lunedì 19 gennaio 2009

Mobilitazione sociale in Ecuador

Dal 20 gennaio 2009 mobilitazione sociale.
Comunicato Consejo de Gobierno de la CONAIE
L’Ecuador, terra di tutti i popoli, e’ anche il paese tra piu’ piccoli dell’America del Sud. Dotato di una straordinaria diversita’ culturale e naturale, ospita dodici milioni di abitanti, il sessanta per cento dei quali, siamo popoli indigeni. Il nostro paese possiede una straordinaria ricchezza naturale che e’ stata gravemente danneggiata dalle peggiori tragedie ambientali: la distruzione dell’ Amazzonia nord a causa dell’estrazione del petrolio. Il giudizio contro Texaco e’ la prova della gravita’ di questa sitazione. L’Ecuador e’ anche conosciuto per una vita politica dove noi, i popoli indigeni, siamo stati attori determinanti e forti nella costruzione della democrazia. Nell’anno 1992, una marcia che duro’ di piu’ di dieci giorni, ci diede una vittoria storica come indigeni amazzonici: il riconoscimento dei nostri diritti territoriali. Da quel momento abbiamo lottato pacificamente per la soppravvivenza dell’Amazzonia e della nostra, che dipende da quella. I grandi interessi economici delle potenti imprese multinazionali sono stati la causa di un irreparabile disconoscimento dei nostri diritti. I successivi governi neoliberali sono stati defenestrati perche’ non garantivano i diritti fondamentali dei popoli che costituiamo l’Ecuador. Tre presidenti sono stati l’oggetto di una leggittima revoca del loro mandato senza spargere una sola goccia di sangue. Due di loro vivono in autoesilio per corruzione.
A partire dal venti gennaio, noi Popoli indigeni dell’Ecuador ritorneremo al nostro legittimo cammino di protesta e di esigenza di rispetto, dignita’ e garanzie per i nostri diritti e quelli di tutti gli ecuatoriani in generale.. Si realizzera’ una grande mobilitazione in tutto il paese.
Esigiamo che il governo non imponga al paese lo sfruttamento minerario a gran scala e a cielo aperto: le esperienze di altri paesi ci mostrano l’irreparabile e irreversibile distruzione dell’ecosistema, la contaminazione di importanti e fondamentali conche e fonti d’ acqua, la perdita di capacita’ e vocazione produttiva per la terra destinata all’agricoltura e le nefaste conseguenze per la salute di tutti. Consegnando il paese alle iimprese minerarie, si mette fortemente in discussione la sovranita’ nazionale e si negano tutte le petizioni di dialogo.
Noi saremo milioni e manifesteremo per i diritti riconosciuti e garantiti nella Costituzione politica dell’Ecuador nel convegno 169 della OIT e nella dichiarazione della ONU sui diritti dei Popoli Indigeni. Per la nostra protesta, noi popoli indigeni dell’Ecuador siamo stati minacciati, il nostro dissenso e’ stata criminalizzato in questi mesi, stigmatizzato da parte delle alte istanze del governo, attraverso discorsi e prese di posizione razziste. Siamo stati repressi violentemente per esercitare il nostro diritto alla resistenza. Il mondo deve sapere che noi lottiamo in modo pacifico e per la vita di tutti, per quella del pianeta.
Noi saremo milioni a manifestare per esigere il rispetto del diritto fondamentale all’acqua, alla salute, alla terra e ai territori, a non essere sgomberati dalle nostre terre. Lottiamo per il diritto a vivere in un ambiente sano e libero da contaminazione e per il diritto alla vita degli ultimi popoli indigeni liberi che vivono in Amazzonia senza contatto con la societa’ dominante; questi popoli sono minacciati di scomparire per la pretesa del governo di estrarre petrolio nei loro territori ancestrali. Un genocidio si sta annunciando e l’umanita’ non deve permetterlo.

