mercoledì 18 gennaio 2017

Argentina - La comunità Mapuche vittima delle violenze della polizia, il responsabile si chiama Benetton


Benetton e i Mapuches
Terreni di proprietà della Benetton
La storica controversia tra Benetton e i Mapuches in Patagonia si sta aggravando. Benetton in Patagonia possiede 800.000 ettari. La comunità mapuche sostiene di avere i domini di parte del vasto territorio che detiene la Compagnia delle terre del sud argentino, proprietà di Benetton dal 1991. La società si dichiara proprietaria di un territorio oggetto di controversia dal 1891, poco dopo la fine della cosiddetta Campagna del Deserto, che mise fine ai possessi indigeni nella zona tra il 1878 e il 1885. Secondo Benetton, che oggi è uno dei più grandi proprietari terrieri stranieri in Patagonia e in Argentina, non c’erano mai stati reclami da parte dei mapuche prima le terre venissero da lui acquistate.

Giorni fa forze della polizia sono entrate due volte in una comunità mapuche nella provincia di Chubut, a 1.700 chilometri da Buenos Aires, e represso  con pestaggi e sparatorie.  Il risultato è di nove mapuche feriti, dieci arrestati e cinque poliziotti.
L’oggetto immediato di protesta è l’uso che la Provincia di Chubut di fa del treno La Trochita. Un tempo la linea ferroviaria aveva uno scopo sociale, trasportando la gente di luogo in luogo , ma ora il treno  è utilizzato esclusivamente per turismo. Gli abitanti vogliono che la Provincia li avvisi ogni volta che la linea deve essere utilizzata, in modo che si capisca che queste terre appartengono a loro. Un tavolo di trattativa stato interrotto dopo tentativi di accordo e i Mapuche sono scesi in agitazione, bloccando strade, occupando terre. In Argentina cresce attenzione e sostegno al popolo Mapuche. Vi è stata una presa di posizione di Amnesty International. “Occorre ripensare le forme di coordinamento con le comunità”, ha detto Paola Rey Garcia, direttrice di Protezione e Promozione dei diritti umani di Amnesty International Argentina. Significativa è una lettera aperta, dura e pesantissima, de las Madres de Plaza de Mayo a Benetton:
Benetton, ladro,  predatore, sfruttatore,  assassino di popoli indigeni:
Le Madri di Plaza de Mayo vogliamo dirle giù le mani, perché nel suo affanno di far più soldi per lei e la sua famiglia non si rende conto delle conseguenze noi lo intendiamo fermare perché la mano nel tentativo di Lei  e la sua famiglia siete torturatori e assassini del nostro popolo. I vostri beni grondano di sangue indigeno.
 Il cibo che mangia è fatto di bambini che uccide tutti i giorni con il suo atteggiamento di tutti i giorni.
Benetton, quando morirà sarà mangiato da vermi che si intossicheranno in quanto il suo corpo è responsabile dei crimini di uomini, donne e bambini che hai ucciso per tanti anni.
Chi acquista marchio di abbigliamento sa che è pieno di sangue? ll fuoco dell’inferno non basterà a bruciare un corpo come il suo con tanti peccati.
Hebe de Bonafini, Presidente dell’Associazione Madri di Plaza de Mayo
Più politici sono i messaggi che Il gruppo di artiste tessili Puntadas Ranquelas invia all'indirizzo email di Benetton in Italia: “Benetton contraddice la sua politica a favore della diversità, che è pura apparenza e strategia di marketing visto che è complice e causa principale della repressione dei popoli indigeni nel Chubut, Patagonia argentina.  Che il mondo intero sappia, ed è quello che faremo. Benetton fuori dall’Argentina.”
Lo storico Osvaldo Bayer, dopo aver visto le scene di brutalità contro i Mapuche, si è scagliato contro Mauricio Macri che permette la repressione e ha affermato: “Otra vez, la Patagonia rebelde”, “Un’altra volta la Patagonia ribelle.”
tratto da Pressenza

