basso è diventata, nei media, il suo esatto contrario: la convinzione che finalmente gli zapatisti hanno capito che per cambiare il mondo bisogna prendere il potere. La follia evidenziata da queste reazioni, scrive Gustavo Esteva, convinto sostenitore della complessa e niente affatto lineare scelta zapatista, merita di essere sottoposta ad analisi come malattia sociale. E’ di natura religiosa. La reazione principale consiste nel predicare certi dogmi democratici: un insieme di credenze mantenute contro ogni esperienza e ragione. Alla base c’è una convinzione circolare: che il percorso elettorale sia l’unico che consente di farsi carico degli apparati statali e che questi sono indispensabili per fare ciò che è necessario. Si riconosce, inevitabilmente, che il cammino elettorale non è un esercizio libero e chiaro della volontà generale, bensì uno spettacolo tortuoso, corrotto e manipolato. Tuttavia si insiste, contro ogni esperienza, sul fatto che nel 2018 alla fine vincerà un candidato di quella che si continua a chiamare “sinistra”. E ancor più si insiste sulla favola che recita un antico e consunto copione: una volta conquistato il controllo della macchina statale, la si farà ballare con la musica chiesta dal popolo. Che fantasia!
Iscriviti a:
Post (Atom)
Più di 500, 40, 30, 20, 10 anni dopo
ALLERTA ROSSA E CHIUSURA CARACOLES
BOICOTTA TURCHIA
Viva EZLN
Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.
La lucha sigue!