Lotteremo sempre per la vita e la dignita’ di tutti i popoli.
Janeth Cuji

Consejo de Gobierno de la CONAIE

venerdì 16 gennaio 2009

E’ una guerra contro l’umanità

Intervista al Dr. Mustafa Barghouthi*

La situazione è molto grave, Israele ogni giorno commette un crimine di guerra e le vittime di questa guerra contro l’umanità sono ormai 6.500. Tutto questo accade a un milione e mezzo di persone chiuse nella Striscia di Gaza, se quanto sta accadendo a Gaza succedesse negli Stati Uniti (300 milioni di persone) in proporzione i morti in 20 giorni sarebbero 1.2 milioni. Questo per far capire la portata di quanto accade in Palestina. L’attacco a Gaza non è solo contro Hamas ma contro tutta la popolazione palestinese, i morti sono per lo più civili soprattutto donne e bambini.C’è un’unica situazione simile nella storia recente dell’umanità: il ghetto di Varsavia. A Gaza vivono 8.000 persone per ogni metro quadrato e ogni giorno sono costrette a stiparsi ancora di più perché dai lati estremi della striscia sono spinte al centro, in ogni casa vivono almeno 15 persone e sono attaccate con ogni tipo di arma possibile. Si tratta di un crimine di guerra e va fermato. Dobbiamo cambiare la situazione, Israele non si fermerà grazie a discorsi e parole altisonanti, non fermerà il massacro perché comprende che sta agendo al di sopra di qualsiasi legge internazionale. Israele non si fermerà dato che i governi del mondo non lo accusano di aver perpetuato crimini per 41 anni ma scaricano la colpa di quanto accade alle vittime di questo crimine di guerra.E’ per questo che chiediamo di sanzionare Israele, di organizzare manifestazioni, manifestazioni forti che producano effetti, che colpiscano Israele. E’ per questo che vi chiediamo di iniziare una pesante campagna di boicottaggio di Israele che continui non solo fino a quando il massacro di Gaza finisce ma fino a che fino a che l’occupazione e il sistema di apartheid non abbiano fine. La lotta palestinese non è fatto nuovo, Hamas sì è nuovo, ma non la lotta palestinese. E è iniziata più di cento anno fa. La resistenza palestinese è stata quasi sempre non violenta, pacifica con sporadici episodi di forte resistenza militare ma la verità è che non stiamo parlando di una guerra tra due eserciti. A Gaza è in corso una guerra di una parte che ne colpisce un’altra che non ha la possibilità di difendersi: è una guerra contro l’umanità.E’ una guerra in cui Israele è autorizzato a attaccare con ogni mezzo: caccia bombardieri, sottomarini, navi, tanks. Per questo va fermata. In questa guerra Israele sta usando il campo di Gaza come un campo di sperimentazione militare per alimentare e testare la propria industria militare che è diventata la quarta eportatrice a livello mondiale. Sanzioni e boicottaggio sono fondamentali, bisogna pretendere che i governi europei che dicono di rispettare i diritti umani interrompano qualsiasi forma di collaborazione con Israele, compreso le collaborazioni e le esportazioni militari, non ha alcun senso acquistare armi e attrezzature militari da un paese che perpetua crimini di guerra. Gaza è un terreno di sperimentazione per le industrie militari israeliane che ogni anno guadagnano miliardi di dollari grazie al bagno di sangue di Gaza. Gaza è un bagno di sangue: il sangue dei palestinesi è usato dai politici israeliani per le proprie campagne politiche. Non è una guerra - lo ripeto - contro Hamas ma contro i palestinesi, contro civili, donne, uomini e bambini. Bisogna che questa guerra sia fermata e per farlo dobbiamo iniziare campagne di boicottaggio: Israele va trattato come era trattato il Sud Africa dell’apartheid.La causa palestinese oggi è una causa di giustizia umana, la causa numero uno di giustizia umana in mondo.
Ci sono molte proteste contro Israele, l’Egitto attacca verbalalmente e poi tiene chiuso il passaggio di Rafah. Il presidente dell’Egitto ancora prima di questi attacchi aveva dichiarato che Gaza era ancora sotto occupazione quando Israele continuava a dire di essersi ritirato dalla Striscia. Ma non l’ha mai fatto. Come possono dire che hanno lasciato Gaza quando hanno sempre continuato a occupare lo spazio aereo, il mare, a vietare ai pescatori di pescare (e per questo hanno distrutto tutte le nostre imbarcazioni). Mubarak non ha mai avuto il coraggio di ammettere palestinesi senza il permesso di Israele perché è l’accordo che ha con Israele, che ufficialmente e a livello internazionale è ancora l’occupante di Gaza. Il che pone l’Egitto in una situazione diversa rispetto a Israele, non lo giustifica sia chiaro. Fossi io nella posizione di Mubarak aprirei il confine e romperei qualsiasi accordo con Israele. Fino a oggi però l’accordo è stato rispettato per non creare dissapori con gli Stati Uniti, con i paesi europei, con l’Onu che condividono quest’accordo con Israele. Ma l’accordo significa di fatto che Israele sta unilateralmente bloccando tutti gli accessi a e da Gaza.
In molti si chiedono: come mai nella Cisgiordiana non si manifesta contro quanto accade in Gaza? Sappiamo che la situazione in realtà è più complessa...Non è vero, nella West Bank ci sono manifestazioni e proteste, le più imponenti dal 2002. C’è tuttavia un problema con la polizia palestinese, con l’apparato di sicurezza palestinese cha ha tentato di vietare i cortei e reprimerli come accaduto la settimana scorsa a Ramallah. Come gruppi parlamentari abbiamo alzato dunque la voce contro quanto ha fatto la polizia a Ramallah. Io mi aspetto che domani (oggi venerdì, ndr) ci sarà sempre a Ramallah la più grande manifestazione del paese. Il problema però qui è che da un lato resistiamo alle azioni violente della polizia palestinese che viola il diritto alla libertà di espressione e dall’altro non vogliamo trasformare le principali contraddizioni che abbiamo con Israele in contraddizioni interne alla realtà palestinese. E’ quello che Israele voleva quando ha imposto la creazione di un enorme apparato di sicurezza che si mangia il 40 per cento delle economie palestinesi. Dovete capire che alcune persone, israeliani, l’amministrazione statunitense e pure quelli europei con gli addestramenti, stanno tentando di trasformare la polizia palestinese nella Cisgiordania in qualcosa di simile a agenti di sicurezza territoriali, in una specie di sotto-governo e noi vogliamo mantenere alte le contraddizioni con Israele.

