La violenza armata sociale e istituzionale del governo di Quito non si può criticare. Acción Ecológica, organizzazione indipendente molto nota per le denunce delle devastazioni ambientali operate in nome dello sviluppo e dello sterminio dei popoli indigeni, lo fa e la sua è da trent’anni una voce autorevole ascoltata in tutto il mondo. Per questo Rafael Correa, presidente dell’Ecuador, a capo di un governo “progressista” che dice di rappresentare la “rivoluzione dei cittadini”, ha avviato la procedura istituzionale per farla sciogliere. Vuole mettere a tacere, in particolare, le informazioni sulla repressione della lotta degli Shuar, popolo dell’Amazzonia, contro un’impresa mineraria cinese che, oltre a contaminazione, desolazione e miseria per i popoli indigeni, lascerà all’Ecuador appena delle briciole del suo redditizio business estrattivista
foto: http://www.infobae.com
di Silvia Ribeiro
Lo scorso 20 dicembre, il governo dell’Ecuador ha iniziato la procedura per sciogliere l’organizzazione Azione Ecologica (AE), che da 30 anni ha una traiettoria ampiamente riconosciuta a livello nazionale e internazionale.Questa misura di estremo autoritarismo e intolleranza alla critica sociale, cercando di silenziare un’organizzazione sociale indipendente, coincide con l’aumento della militarizzazione e della repressione contro il popolo indigeno shuar nella Cordigliera del Cóndor e la denuncia da parte di AE delle violazioni lì commesse. A favore di chi è tanta violenza armata, istituzionale, sociale? È per aprire la strada e difendere gli interessi della Explorcobres S.A. (EXSA), impresa mineraria cinese, che oltre a contaminazione, desolazione e miseria per i popoli indigeni, lascerà all’Ecuador appena delle briciole.
Il popolo shuar non ha lasciato dubbi sulla propria opposizione all’attività mineraria e agli altri mega-progetti nei suoi territori. Come gli altri popoli indigeni, da decenni hanno attivamente resistito all’avanzata delle imprese minerarie e petrolifere. Gli è costato repressione, criminalizzazione e l’assassinio di molti dirigenti. Già nel 2006, gli shuar espulsero gli accampamenti dell’EXSA e di una impresa idroelettrica che si disponeva a rifornirla. Insieme ad altri popoli hanno formato delle reti di popoli contro l’attività mineraria.
Nel 2006 questa forte mobilitazione paralizzò in varie province dei progetti minerari, dando il motivo al presidente Correa, allora in campagna elettorale presidenziale, di affermare che avrebbe “rivisto la politica estrattiva”.
Con il processo dell’Assemblea Costituente fu stabilito un Mandato Minerario, in cui fu incluso di mettere fine alle concessioni minerarie che non avessero avuto processi di consultazione ambientale con i popoli e le nazionalità indigene, che danneggiassero le fonti d’acqua, le aree naturali protette e i boschi, e una moratoria a nuove concessioni. Nonostante ciò, nel decennio trascorso, il governo è andato promuovendo normative che hanno svuotato di contenuto il Mandato Minerario, e invece della moratoria alle nuove concessioni, si è trasformato in un entusiasta promotore dell’attività mega-mineraria, neanche come esecutore, ma come facilitatore dello sfruttamento minerario di imprese straniere (
Acosta e Hurtado http://tinyurl.com/jjce45u).
In questo contesto di crescente impunità, nell’agosto del 2016, la comunità shuar Nankintz, parrocchia di San Carlos Panantza, provincia di Morona Santiago in Ecuador, fu vittima di un violento sgombero da parte di poliziotti e militari, che rase al suolo le loro case e proprietà e uccise animali domestici, lasciando gli abitanti a cielo aperto per aprire la strada all’Explorcobres. (goo.gl/3mLNR9)
Questo sgombero avvenne dopo un ordine giudiziario viziato che non tenne conto della mancanza di una consultazione libera, preventiva e informata di cui hanno diritto i popoli indigeni, secondo quanto stabilito nelle leggi nazionali e nei trattati internazionali sottoscritti dall’Ecuador.
Il popolo shuar non accettò lo sgombero. Il 21 novembre e il 14 dicembre, membri del popolo shuar cercarono di recuperare il territorio a Nankintz, fatto che portò a
gravi scontri con la polizia e i militari che proteggono l’impresa mineraria, con vari militari e poliziotti feriti e un poliziotto morto. Fin dal primo conflitto, la Confederazione delle Nazionalità Indigene dell’Amazonia Ecuadoriana, Confenaie, esortò il governo dialogare per evitare nuovi scontri, ma non ci fu accordo, al contrario, il conflitto è aumentato con l’arresto di vari dirigenti shuar e decretando lo stato d’emergenza nella provincia.
Azione Ecologica è l’organizzazione ecologista più conosciuta ed attiva del paese, con una lunga traiettoria di difesa dei diritti della natura e dei popoli, lavorando insieme a numerose organizzazioni comunitarie, di quartiere e di popoli indigeni. Il 18 dicembre, riguardo al conflitto a Morona Santiago, fece un appello per creare una Commissione di Pace e Verità. Spiegava: “noi ecuadoriani ed ecuadoriane scommettiamo sulla pace in armonia con la natura. Ma per ottenere la pace, e che sia duratura, chiediamo un bagno di verità. Abbiamo bisogno di conoscere che cosa è successo nella Cordigliera del Cóndor e in tanti altri territori dove sono stati imposti progetti minerari e di altra indole?” (
www.accionecologica.org).
Il 20 dicembre il governo rispose notificando l’inizio della procedura di scioglimento dell’organizzazione, per “diffondere i gravi danni ambientali e all’ecosistema che deriverebbero dall’attività estrattiva” nella Cordigliera del Cóndor e per riferire sulla violazione dei diritti umani delle comunità che vivono in questa zona. Accusa assurda, perché questo è giustamente la missione di Azione Ecologica, che inoltre non ha mai promosso azioni violente e per questo fa un appello a stabilire una Commissione di Pace e Verità.
È la seconda volta che il governo cerca di chiudere Azione Ecologica -nel 2009 decretò la sua chiusura ma dovette fare marcia indietro-, oltre al fatto che l’organizzazione ha subito molestie da parte dei media ufficiali, furti ed altri abusi, anche un attacco sessuale contro un’appartenente al gruppo, per dissuaderli dalle loro attività di denuncia, documentazione e solidarietà.
Centinaia di organizzazioni di tutto il mondo hanno manifestato contro la chiusura di AE e per il rispetto dei diritti e dei territori indigeni. Cinque relatori dell’ONU hanno inviato una lettera al governo sollecitando l’immediata cessazione di queste azioni, che “asfissiano la società civile”.
È assurdo e cinico che un governo che si auto-denomina “rivoluzione cittadina” faccia appello alla chiusura delle organizzazioni le cui critiche non vuole udire. Ed è ancor più grave che a più di 524 anni dalla Conquista, continui ad abbattere a sangue e fuoco i popoli originari del continente.
*Ricercatrice del Gruppo ETC