martedì 17 gennaio 2017

Ecuador - Così Correa reprime ecologisti e indigeni

La violenza armata sociale e istituzionale del governo di Quito non si può criticare. Acción Ecológica, organizzazione indipendente molto nota per le denunce delle devastazioni ambientali operate in nome dello sviluppo e dello sterminio dei popoli indigeni, lo fa e la sua è da trent’anni una voce autorevole ascoltata in tutto il mondo. Per questo Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, a capo di un governo “progressista” che dice di rappresentare la “rivoluzione dei cittadini”, ha avviato la procedura istituzionale per farla sciogliere. Vuole mettere a tacere, in particolare, le informazioni sulla repressione della lotta degli Shuar, popolo dell’Amazzonia, contro un’impresa mineraria cinese che, oltre a contaminazione, desolazione e miseria per i popoli indigeni, lascerà all’Ecuador appena delle briciole del suo redditizio business estrattivista
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foto: http://www.infobae.com
di Silvia Ribeiro
Lo scorso 20 dicembre, il governo dell’Ecuador ha iniziato la procedura per sciogliere l’organizzazione Azione Ecologica (AE), che da 30 anni ha una traiettoria ampiamente riconosciuta a livello nazionale e internazionale.Questa misura di estremo autoritarismo e intolleranza alla critica sociale, cercando di silenziare un’organizzazione sociale indipendente, coincide con l’aumento della militarizzazione e della repressione contro il popolo indigeno shuar nella Cordigliera del Cóndor e la denuncia da parte di AE delle violazioni lì commesse. A favore di chi è tanta violenza armata, istituzionale, sociale? È per aprire la strada e difendere gli interessi della Explorcobres S.A. (EXSA), impresa mineraria cinese, che oltre a contaminazione, desolazione e miseria per i popoli indigeni, lascerà all’Ecuador appena delle briciole.
Il popolo shuar non ha lasciato dubbi sulla propria opposizione all’attività mineraria e agli altri mega-progetti nei suoi territori. Come gli altri popoli indigeni, da decenni hanno attivamente resistito all’avanzata delle imprese minerarie e petrolifere. Gli è costato repressione, criminalizzazione e l’assassinio di molti dirigenti. Già nel 2006, gli shuar espulsero gli accampamenti dell’EXSA e di una impresa idroelettrica che si disponeva a rifornirla. Insieme ad altri popoli hanno formato delle reti di popoli contro l’attività mineraria.
Nel 2006 questa forte mobilitazione paralizzò in varie province dei progetti minerari, dando il motivo al presidente Correa, allora in campagna elettorale presidenziale, di affermare che avrebbe “rivisto la politica estrattiva”. Con il processo dell’Assemblea Costituente fu stabilito un Mandato Minerario, in cui fu incluso di mettere fine alle concessioni minerarie che non avessero  avuto processi di consultazione ambientale con i popoli e le nazionalità indigene, che danneggiassero le fonti d’acqua, le aree naturali protette e i boschi, e una moratoria a nuove concessioni. Nonostante ciò, nel decennio trascorso, il governo è andato promuovendo normative che hanno svuotato di contenuto il Mandato Minerario, e invece della moratoria alle nuove concessioni, si è trasformato in un entusiasta promotore dell’attività mega-mineraria, neanche come esecutore, ma come facilitatore dello sfruttamento minerario di imprese straniere (Acosta e Hurtado  http://tinyurl.com/jjce45u).
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In questo contesto di crescente impunità, nell’agosto del 2016, la comunità shuar Nankintz, parrocchia di San Carlos Panantza, provincia di Morona Santiago in Ecuador, fu vittima di un violento sgombero da parte di poliziotti e militari, che rase al suolo le loro case e proprietà e uccise animali domestici, lasciando gli abitanti a cielo aperto per aprire la strada all’Explorcobres. (goo.gl/3mLNR9)
Questo sgombero avvenne dopo un ordine giudiziario viziato che non tenne conto della mancanza di una consultazione libera, preventiva e informata di cui hanno diritto i popoli indigeni, secondo quanto stabilito nelle leggi nazionali e nei trattati internazionali sottoscritti dall’Ecuador.
Il popolo shuar non accettò lo sgombero. Il 21 novembre e il 14 dicembre, membri del popolo shuar cercarono di recuperare il territorio a Nankintz, fatto che portò a gravi scontri con la polizia e i militari che proteggono l’impresa mineraria, con vari militari e poliziotti feriti e un poliziotto morto. Fin dal primo conflitto, la Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Amazonia Ecuadoriana, Confenaie, esortò il governo dialogare per evitare nuovi scontri, ma non ci fu accordo, al contrario, il conflitto è aumentato con l’arresto di vari dirigenti shuar e decretando lo stato d’emergenza nella provincia.
Azione Ecologica è l’organizzazione ecologista più conosciuta ed attiva del paese, con una lunga traiettoria di difesa dei diritti della natura e dei popoli, lavorando insieme a numerose organizzazioni comunitarie, di quartiere e di popoli indigeni. Il 18 dicembre, riguardo al conflitto a Morona Santiago, fece un appello per creare una Commissione di Pace e Verità. Spiegava: “noi ecuadoriani ed ecuadoriane scommettiamo sulla pace in armonia con la natura. Ma per ottenere la pace, e che sia duratura, chiediamo un bagno di verità. Abbiamo bisogno di conoscere che cosa è successo nella Cordigliera del Cóndor e in tanti altri territori dove sono stati imposti progetti minerari e di altra indole?” (www.accionecologica.org).
Il 20 dicembre il governo rispose notificando l’inizio della procedura di scioglimento dell’organizzazione, per “diffondere i gravi danni ambientali e all’ecosistema che deriverebbero dall’attività estrattiva” nella Cordigliera del Cóndor e per riferire sulla violazione dei diritti umani delle comunità che vivono in questa zona. Accusa assurda, perché questo è giustamente la missione di Azione Ecologica, che inoltre non ha mai promosso azioni violente e per questo fa un appello a stabilire una Commissione di Pace e Verità.
20649305aÈ la seconda volta che il governo cerca di chiudere Azione Ecologica -nel 2009 decretò la sua chiusura ma dovette fare marcia indietro-, oltre al fatto che l’organizzazione ha subito molestie da parte dei media ufficiali, furti ed altri abusi, anche un attacco sessuale contro un’appartenente al gruppo, per dissuaderli dalle loro attività di denuncia, documentazione e solidarietà.
Centinaia di organizzazioni di tutto il mondo hanno manifestato contro la chiusura di AE e per il rispetto dei diritti e dei territori indigeni. Cinque relatori dell’ONU hanno inviato una lettera al governo sollecitando l’immediata cessazione di queste azioni, che “asfissiano la società civile”.
È assurdo e cinico che un governo che si auto-denomina “rivoluzione cittadina” faccia appello alla chiusura delle organizzazioni le cui critiche non vuole udire. Ed è ancor più grave che a più di 524 anni dalla Conquista, continui ad abbattere a sangue e fuoco i popoli originari del continente.
*Ricercatrice del Gruppo ETC
 Traduzione del Comitato Carlos Fonseca, che ringraziamo

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!