*Fondatore del Union of Palestinian Medical Relief Committees e Ex ministro dell’informazione del governo di unità nazionale palestinese

giovedì 15 gennaio 2009

Gaza - Si intensificano i combattimenti

Intervista a Christian Elia, inviato in Cisgiordania per PeaceReporter

La nave del Free Gaza movement nella notte è stata costretta a fare ritorno a Cipro, sotto la minaccia di 4 unità della Marina israeliana.
Si è concentrata su Gaza city l’incursione di oggi, una vera e propria mattanza, quella che dalle prima ore della mattinata l’esercito israeliano ha messo in atto. L’avanzata, che non ha risparmiato niente e nessuno, è entrata dal sud della città e si è diretta con ferocia verso il centro. Donne, uomini, bambini, anziani, nelle strade cercano invano di scappare, ma a Gaza non c’è un posto dove trovare rifugio e l’esercito, ha sparato, anche contro chi inerme colto dalla paura tentava di scappare. Le immagini di un video Reuters mostrano le raffiche, durate ore, dell’artiglieria israeliana. L’Idf sta usando bombe al fosforo nel centro di Gaza. La denuncia dell’inviato della tv pan-araba Al-Jazeera, si associa alle dichiarazioni dell’Onu la cui sede è stata bombardata nella tarda mattinata. "Bisogna dire che fa molta notizia perchè è la sede dell’ONU, ma quello che è accaduto oggi sta accadendo da venti giorni", ci dice Christian Elia. Nell’escalation dell’attacco stamane è stato colpito anche un edifico di Gaza che ospita la stampa, compresa l’agenzia britannica Reuters. Due giornalisti della tv di Abu Dhabi sono rimasti feriti. Secondo quanto riferisce sempre Al Jazeera nei raid israeliani è stata colpita anche una sede della Croce Rossa. Poco dopo è stata colpita la sede della Mezzaluna Rossa, che si trova nella zona che ospita anche un piccolo ospedale. All’interno di questo ospedale erano presenti 500 persone tra operatori sanitari e feriti e i suoi locali sono andati in fiamme.
La cronaca di queste ultime ore nel collegamento telefonico con Christian Elia, inviato in Cisgiordania per PeaceReporter. [ audio ]

domenica 11 gennaio 2009

Mustafa Barghouti: “Care Hamas e Fatah è necessaria l’unità di tutti i palestinesi”


