mercoledì 3 giugno 2015

Kurdistan - Si riaccende lo scontro tra Isis e kurdi siriani

Il califfato avanza a Homs, Aleppo e verso il confine con la Turchia.
Sulla graticola finisce anche il presidente turco Erdogan che minaccia di altre censure la stampa nazionale.
L’ennesima bar­ba­ria va in rete: lo Stato Isla­mico ha pub­bli­cato in inter­net un nuovo video che mostra la ter­ri­bile tor­tura a cui i mili­ziani hanno sot­to­po­sto un 14enne siriano a Raqqa, la “capi­tale” dell’Isis. 

Appeso ad un muro per i piedi, il gio­vane Ahmed viene costretto con l’elettrochoc e le 
fru­state a con­fes­sare di voler attac­care il calif­fato. 

Un video folle, otte­nuto dalla Bbc che è riu­scita a inter­vi­stare Ahmed, fug­gito da Raqqa in Tur­chia dopo due giorni di tor­ture e il carcere.

Anche sul campo di bat­ta­glia, intanto, pro­se­gue la vin­cente pro­pa­ganda del califfo. Dopo Pal­mira, che ha per­messo al califfo di arri­vare al cuore del paese, ora lo Stato Isla­mico torna a minac­ciare la regione kurdo-siriana di Rojava. Kobane ha resi­stito e ha vinto. 

Adesso nel mirino c’è Hasa­keh: l’offensiva è par­tita sabato, da sud. I mili­ziani del calif­fato sono entrati per 4 km all’interno della città e posto un chec­k­point a sud.

Dome­nica le mili­zie kurde sono riu­scite a rias­su­mere il con­trollo di 8 vil­laggi a sud est di Kobane, vicino la città di Raqa, assi­stiti dai raid della coa­li­zione anti-Isis. Altre 4 comu­nità sono state riprese nell’area di Hasa­keh. Gli scon­tri, ripor­tano fonti locali, sono ancora in corso. 
L’offensiva con­tro Hasa­keh è ini­ziata dopo l’uccisione da parte di mili­ziani kurdi di 20 civili accu­sati di affi­lia­zione all’Isis e la demo­li­zione di case di sospetti mili­ziani a Ras al-Ain e Tal Tamr.

domenica 24 maggio 2015

Messico - Rapporto del Centro dei Diritti Umani Frayba

Centro de Derechos Humanos Fray Bartolomé de Las Casas, AC
 R A P P O R T O
La Realidad, un contesto di guerra

Jobel, Chiapas, Messico, maggio 2015

Al Maestro Zapatista Galeano: Ad un anno dalla sua dipartita verso una Altra Realidad, il suo esempio e la sua lotta insegnano che la dignità si afferma al di là della morte.

Il territorio conteso
Dalla sua apparizione in pubblico nel 1994, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (EZLN) ha dato conto della sistematica azione dello Stato messicano per frenare l’autogestione dei popoli autonomi che cercano di vivere in pienezza i loro diritti e cultura. Durante questi ultimi 21 anni ha denunciato pubblicamente una serie di azioni di vessazione, repressione e cooptazione che, come parte dei piani di contrainsurgencia, vogliono sottrarre simpatie all’alternativa politica, civile e pacifica che propone una nuova generazione di uomini e donne zapatisti.
Nel 2003 l’EZLN, nel quadro del rispetto degli Accordi di San Andrés in Chiapas, ha formalizzato l’inizio del governo civile rappresentato attraverso cinque sedi della Giunta di Buon Governo (JBG). Ogni governo autonomo ha sotto la sua giurisdizione diversi Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (MAREZ) il cui progetto si sviluppa attraverso varie Aree e Commissioni di lavoro.
Nella zona Selva di Confine, la JBG “Hacia la Esperanza” include quattro MAREZ ed ha sede nel Caracol 1 “Madre de los Caracoles, Mar de Nuestros Sueños”, nella comunità La Realidad, municipio ufficiale di Las Margaritas in Chiapas.
Da allora, le JBG hanno denunciato il modo in cui diverse organizzazioni e comunità sono passate, attraverso il logoramento, alla polarizzazione, come risultato prevedibile della guerra totale, portata avanti da tutti i governi di turno, fino ad ottenere lo scontro tra chi, in altre epoche, aveva condiviso la rivendicazione di istanze storiche sotto principi politici comuni.
In questo contesto è avvenuto il falso cambiamento di regime con la presunta alternanza nel potere simulato dalla classe politica, che mantiene intatta l’organizzazione, la struttura e la presenza sul territorio del Partito Rivoluzionario Istituzionale (PRI) nelle comunità del Chiapas, riproducendo vizi, corruttele e mantenendo nell’impunità le situazioni che esigono giustizia, che risultano utili per lo scontro con chi si oppone a mercanteggiare il territorio, come richiedono le attuali riforme strutturali in Messico, che approfondiscono ed accelerano il saccheggio del territorio a danno delle comunità.

