Cosa spinge migliaia di cittadini honduregni, guatemaltechi e salvadoregni a lasciare i loro paesi d’origine per cercare di arrivare negli Stati Uniti?
Sono migliaia i profughi che, a partire dal 13 ottobre scorso,
si sono riversati nelle strade di San Pedro Sula (Honduras) nella speranza di raggiungere il Nord America. Nel percorso si sono aggiunti guatemaltechi e salvadoregni, che hanno colto l’occasione di questa grande Carovana, con la “C” maiuscola come scrive il giornalista di El Faro Sebastián Escalón, per provare ad entrare negli Stati Uniti.
Partita dalla seconda città honduregna per popolazione, dopo la capitale Tegucigalpa, la Carovana ha attraversato Città del Guatemala e Tecún Umán sotto la pioggia ed il sole, dormendo per la strada e mangiando ciò che gli abitanti guatemaltechi decidevano di offrire loro.
Come spiegano i giovani che scelgono di concedere interviste ai giornalisti locali e stranieri, a differenza dei migranti, che cercano di passare inosservati, la volontà questa volta è quella di farsi notare così da poter raccontare e far conoscere la situazione.
Avanzano insieme donne e uomini, giovani ed anziani, con passo deciso.
Marciano verso la terra del vecchio “sogno americano”.
È la forza della massa che muove le oltre settemila persone in marcia.
Si lasciano alle spalle disoccupazione, violenze, povertà e conflitti civili che da anni insanguinano i paesi d’origine.
Marciano nella speranza di migliorare il proprio futuro, andando proprio verso quel modello di società che, negli anni, ha causato impoverimento, violenze e repressione in tutta l’America centro-meridionale.
La carovana si trova ora in Chiapas, ed attraverso i reportage di Radio Zapatista possiamo seguire il lento avanzare attraverso il primo stato messicano dalla frontiera.
Uno spostamento che ha segnato in profondità quello che viene chiamato "centroamerica".
In una sistema di comunicazione dove la semplificazione la fa da padrona è importante analizzare le diverse, e più specifiche, cause territoriali
che hanno portato migliaia di persone a riversarsi nei territori
messicani al di là del ponte Rodolfo Robles, verso Ciudad Hidalgo.
DONNE E UOMINI HONDUREGNI
A partire da chi compone in maniera numericamente maggiore la marcia troviamo cittadini honduregni che scappano da cause che hanno radici profonde, legate alla povertà e alle disuguaglianze endemiche nel paese, assieme all’attuale crisi politica del governo di Juan Orlando Hernández.
Partita dalla seconda città honduregna per popolazione, dopo la capitale Tegucigalpa, la Carovana ha attraversato Città del Guatemala e Tecún Umán sotto la pioggia ed il sole, dormendo per la strada e mangiando ciò che gli abitanti guatemaltechi decidevano di offrire loro.
Come spiegano i giovani che scelgono di concedere interviste ai giornalisti locali e stranieri, a differenza dei migranti, che cercano di passare inosservati, la volontà questa volta è quella di farsi notare così da poter raccontare e far conoscere la situazione.
Lo urlano in slogan le migliaia di persone che ne fanno parte: “Non si può vivere se si è poveri in America Centrale!”La fuga acquista quindi un significato ancor maggiore: una vera e propria manifestazione collettiva.
Avanzano insieme donne e uomini, giovani ed anziani, con passo deciso.
Marciano verso la terra del vecchio “sogno americano”.
È la forza della massa che muove le oltre settemila persone in marcia.
Si lasciano alle spalle disoccupazione, violenze, povertà e conflitti civili che da anni insanguinano i paesi d’origine.
Marciano nella speranza di migliorare il proprio futuro, andando proprio verso quel modello di società che, negli anni, ha causato impoverimento, violenze e repressione in tutta l’America centro-meridionale.
La carovana si trova ora in Chiapas, ed attraverso i reportage di Radio Zapatista possiamo seguire il lento avanzare attraverso il primo stato messicano dalla frontiera.
DA DOVE VENGONO LE DONNE E UOMINI DI OGNI ETA’ CHE COMPONGONO LA CAROVANA?
Con il crollo dei cartelli colombiani degli anni 2000 la produzione di droghe dirette negli Stati Uniti si è spostata verso nord, in Messico ma non solo.Uno spostamento che ha segnato in profondità quello che viene chiamato "centroamerica".
Una guerra non dichiarata che assieme ad una situazione economica e sociale drammatica ha creato un clima invivibile che, spesso, non viene raccontato.I profitti delle narcotraffico, garantiti dall’ipocrisia del proibizionismo ed in mano a poteri legali ed illegali, producono un’immensa quantità di denaro, che finisce nei scintillanti palazzi della finanza globale, devastando con la violenza del controllo del territorio intere comunità.
DONNE E UOMINI HONDUREGNI
A partire da chi compone in maniera numericamente maggiore la marcia troviamo cittadini honduregni che scappano da cause che hanno radici profonde, legate alla povertà e alle disuguaglianze endemiche nel paese, assieme all’attuale crisi politica del governo di Juan Orlando Hernández.