di Francesca Marretta - Liberazione
Anche ieri è sceso in piazza a manifestare per la fine della guerra a Gaza Mustafa Barghouti, medico e segretario del movimento progressista Al-Mubadara. Nel giorno in cui scade il mandato del Presidente Abbas, Barghouti, denuncia i «crimini» commessi a Gaza, ma anche le azioni «vergognose» commesse in West Bank dalle forze di sicurezza dell’Anp.
«A Gaza sono commessi crimini di guerra e contro l’umanità. Vengono uccisi soprattutto civili. Israele non potrebbe farlo senza la complicitá della comunitá internazionale. Questo deve finire, come deve finire questa guerra. La risuluzione votata al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su Gaza, potrá non essere la migliore in cui si potesse sperare, ma va implementata immediatamente. E gli Israeliani si rifiutano d’implementarla. Servono sanzioni contro Israele. L’Unione Europea deve dire a Israele che se non si attiene alla risoluzione saranno sospese le trattative per il razzorzamento delle relazioni bilaterali».
Anche Hamas rifiuta di implementare la risoluzione Onu.«L’hanno rifiutata? Stamattina (ieri, ndr.) io ho sentito una dichiarazione del Jihad Islami su un accordo con Hamas per accettarla. Hanno detto che non fanno particolare affidamento sulla risoluzione, ma non mi risulta che non la acettino.
Chi incolpa per la situzione a Gaza?Israele e gli Stati Uniti in primis. E il silenzio e la compilcitá della comunitá internazionale che permette a Israele di fare quello che fa.
Hamas e l’Anp non hanno responsabilità?La situazione che si è creata tra Hamas e Fatah ha certamente contribuito a creare un grande problema. Ora scoprono che si sono fatti la guerra per la conquista di un Autorità che non esiste. Un’autorità che esiste solo nelle loro teste. Di fatto noi siamo tutti sotto occupazione. Ma la situazione nella West Bank è grave. Oggi le forze di sicurezza dell’Anp hanno compiuto azioni vergognose a Ramallah. Hanno attaccato una manifestazione civile, hanno picchiato, hanno usato gas lacrimogeni. E’ una vergogna che la sicurezza dell’Anp attacchi palestinesi che manifestano in solidarietá con Gaza.
Perchè vi hanno attaccato?Non lo so. So solo che sbagliano. Credo che l’Anp subisca pressioni da parte di diversi paesi terzi che cercano di mettere l’Anp contro la propria gente. Questo fa comodo a Israele. Gli isrealiani vogliono l’indebolimento del fronte palestinese. Non vogliono che i palestinesi abbiano una leadership forte. Ma noi palestinesi dobbiamo essere uniti. La sinistra palestinese sta lavorando alla riunificazione.
Crede ancora possibile la ricucitura tra Hamas e Fatah?Quello che sta accadendo a Gaza ci fa sentire sotto la stessa aggressione. Esiste una spinte pubblica all’unità. E noi vogliamo che questa pressione, questo sentire, si trasformi in azione. Vogliamo fermare cose orribili come queste viste in piazza a Ramallah (cariche della polizia sui manifestanti, ndr.) per tornare uniti il prima possibile.
Che impegno mostra in questo senso l’Anp? Io so che sono tanti in Fatah a voler tornare all’unità. E’ vero anche che c’è una parte che rema contro. La questione è ora capire chi prevarrà. Io spero prevalga un fronte patriottico.