L’uso della povertà come strumento di manipolazione
In Chiapas, anche i livelli di povertà estrema, emarginazione e oblio sono stati il veicolo del governo statale e federale per accelerare la cooptazione e la divisione comunitaria, come indicato nei piani militari per combattere l’insurrezione in Chiapas e così sottrarre possibili alleati al progetto politico zapatista per l’autonomia e la vita dei popoli indigeni.
La più visibile e reclamizzata di queste operazioni è stata realizzata il 21 gennaio 2013 nel municipio di Las Margaritas, uno dei territori emblematici del bastione zapatista nel 1994; in questo scenario il Presidente Enrique Peña Nieto, accanto al Governatore del Chiapas, Manuel Velasco Coello, ha lanciato il programma “Crociata Nazionale Contro la Fame”, uno dei tanti palliativi che lucrano sulla povertà ed alimentano la dipendenza delle popolazioni affinché persista il servilismo incondizionato.
Il programma ha già mostrato uno degli obiettivi politici, servendo per riposizionare le Forze Armate del Messico nella “zona grigia”(1), così definita per essere considerata un possibile territorio di espansione dell’insurrezione, e per generare cooptazione tra i popoli indigeni in resistenza.
All’interno della Crociata Nazionale Contro la Fame, con l’installazione dei Comitati Comunitari si è creata una struttura che ha impattato direttamente nella divisione comunitaria, soprattutto nelle zone di influenza zapatista, beneficiando nei fatti i soliti gruppi clientelari, cosa che non risolve minimamente le ancestrali domande di sovranità alimentare.
Così, l’obiettivo principale dei programmi di dipendenza dal governo è annullare la costruzione di alternative civili, garantendo la continuità della povertà, truccando gli standard di sviluppo nel marco del rispetto e garanzia dei diritti umani, cercando inoltre di nascondere le condizioni di milioni di vittime delle politiche governative.
Il suo obiettivo non è soddisfare né risolvere le cause di fondo, bensì persistere nelle fallimentari politiche populiste che sono utili per scopi elettorali, di manipolazione e controllo sociale.
In Chiapas i programmi governativi sono serviti come strumento di contrainsurgencia contro le comunità in resistenza, in particolare quelle che lottano per l’autonomia. A dimostrazione di ciò, basta leggere Luis H. Álvarez, ex titolare della Commissione per il Dialogo e la Pace in Chiapas nel governo di Vicente Fox (2000-2006) e Presidente della Commissione Nazionale per lo Sviluppo dei Popoli Indigeni (CDI) nel governo di Felipe Calderón (2006-2012), che nella sua autobiografia “Corazón Indígena” racconta le sue riunioni con presunte Basi di Appoggio dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale (BAEZLN) in diverse comunità del Chiapas. (2)
Un’altra persona all’interno del potere municiaple coinvolta nel fomentare la contrainsurgencia è Florinda Santiz, attualmente consigliere per il Partito Azione Nazionale (PAN), incaricata dal 2004 di promuovere progetti nella zona della Realidad. È stata alleata di Luis H. Álvarez ed uno dei suoi obiettivi si inserisce nella strategia di cooptazione dei leader dell’EZLN. Come egli stesso ammette relativamente all’inadempimento degli Accordi di San Andrés “il governo federale sembrava scommettere che il semplice trascorrere del tempo portasse al logoramento dell’EZLN.” (3)

La contrainsurgencia in Chiapas

sabato 16 maggio 2015

Messico - Provocazione paramilitare a La Garrucha

Caracol de Resistencia

Hacia un Nuevo Amanecer.

