Le elezioni francesi e greche mandano un messaggio chiaro: sta crescendo l’opposizione alle politiche di austerity e del massacro sociale sperimentate in questi mesi dai tecnocrati della governance amministrativa autoritaria che domina lo spazio europeo.
Si è rotto quindi, quel limbo nel quale erano precipitate, immobili ed inerti, le soggettività politiche intese come variabile e alternativa allo stato di cose presenti. Chiunque, dalla Francia alla Grecia, ha raccolto consensi, da destra a sinistra, lo ha fatto a partire da un no, da un rifiuto dell’idea che esista una unica strada possibile per affrontare la crisi, ed essendo essa una ed oggettiva, è neutra ed appartiene alla tecnica e non alla politica.
La Grecia è stata il laboratorio materiale, dove sono state utilizzate cavie umane, più avanzato delle tecniche di governance incentrate sull’austyerity e sulla distruzione del welfare. La risposta in queste elezioni, oltre che dalle piazze, l’hanno data quel 70% di cittadini che in ogni caso non hanno mai creduto che l’uscita dall’europa fosse un’opzione centrale nel tornare a riconquistare un minimo di serenità.
Hanno quasi demolito, con il voto, quel macigno granitico rappresentato dai due partiti maggiori, il Pasok e Nova Demokratia, che hanno invece centrato tutta la loro azione politica sul rispetto delle imposizioni che giungevano dalla troika e in particolare dalla Bce. Che significa questo dunque? Che nella società greca, ma anche in quella francese se è vero che la guida dell’eliseo è stata decisa più da un referendum sulle politiche europee che da una scelta tutta interna, si fa strada l’idea che bisogna opporsi, resistere e contrastare la tecnocrazia, ma che l’unico spazio possibile per riuscire a vincere contro di essa e contro la crisi, è lo spazio europeo.