Il mandato del Presidente Abbas è finito. Che succede da oggi?Succede che resta in carica almeno un altro anno, ma che è molto più debole. Questo è un altro segnale che indica quanto sia difficile per i palestinesi avere un’autoritá forte. Non abbiamo bisogno di gente che ci governi mentre siamo sotto occupazione, ma di una leadership palestinese forte. Una leadership unitaria. E’ informato dell’atteggiamento che intende assumere Hamas rispetto alla permanenza di Abbas in carica?Hamas ha detto che questo non è il momento di discutere della questione della Presidenza. E secondo me è una posizione ragionevole. Poi dovranno esserci elezioni, ma potranno svogersi solo quando ci sará un accordo e ci sará consensus.
Rispetto al ritorno all’unità, cosa dice della notizia che in questi giorni, a Gaza vi sarebbero state esecuzioni da parte di Hamas, di esponenti di Fatah considerati collaborazionisti?A Gaza sono tutti uniti contro gli Israeliani. Se si riferisce all’articolo di Amira Hass su Ha’aretz, posso dire che me lo ha inviato, che tali voci sono infondate e che il suo giornale ha sbagliato il titolo. Lei ha scritto che sono stati uccisi collaborazionisti, non gente di Fatah.
Che ruolo sta svolgendo la sinistra palestinese nella mediazione Hamas Fatah per il ritorno all’unità nazionale?La sinistra, come ha fatto in passato intende svolgere un ruolo catalizzatore per l’unitá per esporre i crimini che si stanno compiendo a Gaza. Lo facciamo a livello diplomatico e mediatico. I palestinesi non sono solo Hamas e Fatah, ecco perchè possiamo avere un ruolo importante.
Ci avete provato in passato senza successo, perchè dovreste riuscirci adesso?Non è vero siamo riusciti ad arrivare al governo di unità nazionale, ma nè gli Stati Uniti, nè l’Europa lo hanno appoggiato. Se quel governo avesse funzionato non credo avremmo assistito alle cose terribili venute dopo e a quelle che vediamo adesso. Quindi il nostro scopo era stato raggiuto. Sono state le influenze e le posizioni esterne che hanno portato al disastro. Ora ci riproviamo.
Che interesse ha Hamas a entrare in un governo che nessuno riconoscerebbe proprio per la presenza del movimento islamico?Questo è il punto. Dobbiamo trovare la condizione per lavorare tutti insieme. Se diciamo a Israele nessuno di noi vi parlerá a meno che non accettiate di parlare con noi tutti in uno stesso governo, sono sicuro che riusciremo a rompere l’isolamento. Ora tutta la comunitá internazionale ha capito che non è possibile battere Hamas sul piano militare. Quindi bisogna parlarci.
L’amministrazione Obama secondo lei in questo senso fará differenza?Spero di sì. Da quello che dice pare diverso rispetto alle precedenti amministrazioni. A questo proposito io credo che questo attacco a Gaza sia legato alla fine del mandato Bush per scardinare sul terreno la possibilitá che Obama faccia quello che avrebbe intenzione di fare. Che non va bene per Israele. Questa guerra a Gaza non impatta solo sui palestinesi, ma sull’intero Medio Oriente. Crea tesioni con Siria e Iran. E Obama ha annunciato di ritiro dall’Iraq.