Junta de Buen Gobierno El Camino del Futuro
La Garrucha Chiapas México,
11 maggio dell’anno 2015

DENUNCIA PUBBLICA

All’opinione pubblica:

Ai media alternativi, autonomi o come si chiamino:

Alle/Agli aderenti alla Sexta nazionale e internazionale:

Alle organizzazioni oneste per i diritti umani:

Fratelli e sorelle del Messico e del mondo:

Denunciamo energicamente quello che stanno facendoci i gruppi paramilitari della comunità Rosario composti da 21 persone paramilitari e da 28 paramilitari del barrio Chikinival appartenente all’ejido Pojkol municipio di Chilón, Chiapas.

A Rosario vivono i nostri compagni basi di appoggio, perché è terra recuperata, appartenente al municipio autonomo di San Manuel del caracol III La Garrucha.

A Rosario vivono 21 paramilitari che sono appoggiati dai 28 paramilitari del barrio Chikinival e che stanno invadendo la nostra terra recuperata.

È lo stesso problema che si era presentato ad agosto del 2014, quando ci hanno ammazzato un toro riproduttore, hanno distrutto le case e la nostra cooperativa collettiva, hanno rubato i nostri beni ed hanno sparso erbicidi su un ettaro di pascolo, hanno sparato ed hanno scritto a fuoco sul terreno: “territorio Pojkol”

I FATTI.

Alle 9:35 della mattina del 10 maggio del presente anno, 28 persone del barrio Chikinival dell’ejido Pojkol, Municipio ufficiale di Chilón, che si trova a 40 minuti di macchina dal villaggio di Rosario, sono arrivate a bordo di otto motociclette nel villaggio recuperato di ROSARIO dove vivono i compas basi di appoggio, perché ci vogliono sottrarre con la forza la nostra terra.

Questi paramilitari di Rosario accompagnati dai paramilitari del barrio Chikinival dell’ejido Pojkol, hanno cominciato a fare delle misurazioni sui luoghi dove già vivono i compagni basi di appoggio, mentre questi ultimi erano fuori a lavorare.

Alle 15:15 pm, un gruppo di loro se n’è andato, un altro gruppo è rimasto sul posto e 5 minuti dopo tre di questi si sono diretti verso la casa di un compagno base di appoggio, mentre la maggioranza restava a 30 metri dalla casa del compagno. Nella casa del compagno base di appoggio si trovava solo sua figlia di tredici anni che stava pulendo casa, il padre non c’era e la madre si trovava sul retro della casa, di questi aggressori paramilitari, 2 sono del barrio Chikinival dell’ejido Pojkol, e 1 è del villaggio stesso di Rosario, ed il suo nome è ANDRES LOPEZ VAZQUEZ. Questi 2 di Chikinival sono entrati in casa, mentre Andrés, paramilitare di Rosario, è rimasto di guardia sulla porta e quando la figlia del compa base di appoggio è uscita correndo di casa, Andrés le ha sparato 4 colpi con una pistola calibro 22 mentre stava sopraggiungendo il padre che, per difendere la figlia, ha scagliato un sasso colpendo alla testa lo sparatore. Fortunatamente gli spari non hanno raggiungo la bambina. Poi il ferito è stato portato via dai suoi compagni che si trovavano a 30 metri dalla casa.

mercoledì 13 maggio 2015

Kurdistan - Sfidare la Modernità Capitalista II

Intervento di John Holloway alla conferenza “Sfidare la Modernità Capitalista II” Amburgo 3-5 Aprile 2015

Un meraviglioso onore, una meravigliosa emozione. Sto imparando cosi tanto dal movimento di liberazione curdo. 