sabato 10 gennaio 2009

Settimana di provocazioni agli zapatisti da parte di appartenenti all’organizzazione Orcao

articoli di Hermann Bellinghausen - La Jornada del 7-8 e 9 gennaio 2009

DENUNCIATE NUOVE AGGRESSIONI DELLA ORCAO
Bosque Bonito, Chis. 7 gennaio - La giunta di buon governo (JBG) Corazón del arco iris de la esperanza ha denunciato l’aggressione di elementi dell’Organizzazione Regionale di Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) contro basi di appoggio zapatiste della comunità Moisés Gandhi, nella regione zapatista Tzotz’choj, vicino alla crocevia di Cuxuljá.
L’aggressione, avvenuta lunedì, ha lasciato sul terreno tre zapatisti feriti. Quel giorno ed i seguenti, elementi della Orcao ed il governo dello stato sostenevano il contrario davanti alla stampa, e senza fare chiarezza sull’episodio, riferivano di cinque "feriti lievi" della Orcao, che sarebbero stati gli aggrediti. Quello stesso giorno si diffuse per radio, a Città del Messico, la versione di "14 morti", che ovviamente non ci sono stati.
In quei momenti si concludeva a San Cristobal de las Casas il Festival della Degna Rabbia, convocato dall’EZLN. I fatti sono avvenuti a Bosque Bonito, un terreno recuperato dopo la sollevazione armata del 1994.
Il pomeriggio di oggi sono tornati a circondare la proprietà circa 30 membri della Orcao, alcuni armati. A meno di un chilometro, verso Abasolo, si sono appostati diversi veicoli della Polizia Statale Preventiva e Stradale. Al tramonto, entrambi i gruppi si sono ritirati.
I problemi sono cominciati il 2 gennaio. Basi zapatiste che coltivano il podere hanno trovato tagliato il recinto del pascolo ed una mucca era sparita. La JBG riferisce: "Sono andati a cercarla ed a controllare il recinto ed hanno scoperto che quelli della Orcao avevano tagliato nove tratti del recinto". Lo stesso giorno "quelli della Orcao di Cuxuljá hanno tagliato 35 alberi di caffè di proprietà del nostro compagno Pedro López Sántiz". Gli zapatisti assicurano che "spesso vengono a fare danno nel nostro raccolto".
Domenica 4 i contadini hanno trovato la mucca "ferita da machete nella zampa destra" e verso le cinque del pomeriggio sono arrivate circa 30 persone della Orcao, "con parole volgari e minacciando di toglierci la terra con le buone o con le cattive, perché noi zapatisti non contiamo più niente e non esistiamo più, e che il nostro compagno subcomandante insurgente Marcos si è venduto ai neoliberisti".
Secondo la JBG, i loro compagni non hanno risposto alla provocazione. Mentre si ritiravano, "il gruppo della Orcao è rimasto sul posto minacciando col machete e colpendo il palo della luce che si trova sul terreno. Più tardi i nostri compagni sono tornati sul posto ed hanno scoperto il recinto di filo di ferro che circonda il pascolo, tagliato in 16 punti".
Il giorno 5 gli zapatisti si sono organizzati per aggiustare quello che avevano tagliato quelli della Orcao". Sono arrivati alle 7:30 "con l’intenzione di lavorare, senza nessuna intenzione di farsi risarcire il danno".
La testimonianza raccolta dalla JBG spiega: "Stavamo lavorando tranquillamente pulendo il prato, quando 60 elementi della Orcao si sono avvicinati attraversando un ruscello e con la totale intenzione di colpirci con machete, bastoni, lanciasassi e pietre, ma per lo più hanno usato dei bastoni appuntiti lanciandoli contro di noi.
"Mentre quelli della Orcao avanzavano, i nostri compagni sono retrocessi di 100 metri, ma loro continuavano a venire avanti". Trovandosi a 15 metri dagli aggressori, Diego Sántiz Gómez, base zapatista, è stato raggiunto da un bastone trasformato in lancia che gli ha provocato una profonda ferita alla bocca. "Nicolás Sánchez López si è avvicinato al nostro ferito e, mentre lo soccorreva, è stato raggiunto da un bastone che lo ha ferito in fronte. Anche Jacinto López Sántiz, di 60 anni, è stato picchiato brutalmente ed ha ferite in testa e nella schiena".
Un gruppo di circa 60 basi zapatiste presenti all’aggressione "si sono di nuovo ritirati di altri 100 metri ed un’altra volta quelli della Orcao sono avanzati continuando a minacciare ed i nostri compagni, vedendosi raggiunti, hanno risposto con gli stessi bastoni scagliati da quelli della Orcao, e questi si sono messi a piangere".
La JBG “afferma" che "sono stati quelli della Orcao a provocare questo scontro perché i nostri compagni non hanno risposto agli insulti ed alle minacce". Hanno identificato alcune delle persone armate: "Marcos López Gómez aveva una pistola di calibro sconosciuto; Joaquín López Gómez aveva una pistola di calibro sconosciuto; Antonio López Sántiz aveva una carabina 22 a 16 colpi". Un altro, non identificato, aveva un’altra carabina 22.
Gli aggressori, perredisti conosciuti come "lopezobradoristas", sono abitanti di Cuxuljá, Campo Virgen e Abasolo (municipio ufficiale Ocosingo). In precedenza avevano già occupato il podere Gracias a Dios "e Marcos López Gómez lo vendette". Quelli della Orcao ci hanno sottratto altri lotti". Sono le stesse persone che nel 2000 hanno tentato di bruciare il negozio collettivo di zona a Cuxuljá, all’incrocio Altamirano-San Cristobal-Ocosingo. "Adesso vogliono toglierci la nostra terra", aggiunge la JBG.