Ma è più che il movimento di liberazione curdo, è vero? 
Vi è uno straripamento, uno straripamento dal Kurdistan, e noi siamo quello che trabocca. Noi che siamo qui non solo per venirne a conoscenza, ma perché sono parte di noi come noi siamo parte di loro. Noi che siamo costantemente sotto attacco e siamo alla disperata ricerca di una via d’uscita. 
Siamo qui non solo per sostenerli, ma perché in loro vediamo una speranza per noi stessi. 
Noi che stiamo cercando di tessere un mondo diverso contro e al di là di questo mondo di distruzione e di morte e non sappiamo come farlo, e questo è il motivo per cui camminiamo chiedendo chiedendo camminiamo, camminando apprendiamo, abbracciando camminiamo.

Veniamo attaccati sempre più aggressivamente, in modo così aggressivo che a volte sembra una notte nera senza alba. 

La quarta guerra mondiale è come gli zapatisti la chiamano, ma il nome non ha importanza. La guerra del capitale contro l’umanità è il termine che abbiamo sentito negli ultimi due giorni. Ayotzinapa è il nome che oggi risuona nelle orecchie di quelli di noi che vivono in Messico e ben oltre, ma ci sono molte, molte immagini dell’orrore dell’aggressione capitalista: Guantánamo, l’annegamento di 300 migranti nel Mediterraneo solo poche settimane fa, ISIS e l’orrore apparentemente senza fine della guerra in Medio Oriente, il danno inflitto dalle politiche di austerità in tutta l’Europa ed in particolare alla Grecia, i continui attacchi al pensiero critico alle università di tutto il mondo. E così via, e così via.

Tutti i simboli della violenta oscenità di un mondo in cui il denaro è signore e padrone.

Quarta guerra mondiale, dunque, non come un attacco consapevolmente controllato, ma come un assalto logicamente coerente e sempre rinnovato del denaro contro l’umanità.

II La quarta guerra mondiale: crisi capitalista, disperato tentativo del capitale di sopravvivere, il capitale che lotta con ogni mezzo possibile per la sopravvivenza di un sistema che non ha senso, che non ha alcun significato oltre la propria riproduzione. 

L’esistenza stessa del capitale è un’aggressione. Si tratta di una aggressione che ci dice ogni giorno ”dovete modellare la vostra attività in un certo modo, l’unica attività che è valida in questa società è un’attività che contribuisce agli utili del capitale, in altre parole il lavoro”. Questa è la teoria del valore lavoro, la teoria che è stata tanto diffamata negli ultimi due giorni.

domenica 10 maggio 2015

Messico - Parole del Subcomandante Insurgente Moisés


Buonasera a tutti, compagne, compagni, fratelli e sorelle.

Visto quanto stiamo spiegando da ieri e dall’altroieri, stavamo discutendo con la commissione di compagni e compagne del CCRI, sul fatto che ci sembra che vada verso quel che vogliamo fare, e sulla domanda in merito, perché tutti noi che eravamo qua, a meno che non stessimo sognando o dormendo, abbiamo in testa ciò che si è detto, o che hanno stabilito e discusso i compagni, i fratelli. Ci hanno detto molte cose su cosa sia l’idra: cosa dobbiamo fare contro di essa?

Organizzarci. Se rispondiamo questo, organizzarci, vogliamo dire che il nostro cervello ci sta già dicendo cosa bisogna fare in primo luogo, poi in secondo, poi in terzo, quarto e così via. Perciò c’è l’idea: se sta nel cervello è in forma d’idea. Ora, se muovi la lingua è in forma di parola. Manca l’azione, ossia organizzarsi. E quando sei in fase organizzativa, attento, perché non verrà fuori tale e quale a com’era nell’idea, nella parola. A quel punto inizierai a incontrare molti intoppi, molte difficoltà.

Perché altrimenti arriveremo al 2100, almeno quelli che ci arriveranno, e saremo ancora al punto di dire idee, parole, pensieri, e intanto ci sarà ancora il capitalismo: allora dove eravamo noi che abbiamo parlato tanto male del capitalismo? Che avremo combinato se continueranno a stare così le cose?

Ebbene, questa è una riflessione che stavamo facendo con i compagni del CCRI, della Commissione Sesta dell’EZLN. Continueremo con il tema di ieri, o su com’è l’economia nella lotta, nella resistenza delle e degli zapatisti, ma in pratica, non in teoria. Dalla pratica traiamo quel poco di teoria che abbiamo condiviso al momento.

Per esempio, perché da noi va così, sul fatto che non riceviamo nulla dal governo, eaddirittura nemmeno ci parliamo col governo, nessuna base d’appoggio lo fa. A costo di essere ammazzati, non parliamo col malgoverno, perciò: come facciamo a far sapere qualcosa al malgoverno? Da una parte ci sono le denunce pubbliche della Giunta di Buon Governo perché si sappia dei malgoverni. Altrimenti, dalle radio comunitarie zapatiste, perché come stavamo dicendo ieri, il governo ha le sue spie, le sue orecchie, qualcuno che registra i messaggi delle radio comunitarie zapatiste, ed ecco come lo otteniamo. Poi c’è un altro modo, ma di questo parleremo a suo tempo.

Raramente maneggiamo soldi. Ad esempio, nel mobilitarci, perché bisogna pagare la benzina in pesos, non sono accettati kili di mais o fagioli. Su questo terreno lottiamo, combattiamo. Tutto ciò che vi spiegherò in forma di esempi, si fa con il lavoro politico, ideologico, con molta analisi, molta discussione di ciò che è importante, necessario secondo ciò che vogliamo fare.

Per esempio, l’educazione. L’educazione della scuola zapatista, vi racconterò come ce la inventiamo. Un compagno che è formatore nell’educazione della zona, è stato sei mesi nel caracol a preparare i promotori e le promotrici di educazione dei villaggi, dove arrivano centinaia di alunni, alunni-maestri in formazione.

A un certo punto questo compagno formatore nell’educazione se ne andò a trovare la sua famiglia. Arrivando a casa di suo papà disse: “Sono tornato, papà”. E il papà di questo compagno formatore dice: “Hai portato il mais? Hai portato i fagioli? Perché qui non c’è nulla per te”. E il compagno formatore dice:

“Come?”

“Come? Se non stai lavorando!”

“Come non sto lavorando, papà, se sto lavorando là con i compagni?”

“E che ti hanno dato i tuoi compagni, o i compagni? Se va anche a beneficio nostro, perché non pensano che anche qua devi poter avere qualcosa per vivere?”

“Ma no, è che siamo in lotta”, dice il compagno.

“Sì, ma dobbiamo anche avere di che sopravvivere per lottare”.

“Sì”, dice il compagno formatore.

“Sai cosa, figlio”, dice il padre, “figlio, devi tornarci. Parla con le autorità autonome perché sarà sempre così, senza organizzazione”.

Il compagno dovette tornare. Parla con la Giunta di Buon Governo, e la Giunta di Buon Governo si organizza con i compagni che stanno dentro alla commissione, che noi chiamiamo la commissione di vigilanza e la commissione di informazione, cioè compagni e compagne del CCRI. Si organizzarono e cominciarono a discutere del problema, perché ormai era un problema.

E la Giunta e il CCRI dicono che di sicuro questa è una questione che si protrarrà nei secoli dei secoli, perciò bisogna metterci mano. Allora inizia la discussione, ora sì, sul da farsi.

“No, è che dobbiamo tirar fuori quel poco che abbiamo”.

“Sì, ma quanto durerà quel poco che abbiamo?”

“No, ecco, appena per un anno”.

Allora iniziano a pensarci su, ed ecco quel che ne viene fuori: per esempio, la zona lavora collettivamente, e così il villaggio, cioè il villaggio del promotore o del formatore di educazione, che partecipa con le basi d’appoggio nel lavoro collettivo; dunque la proposta della giunta è che i membri basi d’appoggio del villaggio del formatore non vadano a fare il lavoro collettivo, ma che lavorino nel campo di mais e fagioli, nel campo di caffè, nell’allevamento della famiglia del compagno formatore. Allora avrà mais, avrà fagioli, avrà caffè, avrà degli animali, ma sono i compagni di base che provvederanno a questo lavoro, in modo che possa avere un po’ di paga. Perciò non gli si dà un aiuto economico, non gli si dà un salario ai compagni e compagne formatori di educazione, e lo stesso a quelli che preparano i compagni e compagne promotori di salute.