L’aggressione a Bosque Bonito è avvenuta per interferire con il Festival de la Digna Rabia
Zapatisti: I malgoverni sono complici degli abusi della Orcao

Ejido Morelia, Chis., 8 gennaio - "I compagni non hanno usato violenza né armi. Gli unici aggressori sono quelli della ORCAO", dice il comandante Zebedeo, accompagnato dai contadini zapatisti aggrediti lo scorso lunedì a Bosque Bonito dai elementi dell’Organizzazione Regionale di Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao); tra loro ci sono tre feriti con le bende e le medicazioni in testa e in faccia. Diego Sántiz López ha una vistosa fasciatura che gli copre la guancia.
Con ironia Zebedeo si riferisce alla "doppia maschera" sul viso di Diego: "quella della ferita e quella che lo identifica zapatista", ed è il motivo - ha detto - "della nostra indignazione" davanti al tentativo di quelli della Orcao di "interferire" nel Festival della Degna Rabbia che finiva a San Cristobal de las Casas lo stesso giorno dei fatti di Bosque Bonito.
"Questo dà ragione a quello che stiamo dicendo a proposito della rabbia. Quello che i compagni vogliono è una vita dignitosa, il buon esercizio, libero e autonomo, dei popoli indigeni".
Cede la parola ai suoi compagni, circa 15 contadini tzeltales. Raccontano praticamente il comunicato diffuso ieri dalla giunta di buon governo (JBG) dal caracol Torbellino de nuestras palabras, in cui denunciava, inoltre, che "i cosiddetti governi non fanno niente contro questa gente della Orcao, e la Segreteria della Riforma Agraria si rende complice perché queste persone che occupano la terra, poi la cominciano a vendere e la trasformano in commercio. Quando non ne hanno più nemmeno un pezzettino da lavorare per vivere, tornano ad occupare un altro terreno".
Bisogna ricordare che dopo la rottura - sette anni fa - dell’accordo collettivo con le basi zapatiste nella comunità Moisés Gandhi, quelli della Orcao costruirono un caseggiato ai bordi della strada e lo chiamarono "Jetjá". In tutti questi anni, il caseggiato, su terre "concesse" dal governo di Pablo Salazar Mendiguchía, è rimasto semideserto.
Le autorità autonome hanno dichiarato ieri: "Non ci sarà nemmeno un millimetro di terra per loro e sappiano che questo lo pagheranno molto caro, perché il sangue non si compra né si vende. Nella proprietà dove lavoriamo collettivamente, quelli della ORCAO sono venuti a disboscare ed il governatore Juan Sabines non fa niente".
La Orcao, "organizzazione che si definisce indipendente" che la JBG identifica come "lopezobradorista", ha causato "caos" sulla strada San Cristobal-Ocosingo facendo dei posti di blocco. "Ad ogni utente chiedono da 50 a 200 pesos; fanno questi blocchi per fare pressione sul suo papà governo perchè gli assegni altri progetti, e siccome la risposta dei malgoverni è negativa, chiudendo le porte anche alle briciole, i leccapiedi si offendono e estorcono soldi agli utenti che sono anche loro poveri, ma a loro non importa perché il leader della Orcao, José Pérez ed i suoi complici, hanno imparato bene dalle corruzioni del presidente municipale (di Ocosingo, Leonel Solórzano), dei governi statale e federale".
Citano come prova che il lunedì scorso "il problema si stava placando ed hanno subito fatto un blocco nello stesso posto chiedendo 50 pesos per automobile senza che Juan Sabines facesse qualcosa" perché "presto avrà bisogno dei loro voti".
I giornalisti che nella notte sono arrivati all’incrocio di Cuxuljá hanno trovato ubriachi ed aggressivi i tizi che facevano il blocco, ed è stato meglio evitarli.
Secondo la JBG, nelle azioni di questa organizzazione si vedono chiaramente i piani dei grandi impresari per tenerli sono controllo, istruiti a dovere, trasformati in fannulloni ed addomesticati con i soldi facili; insegnando agli indigeni a trasformare in un affare le risorse naturali, e con i pesos, li stanno allontanando dal lottare per esercitare i loro diritti come indigeni, e non parliamo di cercare una vita migliore.
"Ci spezza il cuore vedere indigeni farsi complici dei malgoverni nel vendere la sovranità del nostro paese ad impresari stranieri. Nei nostri territori zapatisti della zona Tzot’z choj ci sono diverse miniere che sono disposti a vendere ad impresari stranieri, ed i venditori e distruttori della natura e della nostra madre terra sono questa coppia di asini di Felipe Calderón e Juan Sabines. Loro non pensano mai di consultare gli indigeni, anche se questi sono dentro il PRI, il PAN ed il PRD; non li prendono nemmeno in considerazione, e tanto meno noi".
La JBG ritiene che quelli della ORCAO sono dentro questo gioco senza rendersene conto". E sottolinea: "La grossa minaccia alla nostra salute, tranquillità, cultura e risorse naturali in questa zona è l’apertura dell’autostrada San Cristobal-Palenque, non perché porta benessere e sviluppo agli indigeni, al contrario, ci porterà la morte, il disprezzo ed il totale saccheggio dei nostri beni.
"La trappola - aggiunge - è che stanno ottenendo l’apertura dell’autostrada negoziando persona per persona, mano a mano che avanzano i lavori, per passare su terreni ejidali senza tenere in considerazione la decisione delle assemblee, e forse parleranno con i commisari dell’ejido ma che condividendo l’osso che gli sta allungando Calderón e Sabines".
La situazione "da brivido" di esproprio di terre nella zona "e maggiormente il programma del malgoverno di privatizzare le nostre ricchezze naturali, sono la ragione della nostra resistenza, e soprattutto la virtù della degna rabbia che è nazionale, la ragione per unirci ed unire le nostre voci perché è necessario per evitare i saccheggi ed i furti che perpetrano ricchi".
La JBG avverte: "Sappiamo bene che quando noi denunciamo le trappole dei malgoverni a loro non piace e cercano di reprimerci".