Altri compagni e compagne di altre zone vivono situazioni differenti, ad esempio nella zona Selva Fronteriza o la zona Selva Tzeltal la situazione non è come quella dei compagni de Los Altos, è differente. Ci sono zone che lavorano collettivamente nell’allevamento, perciò quando i compagni cercano di organizzarsi nei loro primi passi, si rendono conto immediatamente.

Per esempio, questo sto dicendo, nel realizzare il lavoro collettivo di zona ci sono comunità che si trovano in punti molto lontani, e quindi i compagni spendono molto per recarsi al punto di lavoro collettivo. È costoso, perciò quel che fanno i compagni è distribuire i lavori, ma in collettivo. Vale a dire: immaginiamo che l’interno di questa costruzione sia una zona, ma che ci siano alcuni lontanissimi, alcuni a 10 ore di macchina, e quindi si giunge a un accordo, magari trattandosi di differenti lavori collettivi, di qua la panetteria, lì nell’altro angolo la calzoleria, lì la fattoria e qui un altro lavoro collettivo della zona. In questo caso tra tutti i villaggi e le basi vanno solo i più vicini ai luoghi di lavoro, per evitare ulteriori spese, e poi si riuniranno solo i rappresentanti per informare su come vanno le cose.

Il succo è che non ci sia nessuno che non lavori collettivamente. E prima che ne dubitiate o che un giorno chiediate “che ne è di quelli che non vogliono fare il lavoro collettivo?” diciamo: non li obblighiamo. Non li obblighiamo, semplicemente gli diciamo “va bene compagno, compagna, che tu non voglia, ma come zapatista quando ci sarà da raccogliere per la cooperazione dovrai tirar fuori dal tuo borsello.

Nei fatti e nella pratica i compagni stanno vedendo che è così che sono potuti sopravvivere e come hanno fatto il proprio movimento i compagni. E ci sono alcuni che non volevano fare i lavori collettivi che si integrano.

Quindi è uguale anche per le zone che lavorano collettivamente nell’allevamento, tutti i lavori che si fanno sono per il movimento di lotta o per il movimento dell’autonomia. Qui quel che si è scoperto nella pratica è che non si può fare quel che facevamo prima, che ci siamo sbagliati, equivocati, quando il lavoro collettivo era il 100%. Vedemmo che non stava funzionando perché c’erano lamentele, molti problemi.

Lamentele dovute al non avere sale, al non avere sapone. Lamentele nel senso che non si scandiscono per tempo le semine di ciò che si raccoglie. Lamentele nel senso che ci sono compagni che hanno molti figli, mentre la divisione prevede uguali quantità per i compagni che hanno pochi figli. Tutte queste cose ci hanno fatto riflettere sul fatto che sia meglio che i villaggi, le regioni, i municipi autonomi e la zona si mettano d’accordo su come vogliono lavorare.

La sostanza è che ci sia tempo per la famiglia e tempo per i lavori collettivi. Così lavorano i compagni. Ad esempio nel campo dell’allevamento. Quando parlo di allevamento non indico una sola forma. Ci sono per esempio collettivi di allevamento di vacche riproduttrici; altri nei quali si tratta semplicemente di comprare i torelli, tenerli alcuni mesi e poi venderli, tirarli fuori e tornare a comprarne, come fossero generi alimentari. Ci sono zone che lavorano anche nella calzoleria, i compagni fabbricano da sé le scarpe. C’è una forte critica e un richiamo all’attenzione che si sono dati i compagni, parlando di allevamenti: le pelli del bestiame che viene mangiato o che muore, vanno a male, siano di cavalli, di asini, di muli, vanno a male perché non c’è chi sappia scuoiare. I compagni hanno tentato di cercare qualcuno, ma nessuno glielo vuole insegnare, perché quando hanno cercato chi glielo insegnasse non hanno trovato che lo stesso che compra il cuoio. Be’, chissà se da queste parti c’è qualcuno in grado di insegnarcelo.

Un’altra forma di economia zapatista è quella delle cosiddette, e vai a sapere perché i compagni hanno messo questo nome, quella delle banche autonome. Le cosiddette BANPAZ, BANAMAZ; ora risulta che si dicono BAC, che vuol dire Banca Autonoma Comunitaria. In gioco ci sono due idee. Una riguarda le necessità, il sapone, il sale, lo zucchero e cose così. I soldi che ricavano i compagni dalla vendita dei fagioli, del mais, del maiale o di quel che c’è, oltre che nei generi alimentari, vanno alla cooperativa collettiva e quel denaro, quel po’ di guadagno va al movimento dell’autonomia o della lotta, perché non vada agli affiliati ai partiti.

Così fanno anche nel BAC o nelle banche autonome, perché chi contraeva prestiti con altre persone, fosse zapatista o no, si ritrovava a pagare fino al 15% di interesse mensile, cioè se ne approfittavano. Perciò i compagni hanno creato questo fondo, questa Banca autonoma, per la salute e per il commercio. Hanno avuto problemi i compagni, non crediate che vada tutto bene, hanno avuto problemi. Su questi problemi miglioreranno, ma ci sono per così dire anche cose buone, e sono decisione dei villaggi, uomini e donne.

Per esempio, se per delle cure io prendo in prestito 10.000 pesos dalla Banca autonoma, se sarò riuscito a curare mio figlio o mia moglie pagherò il 2% di interesse; se invece non sarò riuscito a curarlo, e mio figlio o mia moglie saranno morti, ebbene anche il prestito si sarà perso, non dovrò restituirlo. È un accordo che hanno stabilito nella zona: così come si è persa la vita della famiglia, allo stesso modo se ne va anche il denaro.

Dove trovano i fondi per le banche autonome? Ci sono vari sistemi messi in atto dai compagni della zona. Uno è stabilire un accordo che non gravi troppo sui compagni, le basi, come un accordo che preveda un peso al mese, per ogni base d’appoggio. Ovvero questo mese di maggio devo depositare un peso, e poi a giugno un altro peso, vuol dire che sono 12 pesos che apporto io come base d’appoggio all’anno, ed essendo migliaia allora ce ne saranno 12000,15000, e così via. Ecco quanto va al fondo, ovvero alla banca autonoma.

Un’altra cosa riguarda le donazioni che danno i nostri fratelli e sorelle, compagni e compagne solidali. Una parte di esse va nel fondo, nella banca autonoma, e altre parti se ne vanno nei lavori collettivi della zona. Un’altra maniera di ottenere risorse è che le zone si mettano d’accordo. Al tempo di vendere i raccolti, caffè o mais che sia, si mettono d’accordo, e allora ad esempio ogni base d’appoggio deve apportare 80 chili di mais, 50 chili di fagioli, poi si vende a tonnellate e il ricavato entra in un fondo. Poi decidono se quel fondo andrà alla banca autonoma o sarà investito in altro.

Un’altra maniera di agire per zone è che i compagni facciano un lavoro collettivo nel campo, nella coltivazione di caffè, e quando si raccoglie si ottiene un’altra entrata.

Bene, c’è una cosa che vorremmo condividere qui, perché, se un giorno vi dovesse capitare durante la lotta, sappiate che funziona così. Ieri stavamo discutendo di ONG, e dicevamo che i progetti sono diminuiti, ma questo non avviene perché non ci siano ONG o perché ormai le ONG non gestiscano progetti, che invece proseguono. È che c’è qualcosa che non gli è piaciuto. Vari anni fa una ONG arrivò dai compagni della Giunta di Buon Governo e disse loro di un progetto di salute, e i compagni lo accettarono, un progetto da 400.000 pesos. Poi torna un altro membro della ONG, a spiegare come si farà programma del progetto di salute, e allora la Giunta di Buon Governo gli chiede dov’è il foglio del progetto e con l’ammontare totale del progetto.

“Ah, non lo avete ancora?”, dice.

“No, perciò lo stiamo chiedendo”.

“Ah, allora con molto piacere”.