Hanno cercato di entrare con la forza ed hanno chiesto di vedere dei rappresentanti.
Tensione nel caracol per l’arrivo di 220 elementi della Orcao

Ejido Morelia, Chis. 9 gennaio - Provenienti da Sibacá (Ocosingo), alle 8 circa sono arrivate 50 persone dell’Organizzazione Regionale dei Coltivatori di Caffè di Ocosingo (Orcao) a bordo di tre camion fino ai cancelli del caracol zapatista e, colpendoli, hanno cercato di entrare con la forza. Non sono riusciti a rompere la catena ed hanno desistito. Nelle ore successive sono arrivati altri veicoli. Alle 11 erano ormai 220 persone e 19 tra camion e furgoni. Tra grida e minacce, guidati dal dirigente José Pérez Gómez, chiedevano di entrare per parlare con la giunta di buon governo (JBG).
In realtà, la JBG aveva accettato di discutere con la Orcao la proprietà del podere Chijtal, terre recuperate dalle basi zapatiste nel 1994 nella regione autonoma Che Guevara del municipio Lucio Cabañas, e che reclama l’organizzazione di coltivatori di caffè, di filiazione perredista.
"Loro si sono spaccati e le terre sono rimaste nelle mani dell’EZLN. Le terre recuperate sono già state misurate ma c’è stato un accordo per aprire una discussione con i fratelli della Orcao", ha detto la JBG a La Jornada.
La JBG aveva acconsentito a ricevere 15 rappresentanti della Orcao, ma questi insistevano per 30, adducendo che era il numero di comunità presenti, anche se quelle dichiarate sono solo 12, come risulta dal documento, completo di timbri e firme, lasciato in terra fuori del caracol. Il clima era teso. Minacciavano di irrompere nella sede autonoma. Presto sono iniziati ad arrivare veicoli con basi di appoggio zapatiste delle comunità della regione Tzot’z choj che sono entrati direttamente nel caracol, senza scontrarsi con i contadini tzeltales, che si sono dichiarati perredisti o priisti.
Col gruppo del Orcao c’erano anche Nicolás López Gómez, Leticia Sántiz López e María Cleopatra Carrillo Cabrera, rappresentanti di Unorca e della denominata Commissione delle Donne. Hanno accusato la JBG di "non avere buona volontà non ricevendo la commissione proposta". Più tardi, la stessa JBG dichiarava che "la commissione proposta" era una provocazione, ma non si sono mai rifiutati di ricevere quelli della Orcao. "Li stavamo aspettando per una riunione". In realtà, Orcao aveva mancato ad un appuntamento precedente.
Un altro problema era nell’aria, benché non in relazione con quanto si doveva discutere. Data lo scorso 26 novembre, quando Juan Urbina, dipendente di una ditta costruttrice di Macuspana (Tabasco), con un contratto del costruttore López Flores, di Yajalón (Chiapas), distrusse col suo macchinario la tubatura che porta l’acqua nella comunità Patria Nueva, vicino a Sibacá e sede della regione Primero de Enero del municipio autonomo Lucio Cabañas, dove abitano zapatisti e "orcaisti".
Il dipendente e l’impresa si erano impegnati a riparare il danno sia sulla tubatura che sulle strade del villaggio. Patria Nueva è da un mese e mezzo senza acqua. Non l’hanno fatto. Neanche "il problema non è nemmeno con la Orcao, ma con la compagnia", ha spiegato più tardi un membro della JBG circondato dai suoi compagni.
Dopo settimane di proteste, la mattina di ieri gli zapatisti hanno fatto venire Urbina al caracol. Non avendo risolto il problema, è stato trattenuto dalla JBG fino alla mattina di oggi, quando ha rinnovato il suo impegno di ripristinare la tubatura distrutta e se n’è poi andato a bordo della sua auto.
Da parte sua, e "approfittando del viaggio", quelli della Orcao volevano oggi discutere con la JBG la questione di Chijtal ed altre faccende sulle quali non ci sono impegni: i diverbi per la strada Patria Nueva-San Marcos ed il tratto Corazón de María-Ojo de Agua. Inoltre, in quest’ultima località la Orcao ha bloccato il passaggio ed impedisce alle basi zapatiste di trasportare legno per costruire nuove strutture nella scuola autonoma di Primero de Enero.
Il concentramento di "orcaisti" è durato fino alle 13:30. Prima di ritirarsi hanno insultato e minacciato gli osservatori internazionali che si trovavano nel caracol, provenienti da cinque paesi.
Quelli della Orcao "gridavano insulti, come è loro abitudine", ha raccontato la JBG. Se ne sono andati gridando "morte all’EZLN" e "che muoiano di sete", riferendosi alla tubatura rotta a Patria Nueva.
"La provocazione è stata della Orcao", ha dichiarato la JBG. Nel pomeriggio nel caracol c’erano diverse centinaia di indigeni zapatisti. "I compagni sono venuti a proteggere, non a scontrarsi".
Questi fatti avvengono nel contesto di molti conflitti nella regione avvenuti nei giorni scorsi sui quali ci sono state informazioni confuse, false o contraddittorie, ma che prefigurano una situazione potenzialmente esplosiva. Dall’attacco di Orcao agli zapatisti a Bosque Bonito, il giorno 5, a seguito del quale si era detto falsamente che c’erano 14 morti, fino alle divergenze tra priisti e zapatisti nello stabilimento balneare Agua Clara, dove si era parlato di tre desaparecidos, risultato falso.
Oggi è stato comunicato, con molta imprecisione, un altro scontro tra contadini filo-governativi e presunte basi zapatiste nell’ejido Agua Azul, nella vallata di Taniperlas (niente a che vedere con le cascate di Agua Azul a Tumbalá). Deve essere confermato. Una settimana prima, un altro scontro a Palenque era stato falsamente attribuito agli zapatisti.

(tradotto dal Comitato Chiapas "Maribel" - Bergamo)

BOICOTTA TURCHIA

Viva EZLN

Questo video è una libera interpretazione che vuole mettere in risalto l'importanza del Caffè Rebelde Zapatista, come principale fonte di sostentamento delle comunità indigene zapatiste e come bevanda prelibata, degustata da secoli in tutto il mondo. I suoni e i rumori che accompagnano l'osservatore in questa proiezione, sono stati scelti con l'intenzione di coinvolgervi completamente nell'esperienza visiva e trasportarvi direttamente all'interno della folta vegetazione che contraddistingue tutto il territorio del Chiapas, dove viene coltivato questo caffè.

La lucha sigue!