Lo tirano fuori e lo consegnano, e il progetto dice 1.400.000 pesos. Da lì abbiamo visto che quella ONG ci stava dando 400.000 pesos e le stavano rimanendo 1 milione di pesos. Ovvio, era per pagare la luce, ecco cosa dissero dopo, che era per pagare l’affitto o chissà che altro. Da allora noi abbiamo iniziato a fare esperienza di quel che realmente significa, non so come dirvi, ma insomma ONG sta per Organizzazioni Non Governative, no?

A partire da questo episodio venne comunicato ai compagni delle giunte delle zone di fare attenzione. Perciò adesso ogni ONG che presenti i suoi progetti è richiesta di mostrare il bilancio totale. “Sì, ve lo porto”, ma in anni non sono potuti tornare, si vede che non trovano la macchina.
Ecco quel che accadde. 
Alcuni sono rimasti, e stanno accompagnando i compagni delle Giunte di Buon Governo. Ma non vuol dire che le ONG non stiano cercando progetti. 
Sì, vanno in giro, a volte anche dicendo che stanno lavorando con i municipi autonomi ribelli zapatisti, ma va bene, lo vedranno.

Un modo di risparmiare usato dai compagni, ad esempio, riguarda la salute, perché i compagni delle giunte si mettono d’accordo con alcuni medici che aiutano. I medici ci dicono che ci sono due interventi chirurgici, il minore e il maggiore, e che il minore costa 20 o 25.000 pesos, e il maggiore molto di più. Quel che fanno i medici che aiutano i compagni è andare negli ospedali autonomi e realizzare l’intervento chirurgico.

È davvero un grande appoggio perché tagliano ed estraggono quel che devono estrarre e basta, i compagni non pagano. I compagni si incaricano soltanto dell’antibiotico, perché non ci sia infezione, ed è roba da 1000 o 2000 pesos. Cioè è un bel risparmio.

Un altro sistema è che corra la voce di ciò di cui vi ho già raccontato. Corre nelle comunità, e infatti ieri stavamo parlando del fatto che gli affiliati dei partiti vanno e non trovano un dottore, non trovano un chirurgo o una chirurga, e correndo la voce di come si organizzano i compagni, anche tutti gli affiliati ai partiti vanno all’ospedale in cui arrivano i medici solidali. Perciò quel che fanno i compagni dell’assemblea della zona è mettersi d’accordo sul fatto che devono incassare qualcosa, ma non troppo.

Ad esempio, se medico dice che un intervento costa 6000 pesos, il paziente affiliato a un partito dovrà pagare 3000 pesos. E se dice che un altro intervento costa 8000, l’affiliato a un partito deve pagarne 4000. Ma anche così, l’affiliato al partito sta risparmiando perché altrove costa dai 20 ai 25.000 pesos.

Sono tutte maniere di cercare di avere entrate. Ci sono zone che possiedono lavori collettivi di artigianato. Ci sono compagne nelle zone che lavorano in collettivo nell’allevamento o nella vendita di cibo, che sono temporanei perché non funzionano tutto il tempo, ma ogni volta che ci sono le nostre feste funziona il collettivo della mensa.

In questi lavori collettivi delle zone, i compagni autorità dei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti e delle Giunte di Buon Governo sono quelli che si incaricano di promuovere e di animare, e cercano sostegno e orientamento nei compagni del Comitato Clandestino.

Ora c’è la partecipazione dei compagni basi d’appoggio, che fanno proposte anche in assemblea su quale lavoro collettivo si può fare. Questi lavori collettivi di cui parliamo ci sono serviti molto per capire cosa significa veramente vigilare sul governo, su quelli che amministrano, e che sono governo, cioè la Giunta di Buon Governo e i MAREZ. Ed essendo lavoro e sudore del popolo i compagni esigono che le loro autorità debbano rendere conto, quante sono state le entrate totali, quante le spese totali, in cosa si è speso e quanto resta. Perciò non lasciano in pace le proprie autorità, che devono rendere conto e immaginatevi se viene fuori un inghippo, perché ora invece di andare in carcere si va al lavoro collettivo, perché bisogna pagare con il lavoro collettivo quel che si ruba o si spreca.

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!